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16/3/1978 – 16/3/2023: che cosa resta di Aldo Moro?

Impegnati a difendere idee (poche) orti (tanti) interessi (assai) partiti (evanescenti) schieramenti (incontrollabili) convinzioni (radicate), disposti a tutto per mettere nemici veri o presunti laddove non possano nuocere, sempre pronti a inondare di insulti e indifferenza chiunque azzardi pensieri non in linea con i poteri costituiti (hanno molte facce e ciascuna rappresenta il loro credo e la loro assoluta certezza) ma disattenti o sordi a fatti e misfatti che infestano l’aere (guerra e guerre in corso, barconi carichi di uomini donne e bambini che si sbriciolano tra le onde lasciando alle onde morti e ancora morti – sono già 86 quelli recuperati sulla spiaggia di Cutro – città devastate per una partita di calcio – è successo ieri a Napoli, succederà domani a Milano Torino Londra Francoforte o chissà dove, che l’imbecillità dei tifosi violenti non ha mai confini -, milioni sotto forma di una taglia pronta cassa per chi punisca coloro che accusano russi et similia di giocare sporco sui migranti mandati dall’Africa all’Italia…), impegnati altrove, dicevo, non resta tempo per altro, neppure per chi – come Aldo Moro, per esempio, di cui proprio oggi ricorre l’anniversario del rapimento e del calvario che lo condurrà alla morte e come gli uomini della sua scorta, trucidati lo stesso mattino – ha pagato con la vita la ricerca di un mondo migliore, e migliore perché abitato da persone dedite al servizio del bene comune, che significa impegnate a mettere pace e concordia dove parlano le armi, a schierare ragioni politiche giuste e severe invece di parole gridate e urlate…

Aldo Moro è orto da eroe, qualcuno lo dirà anche oggi, ma chi ricorda quel che è successo 48anni anni fa? Era il 16 marzo 1978 quando Aldo Moro venne rapito a Roma in via Fani e la sua scorta trucidata; era il 9 maggio dello stesso anno quando il suo corpo martoriato venne fatto ritrovare, rinchiuso nel bagagliaio di un’auto rossa, in via Caetani, al centro di Roma, a due passi dalle allora sedi del PCI e della DC. Era durata 53 giorni la sua prigionia. Per la storia, sembra accaduto appena ieri; per una società che considera il passato più o meno una formalità, invece, quel sequestro appartiene alla preistoria.

 

Si è tutti o quasi tutti in tutt’altre faccende affaccendati e l’indifferenza dilagante affievolisce ricordi e memoria. Se questo è vero, come è possibile, oggi, parlare di bene comune e di uomini che per il bene comune hanno rinunciato alla loro stessa vita? Se questa è la norma, come potremo noi, noi genitori, insegnanti, maestri o, comunque, noi uomini di una generazione che ha vissuto quei tempi e che, dunque, dovrebbe assumersi l’onore e l’onere di esserne testimone credibile, come potremo spiegare quel che accaduto, invitare a ricordare e a mettere in campo un impegno serio e costante, finalizzato a far aprire gli occhi di figli e nipoti sul pericolo racchiuso in qualsiasi forma di estremismo, di violenza, di sopraffazione, di razzismo, di negazione degli altrui diritti, di rifiuto dell’Altro, chiunque esso sia e ovunque esso abiti?

 

Aldo Moro, per molti di noi, non è stato un semplice politico e tantomeno un semplice popolare-democristiano. Egli è stato, invece e soprattutto, simbolo ed alfiere di un modo nuovo di intendere la politica. Non più contrapposizione tra blocchi ideologici; piuttosto incontro di culture e uomini obbligati dalle necessità e dalle rispettive provenienze ad essere diversi, ma forse anche già coscienti della missione loro affidata dalla storia: costruire una società finalmente nuova e giusta nella quale diritti e doveri di ciascuno fossero evidenti e consolidati, costruire un futuro degno d’essere vissuto da chiunque…

 

Aldo Moro credeva la politica il mezzo essenziale ed insostituibile per garantire ai cittadini, chiunque essi fossero e quale fosse la loro provenienza, democrazia e partecipazione effettiva alla gestione della res publica, della cosa pubblica, vale a dire quell’insieme di Istituzioni, che vanno dal Comune allo Stato, alle quali è assegnato il compito di garantire sviluppo, giustizia, lavoro, libertà…. Aldo Moro, di fronte al pericolo del disimpegno dalla politica, un male che già affiorava in quegli anni, ammoniva: “Ricordatevi, se noi non ci occupiamo di politica, la politica si occuperà comunque di noi”. E ancora: “Guai stare comodamente alla finestra osservando la storia che scorre; meglio essere nella storia piuttosto che subirla. Guai ai politicanti interessati: dietro parole e promesse nascondono sempre il loro tornaconto”.

Se il sacrificio di Aldo Moro – assassinato da brigatisti che ritenevano pericolose, ovviamente per la loro rivoluzione, le sue idee di democrazia, libertà e giustizia – se il suo sacrificio ha tuttora valore di testimonianza, allora i vecchi dovrebbero avere il coraggio di raccontare alle nuove generazioni quel che sanno e quel che hanno appreso dalla storia; e i giovani, da parte loro, dovrebbero avere la forza di capire. E per capire, a volte, basta leggere quel che uomini coraggiosi hanno scritto, spesso con la vita, altre con la parola e la penna.

 

LUCIANO COSTA

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