In quale ordine mettere le notizie è il dilemma che assale chiunque si trovi alle prese con giornali, telegiornali, radiogiornali, notiziari, blog, rassegne e qualunque altra cosa che serva a comunicare. Adesso il dilemma è qui: prima la regina che si è diretta alla porzione di cielo che le è stata riservata oppure la guerra in Ucraina che non smette di falcidiare vite e di accatastare mostruosità? Spazio primario all’inondazione che ha devastato il territorio marchigiano causando morti e distruzione oppure all’eterno e inarrestabile dramma dei migranti che al mare chiedono pietà e ai soccorsi di arrivare in tempo per impedire al loro mondo di finire contro un’onda? Apertura alle baruffe elettorali italiane sistematicamente consumate uno contro l’altro senza ritegno e senza prospettiva oppure a quei timidi segnali di impegno che molti italiani cercano ostinatamente di evidenziare mettendoli in relazione con le alte e nobili ragioni della politica? Taglio alto per l’Assemblea dell’Onu che riunisce i potenti del mondo immaginando sia ancora possibile costruire con loro un mondo di pace oppure presa d’atto e conferma dell’impossibilità di costruire pace duratura essendo evidente che le logiche dei potenti portano altrove? Spalla di prima scritta per riflettere e far riflettere sul diritto dei popoli a vivere in concordia, lontani dalla fame e dalle malattie, dentro un sistema di uguali e di pari opportunità oppure semplice tiritera di parole messe lì a far da palo alle mode, agli usi e ai vizi quotidiani? Taglio basso (rigorosamente in corsivo) per i piccoli racconti di debolezze e virtù ma anche delle grandi contraddizioni che segnano l’umana avventura o solo un aforisma per dire che in ogni caso “qui giace senza darsi pace” il dilemma della notizia a cui assegnare il diritto di stare prima delle altre? Taglio centrale, infine, per il titolo di “Statista dell’anno” assegnato dagli americani al nostro Mario Draghi che qui è stato mandato al macero, mentre altrove viene acclamato e osannato (stupidi noi o stupidi gli altri?) oppure dedica ruffiana all’ultima cantata-rappresentazione-recita-farsa-sceneggiata-ospitata-lettura-opera e qualunque altra cosa a lei assimilabile, qualunquemente portata in giro da tanti Pinco e Pallino in cerca di visibilità, di successo e, soprattutto, di panem et circenses?
Certo, quattro miliardi di persone che per ore e ore (almeno tredici nel giorno del funerale, ma la somma globale moltiplica le ore e rende impressionante il tempo dedicato alla morte) restano incollate al televisore per vedere la fine della storia e magari anche per capire l’effetto che fa, sono al tempo stesso segno di gratitudine e di affetto per la regina andata avanti, dimostrazione della grandezza dell’evento, potenza dei media, prevalenza della curiosità e, forse, anche amara rivincita della plebe, la quale, all’improvviso, scopre che la morte non è solo sua… Quattro miliardi di persone rappresentano la metà di quelle sparse nel mondo. Mi viene da pensare che se le stesse persone gridassero insieme “vogliamo pace e concordia per il mondo”, il mondo sarebbe costretto a ubbidire. Ci pensate?
Per il resto, le notizie corrono dove vuole la convenienza e dove i lettori-telespettatori-radioascoltatori e vari fruitori vogliono che siano indirizzate. Nel qual caso influencer, perditempo mediatici, politicanti, venditori di fumo e avventurieri di giornata troveranno soddisfazione, mentre i cercatori di certezze e di verità con cui costruire un futuro degno d’essere vissuto e condiviso dovranno frugare tra i resti per trovarne almeno uno degno d’essere salvato.
ADESSO, cioè mentre mancano solo sei giorno all’appuntamento elettorale, provo a mettere in evidenza – in prima fila – quel che i politici nostrani dicono e disdicono a proposito di clima impazzito e di terra devastata. Sovrastati dalla domanda – “chi penserà al clima?” – proposta a gran voce da milioni di ragazzi e giovani che si ritrovano nel Fridays for future, i candidati appaiono smarrititi, incapaci di ragionare sui disastri che il disimpegno congenito rispetto ai bisogni della terra potrebbe causare. Però, la parola “clima” è diventata ricorrente nelle parole dei candidati in corsa per il 25 settembre dopo l’alluvione delle Marche. Prima della tragedia erano in pochi a occuparsi – o anche solo a ricordare – un impegno per contrastare il cambiamento climatico. Certo, adesso il tema “ambiente”, inteso però come energia, dissesto idrogeologico, risorse idriche, ciclo dei rifiuti, economia circolare e transizione ecologica (un calderone che raccoglie tutto quanto gira intorno al suffisso ec‘ e alla parola gree) domina la scena. Ma fino a quando durerà questa preoccupazione?
Spulciando però in rete e tra i vari siti dei movimenti, non sono molti i passaggi nei piani programmatici dei partiti in corsa che fanno riferimento all’emergenza climatica. Certo, si parla molto di energia (che è vero, è strettamente legato al clima) ma non di riduzione dei gas serra o di mitigazione e contrasto ai cambiamenti climatici. “Eppure – dicono gli esperti – mancano solo poco più di sei anni per essere sopraffatti dal riscaldamento globale”. Tutto questo vicino a noi, nell’area del Mediterraneo, che è una delle regioni più colpite dagli effetti devastanti del riscaldamento globale. Però, l’emergenza clima è al primo posto tra le preoccupazioni degli italiani. Infatti, secondo un recente rapporto, il 56% degli intervistati ritiene che questa emergenza debba avere la massima priorità a livello nazionale e internazionale, ben 11 punti percentuali in più rispetto ai timori generati dalla guerra in Ucraina.
I temi ambientali arrivano prima anche della pur temuta inflazione. Ma da Fratelli d’Italia a tutto il centrodestra, incluso anche i movimenti più centristi, quelli moderati, sembrano dimenticarsene. Si salvano Movimento 5 Stelle e ancora di più Pd, Verdi e Terzo polo (Italia Viva e Azione). “Ci occuperemo dell’ambiente o tutto il resto non conterà” si legge fra le righe del piano di Fratelli d’Italia. Poi però spulciando fra i vari capitoli, in realtà la “difesa dell’ambiente e della natura” sembra più orientata a difendere gli interessi del sistema produttivo colpito da anni di crisi. Il piano dei meloniani ricorda che è necessario “aggiornare e rendere operativo il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”. Ma in che modo e in quali termini e con quali risorse non si sa. Si auspicano nuovi gasdotti (con la Spagna), nuovi rigassificatori e il ritorno al nucleare, si speta almeno pulito.
La Lega chiede di “superare il vecchio ’ambientalismo’ ideologico, le politiche confuse e contraddittorie di chi vorrebbe fermare il progresso, innescare uno Stato di Polizia e portare il Paese verso la decrescita”. Il partito propone poi di “supportare i processi di decarbonizzazione dell’industria attraverso il sostegno pubblico alle riconversioni industriali che contemplino opere di ripristino ambientale e sostituiscano le fonti fossili con fonti rinnovabili”. E di “incentivare l’introduzione dell’idrogeno e dei bioliquidi nei processi industriali energivori”, assieme all’introduzione di un “fondo per la decarbonizzazione”.
Nell’Accordo quadro di programma della coalizione di centrodestra (che include oltre a Fratelli d’Italia anche Forza Italia, Lega e Noi Moderati) il capitolo “ambiente” è il terz’ultimo in elenco (il 12esimo su 15). Si parla di rispettare gli impegni internazionali, di economia circolare, di qualità delle acque, di un programma straordinario delle aree a rischio dissesto, rimboschimento e piantumazione e incentivazione del trasporto pubblico. Ma, ancora una volta, anche qui non c’è nessun riferimento all’attuazione.
C’è un po’ più di clima (anche se è poco rispetto alle priorità) e preoccupazione sul surriscaldamento globale nel piano del Movimento 5 Stelle. Sotto la dicitura “Società 2000 Watt”, i pentastellati puntano a “un modello sostenibile di consumo energetico per ridurre le emissioni annue di gas serra”. Tutto qui. Però poi si parla di superbonus, e altri bonus di edilizia strutturale, un nuovo superbonus energia per le imprese; si propongono il “completamento della carta geologica per mappare i territori e prevenire i dissesti idrogeologici”, il contrasto al caro bollette e “stop a nuove trivellazioni e a nuovi inceneritori” (non vengono indicati i metodi per lo sfruttamento delle energie rinnovabili e per lo smaltimento dei rifiuti). Sembra la traccia di un tema dove però manca ancora lo svolgimento.
“Energia e Ambiente” è il capitolo che Italia Viva e Azione mettono in terza posizione nell’elenco delle priorità: nel breve periodo puntano a “raggiungere l’indipendenza dal gas russo”, nel medio di “ridurre del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 con fonti rinnovabili” e nel lungo periodo di “includere il nucleare nel mix energetico per arrivare ad ‘emissioni zero’ nel 2050”. In totale 5 pagine su 62 sono dedicate all’ambiente, inclusa anche la “transizione ecologica” con meno auto, più fonti rinnovabili, più foreste e fondi contro il dissesto idrogeologico. Si parla anche di crisi idrica ed economia circolare.
Nel Partito democratico c’è la “determinazione di fare della lotta ai cambiamenti climatici un grande motore di rilancio del Paese, nella consapevolezza che il futuro del nostro pianeta, della nostra economia e del nostro benessere sociale sono indissolubilmente legati”. La “transizione ecologica” è uno dei tre pilastri del programma (insieme con lo sviluppo sostenibile) e si traduce in: riforma fiscale verde, una legge quadro sul clima e un piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico; un piano nazionale per il risparmio energetico oltre all’introduzione di un premio fiscale per le imprese a elevato impegno ambientale e sociale; la progressiva riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente. Il Partito democratico punta anche al “monitoraggio e la messa in sicurezza delle infrastrutture esistenti – in particolare ponti, viadotti e gallerie – attraverso azioni programmate di manutenzione e adattamento alle pressioni indotte dai cambiamenti climatici”.
Anche Verdi-Si per la coalizione di centrosinistra parlano di una proposta di legge-quadro sul clima (lo strumento legislativo adottato da molti paesi europei) “da approvare entro i primi 100 giorni di governo”. Nessun riferimento sulla legiferazione climatica invece nel programma di centrodestra, di Movimento 5 stelle e di Italia Viva e Azione. Però, la visione ambientale di Emma Bonino (+Europa) ha almeno un respiro europeo anche se il capitolo “ambiente ed energia” è il penultimo (l’ottavo punto su nove) del programma in pillole e include anche la promessa per la “realizzazione di impianti di rigassificazione e di un termovalorizzatore per il Comune di Roma”.
Se il futuro della terra ci preme e ci interessa, sarà il caso di votare chi alla terra dedica attenzioni non casuali.
LUCIANO COSTA