Diventiamo gialli, guardiamo avanti con qualche ragionevole certezza, pensiamo a un dopo che cancelli i mesi della pandemia e restituisca anni di serenità. Un saggio commentatore ha scritto che “è tempo, adesso, di fare in modo che davvero nessuno sia escluso dalla rinascita”; un arrabbiato sistematico ha invece detto che “non deve esserci posto per vacanzieri o per cercatori di svago: tutto deve invece essere fatto per gli ultimi, gli esclusi dai benefici, i poveri, che restano tanti e i disoccupati per i quali l’idea della riassunzione resta un miraggio”; un illuso tra i tanti ha sentenziato dicendo “la pandemia è finita, il virus è stato sconfitto, dateci pane più companatico, qualche aiuto in vil pecunia e noi ritorniamo a vivere”. A questi umori e modi diversi di sentire il presente ha risposto ieri sera il Consiglio dei Ministri approvando il nuovo decreto sulle riaperture, quello che dice come nelle regioni gialle il coprifuoco sarà spostato alle 23 a partire da mercoledì, data in cui sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale; poi, dal 7 giugno il limite salirà alle 24 e dal 21 verrà abolito. Queste invece le altre novità: dal 1° giugno i ristoranti e i bar potranno aprire a pranzo e anche a cena al chiuso; viene anticipata al 24 maggio la riapertura delle palestre; nelle regioni in zona bianca le uniche regole Covid da rispettare saranno, come già previsto, il distanziamento e le mascherine.
“Grazie alle misure adottate, alla cautela della stragrande maggioranza delle persone e all’impatto della campagna di vaccinazione possiamo proseguire il percorso graduale di riaperture. Iniziamo da subito portando il coprifuoco alle 23 e definendo un percorso di ritorno all’attività per diversi settori vitali per il nostro Paese – è scritto nel comunicato ufficiale firmto dsl ministro Speranza -. Non dimentichiamo però la prudenza e l’attenzione alle norme fondamentali di prevenzione. La fiducia nella scienza e nelle sue evidenze è un faro irrinunciabile. I dati degli ultimi mesi hanno imposto scelte faticose, talvolta dolorose, oggi invece sono motivo di sollievo”.
Dunque, siamo alla fine del travaglio pandemico? Forse sì, forse no, o forse il dopo è appena incominciato. Il numero delle vaccinazioni (ieri quasi seicentomila) lascia intendere che si è imboccata finalmente la strada giusta. Però, spulciando dati e cronache emerge che il popolo degli esclusi dalle vaccinazioni è un popolo che non si vede, ma c’è. Comprende centinaia di migliaia di persone che avrebbero già dovuto fare la profilassi, ma non l’hanno fatta. E centinaia di migliaia di persone che vorrebbero fare il vaccino, ma non possono. Bloccati in casa, dimenticati, irraggiungibili anche per autorità sanitarie volenterose.
È un popolo eterogeneo, che raccoglie le storie più disparate: chi è in prima linea ma non ha l’obbligo di vaccinarsi e può essere esentato attraverso un semplice certificato medico, come è accaduto agli Ausiliari socio-assistenziali (Asa) impiegati nelle Rsa e nelle case di cura; chi vive da solo e sconta un forte gap digitale, tale da rendergli impossibile una prenotazione con le moderne tecnologie; chi non può contare sulla possibilità di vaccinarsi da casa e non riesce a muoversi. E poi coloro che semplicemente “non esistono”. L’Associazione Avvocato di strada, commentando l’ordinanza contenente le istruzioni operative per la profilassi delle persone senza tessera sanitaria, ha ieri amplificato una preoccupazione seguita da una domanda inquietante: «Bene occuparsi dei non iscritti al Sistema sanitario nazionale, ma quando ci si occuperà di chi vive in strada?». E chi vive in strada è il popolo degli invisibili, di persone senza dimora, extracomunitari e comunitari irregolari, che non hanno residenza e non hanno accesso al sistema sanitario nazionale.
Un ricomiciamento effettivo e capace di non lasciare in dietro nessuno, incomincia da qui. Poi, i dati e le cronache dai territori diranno se e come procede l’atteso ricominciamento. Intanto, i dati diffusi dalla struttura commissariale del generale Francesco Figliuolo dicono che sono 12 le Regioni italiane che hanno somministrato almeno la prima dose al 100% del personale sanitario. Si tratta di Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Provincia autonoma di Bolzano, Piemonte, Sardegna, Toscana e Valle d’Aosta. In tutta Italia il personale sanitario che ha ricevuto la prima dose è pari a 1.814.460, cioè il 96,19% della platea. Hanno ricevuto il richiamo 1.556.257 persone, pari all’82,50%. Sono ancora in attesa della prima dose 71.800 persone, cioè il 3,81%. Un valore basso, certo, ma da non sottovalutare visti anche i casi (rari ma certamente significativi) di opposizione al vaccino maturati qua e là tra medici e infermieri. Però, il sistema messo a punto dal commissario all’Emergenza, Francesco Figliuolo, cerca il più possibile di essere inclusivo e aperto a tutti. Eppure, soprattutto sui più fragili e sugli anziani resta ancora molto da fare. È stato lo stesso Figliuolo a riconoscerlo spiegando che «il focus nazionale rimane sugli over 80, visto che ne mancano ancora molti all’appello». Quanto al popolo degli esclusi, esso “va raggiunto al più presto, usando tutte le risorse disponibili”.
Notizie dettagliate sulle riaperture e sulle ripartenze, per altro già oggi anticipate dai media, le leggeremo domani in Gazzetta Ufficiale. Di sicuro diventiamo gialli, allungheremo di un’ora il tempo serale dedicato al passeggio, potremo liberamente frequentare di sabato e anche di domenica i centri commerciali, andremo in piscina, in palestra e anche in chiesa. Però, con giudizio: mascherina a portata di bocca e distanziamento allentato ma non annullato. E speriamo sia la volta buona.
LUCIANO COSTA