Albero e presepio per ricordare che è Natale

Domani è Natale, la festa più bella e attesa, ma non c’è voglia di fare festa. Credevamo di aver lasciato alle spalle il peggio e invece ci ritroviamo ancora nel mezzo di un guado di cui non vediamo la fine. Dovremmo oggi preoccuparci di fare gli auguri, magari di scambiarci un dono. Invece, forse gli auguri li sussurriamo e idoni li incartiamo, ma senza accompagnarli dalla gioia dell’incontro. Condivideremo ancora mascherine, distanziamenti, paure, vaccini, corse in farmacia, tamponi, numeri, statistiche, parole… Accetteremo le norme che le autorità hanno appena approvato e imposto… Vivremo questa vigilia di Natale uguale a quella dell’anno scorso – gravata di dolore e paure che virus e varianti impongono – con la voglia di fare festa in una tasca e la rabbia per non poter fare festa dall’altra. Qualcuno farà eccezione, altri cercheranno la festa nelle piccole cose, molti metteranno tra le cose piccole e grandi da fare un albero di Natale, un presepio, una tavola accogliente

L’albero di Natale, forse tradizione semplicemente pagana (alternativa al sacro dominante) e utilitaristica (luogo sotto cui accumulare i regali), o forse il modo per ricordarci che l’albero è sempre segno di vita. Un’amica del nord Europa il suo albero lo addobba ogni anno con le mele e frammenti di pane ridotti a ostie; nella famiglia di Renato, contadino della Bassa, l’albero di Natale dura tutto l’anno e gode di ritocchi ogni volta che le stagioni annunciano novità e buoni raccolti; in molte case tra i doni posti sotto l’albero non manca il dono per i poveri. Il mio albero di Natale non c’è ancora, però prima che venga mezzanotte, il ramo che ho raccolto e custodito lo trasformerò in albero della festa, con filamenti d’oro e d’argento inventati per abbellirlo, piccole luci adatte a rischiararlo e una stella messa in alto per proteggere e ricordare che guardarla e ammirarla non è mai cosa banale: aiuta a sognare cieli e terre nuove, per me, per tutti.

Ho invece rimesso in bella vista il presepio in cotto (opera di un vero artista) che mi fu donato anni fa e che nella sua semplicità (niente più di un bimbo nella culla di paglia con i genitori a custodirlo e il bue e l’asino a riscaldarlo). Oggi provvederò a illuminarlo e ad aggiungervi pecorelle e statuine, ognuna con una storia da raccontare, tutte insieme per dire che chiunque può avvicinarsi e sentirsi felice. Perché il presepio, a ben pensarci, è veramente di tutti: rappresentazione domestica della nascita,perché, come insegnava Paolo VI, rappresenta con candida e ingenua semplicità il quadro di Betlemme, perché è una scenaevangelica, una lezione di umiltà, un messaggio di costume. Il presepio racconta un Bimbo povero, piccolo, respinto dai cultori dei così detti valori della terra, un Bimbo venuto in modo che i Poveri, i Piccoli, i reietti lo potessero avvicinare per primi, venuto fin qui per essere uno di noi… “Anche i bambini lo capiscono” diceva il papa bresciano. Capiscono cioè che ciò che vale è la bontà, è la semplicità, è l’apprezzamento di ogni cosa come donoè il sentirci liberi dai pesi della vita complicata e mondana, il sentirci innocenti, il sentirci tutti amici e fratelli…”. Utopia? Fate voi. Senza però dimenticare che anche adesso è Natale, certo la festa dei cristiani, ma pure una festa che non lascia nessuno indifferente.

Ieri ho letto che Natale potrebbe anche essere una serie diimprevisti. Spiegando il perché di tale supposizione Luigi Maria Epicoco ha scritto che “il primo imprevisto è la nascita di un bambino in una sperduta regione della Giudea, vuoi perché nascere a quel tempo era un gran rischio ma è lo stesso rischio che corrono ancora oggi tutti quei bambini che vengono al mondo in quelle regioni della terra dove una certa globalizzazione ha solo tolto le risorse senza però lasciare nessun confort e nessun segno di quella che noi oggi chiamiamo civilizzazione vuoi perchéquel bambino nasce già con addosso la taglia messa sulla sua testa dai potenti del tempo”£ che evidentemente non gradiscono l’arrivo di un nuovo re, soprattutto se annunciato da una stella e visitato subito dai popoli della terra. Il secondo imprevisto dipenderebbe invece dal fatto che quel Bimbo, così umile e nessuno, “possa compiere quello per cui è venuto al mondo.

Per capire il mistero è necessario affidarci al mistero; per dare senso a ciò che si rinnova da mille e mille anni, e che si chiama Natale, pur ammettendo che “è improbabile che ci sia davvero un senso a tutto, che esista davvero qualcosa che ci renderà felici, che esista giustizia per tutti gli oppressi della storia, che sia possibile dare consolazione a chi soffre in maniera innocente, pace a chi vive l’inquietudine delle cose brutte…” è  bello immaginare e  credere che “imprevedibilmente” questo possa accadere.

Perché adesso è Natale, una festa, qualcosa che ci fa attendere a occhi spalancati l’arrivo di quell’“imprevisto” che cambia il finale di una partita quasi persa. Auguri.

LUCIANO COSTA

Altri articoli
Attualità

Potrebbero interessarti anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.
Devi accettare i termini per procedere