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Alpini, brava gente, amici veri e buoni…

Gli alpini, quelli che ieri erano considerati “pilastri e muli dello Stato” (roccia granitica a sostegno delle istituzioni e miti-infaticabili-pazienti portatori, veri muli per gloriosa fatica) e che oggi sono espressione e dimostrazione (sempre portatori miti-infaticabili-pazienti) di solidarietà, amicizia e disponibilità ovunque vi sia qualcuno che soffre e implora aiuto, sono come le mamme: se non ci fossero bisognerebbe inventarli. Loro, alpini sempre, tra le pagine spesso buie della storia hanno infatti seminato bontà e misericordia, distribuito pace e concordia, aiutato popoli a rinascere  e a sperare, dimostrato come amicizia e solidarietà, se usate senza oscuri fini, sono sale e ristoro della terra. Oggi, ottant’anni dopo la battaglia di Nikolajewka (venne combattuta gloriosamente il 26 gennaio 1943 nella gelida steppa russa), per la prima volta, si celebra la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini, istituita con la legge 44 del 5 maggio 2022 e votata all’unanimità dal Parlamento. Quella di oggi è quindi l’occasione per ricordare come, in questi otto decenni, le penne nere, sempre e solo alpini, hanno dato concretezza al motto, coniato dai reduci di quei giorni drammatici, che li impegnava a “onorare i morti aiutando i vivi».

Racconta la storia che “mandati allo sbaraglio da un regime criminale, nell’inverno tra il ‘42 e il ‘43 gli alpini si trovarono bloccati dal gelo della steppa russa, accerchiati da un esercito molto più numeroso e meglio armato. Ma la volontà di tornare a baita, come si legge nelle immortali pagine di Mario Rigoni Stern, fu più forte della paura di morire e così, il 26 gennaio 1943, gli alpini si lanciarono all’assalto a Nikolajewka, sfondando la sacca in cui l’Armata Rossa aveva chiuso gli italiani e permettendo a ciò che restava della nera colonna di sbandati, arrivata anche a raggiungere i 40 chilometri di lunghezza, di aprirsi la strada verso la salvezza”. E questo, ha spiegato il presidente nazionale dell’associazione che raggruppa gli alpini “è il significato della Giornata”.

Quest’anno, per la prima volta, siamo invitati a ricordare, a fare memoria, a rileggere pagine forse ingiallite ma ancora vive, così da rendere testimonianza al sacrificio compiuto. “Per noi – hga detto il presidente Favero rispondendo alle domande dei giornalisti – questa data è di grande significato. Essa infatti, grazie anche agli scritti di reduci illustri e celebrati come Rigoni Stern, Giulio Bedeschi, don Carlo Gnocchi e di tanti altri semplicemente sconosciuti ma altrettanto valorosi, condensa tutti i valori di solidarietà e di aiuto reciproco che caratterizzano l’essere alpini. Lo confermano le nostre 80 Sezioni e gli oltre 4.300 Gruppi, che tramandano da tempo la memoria di quei tragici avvenimenti”. Per onorare la memoria degli alpini caduti a Nikolajewka, oggi a Brescia, nel corso di una solenne cerimonia, alle nuove generazioni verrà spiegato come sia stato possibile, quando il calendario segnava il 40esimo anniversario della battaglia (anno 1983), grazie al lavoro gratuito di centinaia di volontari, costruire e far funzionare la scuola intitolata “Nikolajewka”, oggi la più grande struttura sociosanitaria in Italia per la disabilità fisica grave e gravissima e poi, dieci anni dopo, nel 993, in occasione del 50esimo, realizzare l’asilo “Sorriso” a Rossoch, in Russia, dove nel 1943 c’era il comando del Corpo d’armata alpino, “un grande e ancora attuale segno di amicizia e fratellanza – secondo il presidente Favero – purtroppo interrotte dai tragici avvenimenti dell’ultimo anno”.

Così, l’anniversario è oggi vissuto con dolore, preoccupazione e grande sofferenza. “Parlando con alcuni degli ultimi reduci di Russia, ormai quasi centenari – sottolineato il presidente – ho colto la grande amarezza che li avvolge vedendo in quei luoghi per loro ancora sacri, divampare la guerra col suo carico di morte e distruzione. A quei reduci ho assicurato che insieme agli alpini di oggi ci stiamo già muovendo e organizzando per raccogliere fondi nella speranza che la pace arrivi presto così da poter intervenire in aiuto della popolazione”.

Dunque, ancora una volta, è il caso di dire: “Grazie, Alpini”. Grazie perché esistete e resistete alla tentazione di annullare la storia; grazie per le generosità che esprimete; grazie per le occasioni che ci offrite per dimostrare il valore della fraternità e della reciproca comprensione.

LUCIANO COSTA

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