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Andare per presepi e poi una storia…

A Betlemme c’era (ma c’è ancora, basta cercarla) una grotta che improvvisamente venne investita della responsabilità di ospitare un Bimbo destinato a cambiare la storia del mondo. A Postumia(luogo di straordinaria e misteriosa bellezza in terra di Slovenia, appena oltre il confine italiano) cin sono grotte che ogni Natale, tra stalattiti e stalagmiti, mette in scena il più lungo presepio del mondo. A Roma, nel luogo che comunemente si ritiene la sede diciò che gli umani scartano, fiorisce un presepio che stupisce e induce a riflettere su quel che si potrebbe fare se e come agli scarti fosse assegnato il compito di diventare aiuto per tanti poveri e disperati. A Facen, in provincia di Belluno, gli animali di una fattoria sono usciti dalla stalla per andare davanti alla chiesa della piccola frazione, così, senza un perché, o per mille motivi sconosciuti agli umani… Tutte storie di Natale, tutte vere, tutte belle, tutte da raccontare, tutte da leggere...

POSTUMIAE’ particolarmente suggestivo assistere allo spettacolo (inventato trentatré anni fa per sollecitare attenzione a quel luogo magico anche in periodo invernale) allestitonell’ambiente mozzafiato delle Grotte di Postumia, in Slovenia: le più estese del Carso e le più visitate d’Europa, scoperte 200 anni fa. Dal 1989 quello del “Park Postojnska Jama” è il presepe vivente più lungo del Vecchio Continente con 5 km di percorso: 3,5 dei quali da percorrere tra la bellezza naturalistica delle incrostazioni calcaree scolpite nel corso di milioni di anni.

Il trasporto fino al luogo della rappresentazione del presepio avviene a bordo di un trenino, il primo a scorrere dentro una grotta calcarea; il resto della sacra rappresentazione si snoda a piedi lungo le varie “sale” delle grotte tra maestose concrezioni, stalattiti e stalagmiti, sagomate dallo scorrere di infinitesime gocce d’acqua le cui origini si perdono nella notte dei tempi. In 90 minuti di spettacolo oltre 150, tra attori, figuranti, musicisti e cantanti si esibiscono dal vivo sottoterra, a 10° di temperatura costante, su un palcoscenico unico tra luci e suoni che rapiscono e avvolgono i visitatori. 18 le scene bibliche allestite. Gli effetti sonori e luminosi sono ideati nel pieno rispetto del luogo, nel segno della sostenibilità e dell’attenzione alla salvaguardia di un patrimonio naturalistico dal valore inestimabile. “È una sfida”, ha spiegato Kevin Klun Valencic, un giovane studioso che accompagna i visitatori lungo il percorso delle Grotte di Postumia: “Innanzitutto per gli artisti e i figuranti che devono rimanere dentro le grotte per molte ore. La Natività viene preparata nel corso di tutto l’anno: partecipa molta gente appartenente alla popolazione locale. Lavoriamo nel pieno rispetto dell’ambiente. Gli speleologi ci assicurano che i parametri di temperatura delle grotte non vengono alterati. I visitatori quando escono restano senza parole, impressionati dallo spettacolo delle grotte e del presepe più lungo d’Europa: con un biglietto si vedono due cose”.

Lo spettacolo natalizio è visibile fino al 30 dicembre, ogni giorno dalle 13.30 e a intervalli di quindici minuti sotto gli occhi passano le scene dellAnnunciazione fatta a Maria, del viaggio di Maria e Giuseppe per il censimento, dell’apparizione dell’angelo ai pastori, del viaggio dei Magi, della coinvolgente scena della Natività. Sarebbe riduttivo definirlo solo uno spettacolo. Certo, lo è a tutti gli effetti per il livello delle interpretazioni di attori e cantanti, ma il Presepe di Postumia è però anche un’esperienza spirituale unica…

ROMA – A due passi da San Pietro, in un semplice garage, ex rimessa dell’azienda municipale romana dedita alla cura dell’ambiente (tradotto significa che si occupa della raccolta degli scarti), c’è un Presepe davvero particolare. Nel 1972 un netturbino, Giuseppe Ianni, iniziò per passione e devozione, a mettere le prime case sullo sfondo dove ora le luci del giorno e della notte si alternano su un panorama di 45 metri quadrati, che ricalca quello della Palestina di oltre 2000 anni fa. Doveva essere il presepe aziendale. Oggi che Giuseppe non c’è più, i colleghi continuano la sua opera, custodendola come “un fiore all’occhiello” e illustrando a chi varca la soglia di ingresso, ogni particolare che parla del mondo, della pace, dei popoli, racconta della Bibbia e della vita di Gesù e accompagna in un viaggio nel tempo curato con precisione filologica e passione profonda.

Tanti i dettagli che rimandano a episodi della Sacra Scrittura – l’acqua che sgorga dalla roccia, il sale della terra, la genealogia di Gesù, il grano, l’orzo, le lenticchie – disseminati tra 100 case in pietra di tufo e legno, circa 700 gradini, 54 metri di strade in lastre di selce e marmo, acquedotti, fiumi, grotte, botteghe e 270 personaggi. E poi i doni arrivati da tutto il mondo: dal restauro di San Pietro, da Betlemme, dai Santuari e dalle città d’arte. A fare da cornice e sostegno alla struttura, oltre 3000 pietre della pace tra cui la roccia lunare offerta dalla Nasa e un frammento del sacro scoglio di Rocca Porena dove Santa Rita si raccoglieva in preghiera. Ciascun visitatore, infatti, per volere di Giuseppe, non doveva lasciare denaro, ma donare una “pietra” che parlasse, come lui stesso diceva, “dell’unità possibile tra i popoli”. L’opera, meticolosa, curata e ampliata ogni anno grazie anche agli artigiani del quartiere, accoglie anche i segni del passaggio di ospiti illustri che hanno dato fama a questo luogo: tre Papi, un presidente della Repubblica, sindaci e santi, come Madre Teresa di Calcutta e San Giovanni Paolo II che, in via Cavalleggeri 5, era di casa. “Pregate per la pace”, chiedeva l’umile costruttore e ideatore di questo Presepe: oggi è la domanda che, più forte che mai, continua a levarsi da coloro che ci hanno aperto le porte per mostrarci questo angolo di Palestina che fa sentire subito a casa.

FACEN (Belluno) – Paura e sorpresa: gli animali non ci sono più. Un asino e due capre. Spariti. Le otto di mattina della vigilia di Natale, fa un bel freddo a Facen, frazione di Pedavena, due passi da Belluno, poco più di cinquecento residenti. Come ogni giorno a quest’ora bisogna governare stalla e animali della Comunità di Villa San Francesco. Ma la stalla è vuota e non era mai successo.Aldo chiede aiuto a Gioia, che è una delle due capre e in qualche modo il ‘capo’ degli animali in quella stalla: la chiama urlando, una, due, tre volte. Niente. Bisogna mettersi subito a cercarli. E si muovono in parecchi.

Si dividono e dividono paese a zone, via via si chiamano da colle a colle per comunicare e aggiornarsi, girano in lungo e largo, ore e ore, fino al pomeriggio e s’è fatto buio. Sempre niente, non c’è traccia degli animali da nessuna parte. Sconforto. Quegli animali sono parte della Comunità. Chissà dove sono andati o finiti. Un urlo. Improvviso. Arriva proprio dalle parti della stalla, è una signora: “Stanno tornando da soli e vengono qui!”. Davanti a loro, impettita, c’è Gioia. Roba da far festa, adesso. Nessuno della Comunità sta più nella pelle e “la contentezza va alle stelle che stasera non ci sono”, pensa Aldo, quasi settant’anni, burbero, pragmatico eppure visionario come pochi.

Gli animali rientrano, bisogna farli mangiare, sistemarli e arriva un uomo: “La Notte Santa incombe – dice -, bisogna che andiate a ripulire la scalinata della chiesa”. Che ha sessantasei scalini e porta su al piccolo sagrato della chiesa parrocchiale di ‘San Pietro Apostolo’ a Facen: “L’unico posto dove non li avevamo cercati!”, pensa ancora Aldo, che la Comunità l’ha fondata venticinque anni fa: “E’ vero, riconoscono stalla e Padrone”. Non ha grossi dubbi. Gli animali erano spariti per raggiungere quella chiesetta d’un piccolo paese perché “Gioia deve aver sentito la Sua voce. Lo fa spesso anche in Comunità per arrivare subito da noi”. Nemmeno voleva fosse raccontata, Aldo, questa storia. Non è uomo da riflettori, troppe parole o scene. Però alla fine, sotto voce, lo confida: “Mi piacerebbe che chi la conoscesse, questa storia “stramba”, ma vera, ascoltasse la voce delle persone care che non ci sono più. Si facesse aiutare dalla bontà dalla loro vita di ieri e quella di oggi Lassù, dai sacrifici fatti”.

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