Le novità di questa seconda o terza ondata di coronavirus sono i titoli roboanti, l’uso dei colori come fossero distinzioni assolute e non componenti di un tutto (i colori non “sono”, semmai si formano), l’abbondanza di bonus e ristori, l’invadenza di chiacchiere-promesse-previsioni-revisioni-ricorsi, l’assenza di “diari” e di “paginate” (così si chiamano i contorni ben scritti messi intorno alle cronache), la presenza invece sistematica di polemisti ai quali piace tanto, ma proprio tanto, usare la polemica come biglietto d’invito alle puntate successive. Se in principio il dramma si svolgeva dentro e fuori le case di riposo, adesso del dramma vissuto da migliaia di anziani se ne parla per dire che (finalmente) è stato inventato il modo per consentire loro di tornare ad abbracciare mogli, figli e nipoti: un telo di plastica sottile e malleabile messo lì a far da palo e argine agli abbracci e alle carezze.
Domani l’Italia si colora nuovamente di arancione, con qualche sprazzo di giallo e porzioni inquietanti di rosso. Lombardia e Provincia autonoma di Bolzano, due delle tre zone rosse (la terza è la Sicilia) hanno già annunciato ricorso al Tar del Lazio (considerato il “Tar dei Tar”, cioè l’ultimo appiglio in caso di controversie tra poteri diversi), immagino perché di parere opposto a quello formulato e firmato dal Ministro della Sanità. Questo contrasto ha fatto notizia; non ha fatto notizia, ancora una volta, l’assenza di indicazioni relative all’essere e al divenire degli anziani, quelli ospitati nelle case di riposo ma anche quelli che a casa o chissà dove aspettano di sapere se sono ancora cittadini o se sono soltanto legna secca. “Io vivo con meno di cinquecento euro al mese di pensione – ha scritto Caterina – però mi hanno detto che ce la faremo, che il Governo non si dimenticherà di me e di tanti che come me litigano con i centesimi e sopravvivono grazie ai pacchi dono della parrocchia o di qualche gruppo di volontari”. Un vecchio sindacalista, pregandomi di sottolineare il problema tralasciando il suggeritore, mi ha detto che “anche il peggior politico non dovrebbe mai dimenticare che i pensionati al minimo o sotto la media sono categorie a rischio, bisognose di aiuto e di comprensione”. Invece… Invece, attorno a loro, è silenzio e l’unica “provvidenza” è racchiusa nell’anticipo temporale (uno, due o tre giorni al massimo) del pagamento delle pensioni. “Come è possibile pensare – ha aggiunto con un filo di voce il sindacalista – che nessuno sarà lasciato indietro se le premesse sono queste?”.
Intanto, per sapere se e come il Governo presieduto da Giuseppe Conte dirigerà i suoi passi, si va alla conta dei voti. Ieri guardando le facce dei contendenti mi sono sentito tale e quale ai cinque della commedia, quelli che attorno all’albero aspettano Godot, fantomatico risolutore di ogni contesa, sempre in arrivo ma mai arrivato. Allora, per caso, ho riletto la storiella dei tre fratelli ai quali il saggio genitore consegnò una bisaccia contenente il simbolo della loro futura vocazione. Secondo la storiella “la borsa del primo fratello conteneva semi di miglio, ed egli infatti divenne agricoltore. La sacca del secondo fratello racchiudeva del ferro, e questi divenne fabbro. La terza sporta, infine, non conteneva nulla: il terzo fratello divenne dunque un capo». Lungi da me l’idea di applicare la morale della storiella agli attuali reggitori della politica italiana. Però, insomma, semmai poco ci manca che lo faccia. Magari domani o quando la matassa della crisi si sarà sbrogliata e qualcuno dei contendenti avrà smesso di giudicare l’anguria del suo vicino dal colore della scorza piuttosto che dal sapore del contenuto. Se il senso del paragone vi sfugge, pensate che non chissà quando ma almeno fino a qualche anno fa le angurie si acquistavano soltanto dopo aver verificato con apposito tassello (una incisione nella scorza con estrazione di un fiocco di polpa da gustare) la loro bontà. Il buon “capo” è quello che resiste alla prova del tassello; tutti gli altri sono comprimari. Il vero “capo” è, allo stesso tempo, “capo” e “servitore”: nel primo caso regge il timone, nel secondo aggiusta i cocci provocati dai suoi compagni d’avventura.
Un ottimo “capo”, merce rara, fa tesoro di ogni granello di sapienza che gli viene regalato da chi prima di lui ha camminato sulle stesse strade: gli anziani, qualunque sia la loro collocazione o la loro definizione (ospiti, pensionati, noni, lungodegenti o semplicemente in attesa di vivere almeno un altro giorno), quale sia la loro età, che se anche terza è pur sempre parte della vita. Al di là di qualsivoglia pregiudizio sulla terza età, vale sempre la pena riflettere sull’antico proverbio africano, quello che dice: «Tuo padre ha visto le formiche prima di te».
LUCIANO COSTA