Baciare la terra per farla rinnamorare…

I Grandi della Terra lasciano Glasgow, dove si è svolta l’assise plenaria per tentare di medicare i mali della terra e magari salvare il salvabile, con pochi applausi e tanti dubbi. C’è un documento che stabilisce alcune nuove regole e definisce impegni anche importanti, ma siamo ancora di fronte alla classica goccia che a lungo andare riempirà il secchio ma che adesso non riesce neppure a dissetare le formiche. I grandi della Terra hanno consumato giorni e notti in discussioni importanti e addirittura fondamentali, ma ciascuno le ha adattate agli “interessi superiori”, accettando il principio della salvaguardia universale, però assoggettata a tempi e modi che non ledano lo sviluppo e la crescita economica del proprio pezzo di terra.

In questo modo, i cosiddetti Grandi a cui competerebbe fare e regolare affinché a chiunque sia consentito di amare la terra piuttosto che odiarla, si sono autoassolti: stabilendo che porre freni alle emissioni nocive è buona cosa, ma anche cattiva se riduce la capacità di produrre e dare la voro; mettendo a disposizione fondi anche cospicui, ma senza stabilire scadenze e senza offrire certezze di assolvimento agli impegni assunti; accettando di concorrere agli sforzi per ridurre il clima di almeno un grado e mezzo, ma in tempi e modi diversi; giurando sul diritto dei popoli più poveri a passare dallo sfruttamento al godimento delle risorse naturali; promettendo attenzione ai problemi; dicendosi pronti ad ascoltare il grido che ragazzi e giovani hanno elevato a canto di liberazione e di speranza.

I Grandi della Terra… hanno guardato la Terra con evidente preoccupazione, ma non hanno avuto il coraggio di offrirle quell’abbraccio invece atteso come segno di un cammino da fare insieme; “e invece noi, i Piccoli della Terra, la baceremo ogni giorno per farla rinnamorare”. In realtà, non so se basterà un bacio per riequilibrare la situazione, però mi piace pensare che partendo da un bacio si possa costruire qualcosa di utile, si possa garantire a chiunque quel bene terra che soltanto se preservato sarà di tutti e per tutti. Di questo modo di procedere si son detti sostenitori i più giovani, quelli in stile Greta, ma anche quelli che ritengono lo stile Greta poco spontaneo e molto guidato.

Personalmente conosco una Greta, non quella che gira il mondo invitando a non inquinare il mondo. E’ una Greta normale, giovane, sveglia, amante del verde, premurosa nell’accudire ogni cosa torni utile al ben essere, loquace il tanto che basta per dire agli amici e alle amiche che condividono il suo mondo di non stare con le mani in mano, perché se quel mondo è da salvare bisogna farlo adesso, usando l’intelligenza per scoprire come farlo, usando mani e braccia per pulire-sanare-irrorare-amare il pezzetto di territorio a disposizione, alzando la voce per chiamare a raccolta la moltitudine di giovani che vuole con lei pulire-zappare-coltivare-sanare-irrorare e amare piuttosto che usarla per scalare la politica e insegnare ai politicanti quel che neppure lei ha ancora imparato.

La Greta che non conosco è, come racconta la cronaca, una diciottenne di belle speranze, allevata a pane e proteste, osannata e cercata, un emblema per chiunque voglia battersi per dare dignità all’idea di un mondo pulito e degno d’essere abitato; una ragazza temuta dai potenti, che dietro di lei vedono la massa giovanile che non ci sta a subire le bizze del tempo senza agire per almeno raddrizzarle e arginarle, una giovane che da anni sta in vetta alla piramide dei contestatori di usi e costumi maldestri e nocivi. La Greta che conosco è invece tra le poche (o magari tante, ma nessuna statistica lo conferma) che la terra “continuamente la bacia”, per farla rinnamorare di coloro che l’hanno tradita, per chiederle di essere benigna con chi la calpesta e generosa nell’offrire a ciascuno il necessario per vivere.

Credevo che questa Greta fosse unica, invece ieri ho scoperto che lontano da qui c’è una che come lei sogna cieli e terre nuovi popolati da ragazzi e ragazze ai quali basta un libro – niente altro che un semplice libro –  per essere felice. Questo fiore che dal nulla sprigiona profumi straordinari, si chiama Raden Roro e presta gratuitamente un libro in cambio di un sacchetto di spazzatura, con ciò contribuendo a suo modo a tener pulito il pezzo di terra che le compete. Prestare un libro in cambio della spazzatura raccolta è la singolare iniziativa promossa da una bibliotecaria dell’isola indonesiana di Java. Così facendo Raden Roro spinge i bambini alla lettura e allo stesso tempo li invita a prendersi cura dell’ambiente.

Ogni giorno feriale, Raden Roro Hendarti guida il suo furgoncino a tre ruote carico di libri fino al villaggio di Muntang. All’arrivo, i bambini, molti dei quali accompagnati dalle madri, circondano la sua Trash Library chiedendo a gran voce i libri. E per averli, come ormai sanno, devono consegnare il loro sacchetto di spazzatura. Raden è felice anche di sapere che, oltre a leggere e a ripulire l’ambiente che li circonda, i ragazzi passeranno meno tempo ai videogiochi e su internet. Ogni settimana la bibliotecaria raccoglie circa 100 kg di rifiuti, che vengono poi smistati da alcuni collaboratori e inviati al riciclaggio o venduti. Al momento, dicono i testimoni della bella iniziativa, Raden dispone di 6.000 libri da prestare e vorrebbe portare il servizio mobile anche in altre aree vicine.

Spero abbia successo. Il mondo, infatti, lo si salva anche partendo dal poco o nulla posseduto, da un libro, da un gesto, da un chilo di spazzatura raccolta, da un metro di terra ripulito, da una goccia d’acqua non sprecata…

LUCIANO COSTA

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