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C’è urgente bisogno di responsabilità e di accoglienza

Uno parla di responsabilità comune di fronte a chi soffre; l’altro mette in cattedra l’accoglienza. Il primo è racchiuso nell’appello che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parlando ieri all’inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università della Basilicata, si è rivolto all’Italia e all’Europa. Il secondo si concretizza nei giorni, da ieri fino al 10 marzo, che “La Cattedra dell’Accoglienza” (un laboratorio formativo ispirato dal carisma di don Francesco Bisinella, fondatore della Fraterna Domus e dell’Associazione del Volontariato Sociale Cristiano), a Sacrofano in provincia di Roma dedica all’approfondimento delle basi etiche, antropologiche e giuridiche dell’ospitalità offerta a chi è costretto a migrare.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, riferendosi ancora al naufragio dei migranti a Cutro, ha sottolineato il valore della grande e corale commozione che l’ha circondato, ma ha anche ribadito che “il cordoglio deve tradursi in scelte concrete e operative da parte di tutti: dell’Italia per la sua parte, dell’Unione Europea e di tutti i Paesi che ne fanno parte”. Sergio Mattarella ha lanciato il suo appello dicendo con forza che “l’unione di Italia ed Europa è la risposta vera da dare a quello che è avvenuto”. Il Presidente della Repubblica ha anche riportato alla mente le immagini degli afghani che due anni fa, dopo il ritorno al potere dei taleban, presero d’assalto l’aeroporto di Kabul implorando un passaggio aereo per mettersi in salvo. “Quanto il nostro Paese ha fatto per portare in Italia tutti i cittadini afghani che avevano collaborato con la nostra missione – ha sottolineato – deve rinnovarsi adesso. In quell’occasione non abbiamo lasciato nessuno, li abbiamo accolti tutti… Quelle scene di disperazione ci fanno comprendere perché intere famiglie, persone che non vedono un futuro, cercano di lasciare – con sofferenza come sempre avviene – la propria terra per cercare un avvenire altrove, una possibilità di un futuro altrove”. Agli studenti dell’Università della Basilicata Sergio Mattarella ha chiesto “coraggio e disponibilità” per assicurare al loro Ateneo ma anche a tutti gli Atenei d’Italia “il ruolo decisivo e fondamentale che loro compete, quello di educare al sapere, alla ricerca, alla libertà di pensiero”. Poi li ha esortati “a essere protagonisti del proprio futuro, perché gli Atenei sono parte di un sistema prezioso e sono tutti raccordati in una rete che fa crescere il nostro Paese”.

LA CATTEDRA DELL’ACCOGLIENZA, già nell’avvio dei lavori, ha chiarito che “come trattiamo gli immigrati dipende molto da come li vediamo”. Quindi, ha detto uno dei relatori, “l’apertura mostrata ai rifugiati ucraini deve spingerci ad avere lo stesso slancio positivo verso tutti coloro che scappano da guerre e privazioni” perché, come insegnò don Francesco Bisinella, “l’uomo di oggi ha bisogno di accoglienza, di chi lo ascolti, lo comprenda e lo supporti”. Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle Migrazioni all’Università di Milano e relatore alla “Cattedra”, ha ieri spiegato in una intervista come “l’accoglienza comincia dallo sguardo”.

Secondo il professore “come noi trattiamo gli immigrati dipende molto da come noi li vediamo. Per esempio, i calciatori si spostano, ma nessuno li chiama immigrati; i rifugiati ucraini godono adesso di libertà di movimento e dell’accesso ai servizi sociali e al mercato del lavoro soprattutto perché noi li  vediamo come persone meritevoli di protezione, che subiscono una grande ingiustizia a seguito dell’invasione del loro Paese. Poi, invece, parliamo generalmente degli immigrati come elementi problematici, o perché si tratta di persone più povere o perché si tratta di persone meno “moderne” di noi. E quindi, il fatto stesso di chiamarle immigrate, di definire la loro mobilità come immigrazione, diventa fonte di una distanza e di una diffidenza”.

Però, cambiare sguardo è ancora possibile. Lo dice lamobilitazione di tanta gente, sia nelle associazioni che in modo spontaneo, per portare aiuti ai rifugiati ucraini. Tra l’altro si tratta di 170 mila persone, quando sappiamo che gli sbarcati dal mare nel 2022 sono stati poco più di 100 mila. Centomila sbarcati dal mare e 72 mila domande di asilo sono state viste come un grande problema, forse come una invasione, 170 mila rifugiati ucraini no. Ecco perché l’accoglienza dipende dallo sguardo. Credo che abbiamo toccato con mano che la popolazione italiana è disponibile ad accogliere, se vuole, anche grandi numeri di persone, e ciò vale anche per gli stessi soggetti politici: nel caso ucraino hanno dimostrato una encomiabile compattezza nel dire sì all’accoglienza”.

Fino al 10 marzo attorno alla Cattedra dell’Accoglienza allestita a Sacrofano, provincia di Roma e quindi vicina ai centri del potere politico, si discute di accoglienza. Dal 10 marzo in poi si dovrà far posto soltanto all’accoglienza.

LUCIANO COSTA

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