Magari sparsi e con poca organizzazione ci sono comunque persone di ogni età, censo, sentire religioso, portafoglio, idee politiche diverse e sensibilità culturali una diversa dall’altra che fanno a gara per mantenere visibili e rispettati antichi, vecchi e nuovi segni del sacro e della devozione sparsi per strade, colline, montagne, lì per ricordare e testimoniare che in ciascuno alberga la voglia di fermarsi per mettere la propria esistenza a confronto con l’infinito cielo, magari proprio quello abitato da santi madonne cristi dei e di quant’altro spieghi che dentro e sopra di noi c’è qualcosa di misterioso, di sacro e di benigno a cui ricorrere per rasserenare il giorno e illuminare il cammino….
Magari non sparsi ma ben assestati ai vertici di questo o quel segmento di società organizzata, spesso titolati esponenti di istituzioni, magari esponenti politici di lungo e corto corso, ci sono comunque e resistono persone che in nome di chissà quale uguaglianza (o presunto rispetto) dovuta ad altre sensibilità religiose, mettono veli e impongono cancellazioni a segni di un sacro che appartiene alla storia. E’ di ieri la notizia di un’immagine sacra accusata di ingenerare divisioni piuttosto che orazioni. A raccontare umori e distinguo suscitati da un’icona raffigurante quella che per i cristiani è ancora la Sacra Famiglia – Maria, Giuseppe e il bambino Gesù uniti in un tenerissimo abbraccio – ha provveduto ieri Marina Corradi, giornalista attenta e non nuova a mettere in vista storture e divagazioni pensate a danno di cristiane devozioni, che di fronte a quel che stava accadendo dalle parti dell’ospedale di Venezia, ha messo in pagina amarezza e riflessioni degni di attenzione, che vi propongo di leggere…
Luciano Costa
… di sicuro qualcuno che abita a Venezia!
Un’icona della Sacra famiglia è esposta da giorni all’ingresso del reparto Ginecologia e ostetricia dell’Ospedale Civile di Venezia. Pazienti e familiari per lo più non ci avevano fatto caso: quel tipo d’immagine in Italia è ovunque, e non può stupire, in un luogo in cui nascono, anche, i bambini. Ma presto sono arrivati occhi acuti e consapevoli. La Cgil locale prima, la capogruppo Pd in Consiglio comunale poi, si sono ribellati. Per la Cgil provinciale i simboli religiosi “potrebbero mascherare comportamenti da Stato etico che non possono trovare in alcun modo cittadinanza a Venezia”. Si è dichiarato pienamente in sintonia il Pd locale, che ha provveduto a chiedere “la rimozione immediata di tutte le rappresentazioni religiose, che vanno contro la sensibilità delle donne e il rispetto dei loro diritti”. Poi, dai giornali locali la storia di Venezia rotola sui media nazionali. Per la senatrice 5stelle Elisa Pirro l’icona “è uno schiaffo alla laicità dello Stato” e deve essere immediatamente rimossa. Anche il deputato Pd Rachele Scarpa emette un comunicato allarmato.
Si allarmano per una Madonna col Bambino e Giuseppe, come ne sono costellate da millenni le chiese e le strade e gli edifici pubblici d’Italia, in città e in campagna. Quella famiglia di Betlemme è il cuore della Natività, e il nascere del Figlio di Dio da una donna è un asse su cui si è sviluppata la cultura (non solo) cristiana, anche sui pilastri dell’accoglienza, della solidarietà e del soccorso. In Italia quella immagine è ancora alfabeto infantile e familiare, memoria e appartenenza, pure per chi poi si allontana dalla fede, cosa che ciascuno, grazie a Dio, in questo Paese è libero di fare. Schiaffo alla laicità dello Stato, Stato etico, volano parole grosse, forse poco metabolizzate, da sindacalisti e politici di una nobilissima provincia e da parlamentari della Repubblica.
Una Sacra famiglia in ospedale – e se poi mettesse in crisi una donna che va lì ad abortire? – si domandano. Dove il più sacro dei diritti è, evidentemente, l’aborto, e il mettere al mondo figli invece un’eventualità secondaria. Di fatto, la crisi demografica del Paese è grave come mai in passato. Vien da pensare che siano occhiali vecchi quelli di chi è incapace di vedere che mentre in Italia l’aborto è garantito dalla legge, venire al mondo è nella realtà sempre più difficile. L’incertezza delle giovani generazioni, la maledizione del precariato, i costi della vita e delle case, la carenza di nidi, l’ostilità delle aziende alle dipendenti madri rendono il desiderio di maternità, per molte, quasi impossibile. Il diritto minacciato, nei fatti, è questo: non se ne accorgono in Cgil, forse perché i giovani non prendono più la tessera? E il Pd, giunto nei sondaggi al 15% dei consensi, non potrebbe domandarsi il perché di questo abbandono di tanti elettori, e quale popolo e quali diritti sono oggi sotto scacco?
“Uno schiaffo alla laicità dello Stato”, tuona la senatrice 5stelle, per quel quadro con un uomo e una donna e un bambino all’ingresso di un ospedale. Beh, di schiaffi lo Stato, laico e no, ne prende molti: per dirne uno – lungo trent’anni e finito appena l’altro ieri – la latitanza di Messina Denaro, che viveva tranquillo e ben curato nel suo proprio territorio, in Sicilia. Uno schiaffo lo Stato lo prende anche a ogni consultazione elettorale, quando risulta che ormai la metà dei votanti dice grazie no, non me ne importa, resto a casa. Quel 50%, deluso e reso cinico, non sopporta più lo scollamento della politica dalla vita, vera, della polis. Mentre la sanità rischia di collassare per mancanza di programmazione e personale e risorse, e l’Italia è un Paese ormai di vecchi, e le aziende faticano a trovare la manovalanza necessaria, frullano da certa politica ancora parole al vento, polemiche fatte d’aria – come questa a Venezia, città della celeberrima e amatissima Santa Maria della Salute. Semplicemente, tanto stonato rumore per nulla.
MARINA CORRADI