Chi ha paura di Matteo Renzi? A parole nessuno, perché in fondo, come dicono i suoi dirimpettai “è un guascone e quelli scompigliano ma non pigliano”, perché “è un ex e al massimo parla per rabbia e invidia”, perché “ha la faccia di tolla, di quelle a doppia cottura, che non temono certo di gettare nella mischia giudizi e velenosi e velenose verità”, perché “è nel mirino degli inquirenti, quindi, chissà cosa può (o anche non può) uscire dalle inchieste in corso, correnti o future” e, infine, perché “ha le tasche piene di amicizie e amicizie che varcano i confini per andare a mischiarsi addirittura coi signori del petrolio”. Ma se a parole nessuno ha paura del Matteo fiorentino, nei fatti tanti, ma proprio tanti, lo temono, soprattutto “perché non ha perso l’ardire iniziale”che, se ho ben capito, sarebbe lo stesso che lo portò ai vertici del Partito Democratico dopo aver tarpato le ali ai vecchi e stagionati interpreti del pensiero unico, obbligatoriamente di sinistra, “perché ha la lingua tagliente”, perché “scompiglia le carte a piacimento e non aspetta certo il consenso univoco per mettersi in viaggio”, perché “fa politica senza lasciarsi sopraffare dalle logiche dei politicanti di mestiere” e perché, infine “è un bischerovero, cioè uno che la partita la gioca fino in fondo, costi quel che costi e a costo di rimetterci tutte le simpatie conquistate”.
Il terreno migliore per misurare le simpatie conquistate dal Matteo fiorentino è la “Leopolda”, luogo in cui, dal 2010, va in scena il pensiero renziano, che ogni volta è una sfida, talmente azzardata da indurre a profetizzare che sia l’ultima. Invece, il Matteo fiorentino, anche questa volta è lì e certo non per servire pandolce e cantucci inzuppati con vinsanto. Così, fedele alla parte di Gianburrasca conquistata sul campo, inaugurando ieri la Leopolda 2021, Renzi ha lanciato “non uno ma più guanti di sfida”. Il primo, come riferiscono i gazzettieri, lo ha lanciato ai magistrati che sventolano indagini come se fossero bandierine, informandoli he mostrerà in pubblico “quei pochi documenti che non sono finiti sui giornali” con ciò dimostrando che “allegando alle richieste di rinvio a giudizio pagine e pagine non inerenti all’inchiesta si massacrano le persone e le famiglie e le storie di ognuno”. Il secondo guanto di sfida lo ha lanciato a quelli che avrebbe voluto rottamare e che invece sono rimasti imperterriti a pontificare, di cui fa i nomi – Prodi, D’Alema e Bersani –proponendo a lor signori un libero confronto sui temi più spinosi… Segue la sfida propriamente politica ai cinquestelle ai pidi, forse incapaci di vedere oltre la punta del loro naso, o forse solo preoccupati dei voti a venire. Renzi dice e sfida, e sa che così facendo amplifica i timori di quei parlamentari (in particolare grillini e dem) convintiche sotto sotto esista e sia ckincrfeto quel patto Letta/Conte “per sciogliere la legislatura anzitempo”.
Non manca la sfida che riguarda chi dovrà salire il Colle col titolo di Presidente della Repubblica. Leggo tra le varie cronache e quindi riferisco che “Letta ha cercato di neutralizzare Renzi proponendo un patto a tutte le forze della maggioranza e siglandone uno (testimone il Vespone che svolazza e si posa a piacimento su questo o quello, che per lui mai pari sono/ndr), con Giorgia Meloni per impedire il ritorno al proporzionale, che darebbe altro filo da tessere al leader di Italia viva”. Secondo le cronache “c’è un nome nel libro degli appunti di Renzi, un nome che c’era anche qualche anno fa, per un’altra occasione e un’altra delle mille partite che l’ex premier ha giocato finora. E’ il nome di Paolo Gentiloni: una volta passò, passerà anche questa volta?”.
Sulla questione Rai alle prese col rinnovo delle nomine più significative (direzione dei telegiornali, che altro?) Renzi non ha lesinato battute al vetriolo: viste le nomine e annotato il disappunto dei pentastellati ha così lanciato un appello all’Amministratore Delegato perché dia a Conte “almeno “RaiGulp”. Con più (apparente?) serietà Renzi ha sottolineato che “lacosa più bella che sta facendo Italia Viva (il suo partito/ndr) non è semplicemente quella di aver salvato il paese dall’esperienza tragicomica populista e di aver portato Mario Draghi alla guida dell’Italia e dell’Europa, cosa di cui siamo orgogliosi, ma quella,che solo Italia Viva sta facendo in questa fase, di scommettere su un gruppo di ragazze e di ragazzi”.
Alla ribalta di Leopolda 2021 il Matteo fiorentino è salito lasciandosi accompagnare dalle note di una canzone che dice “sono un ragazzo fortunato” e dicendo tra gli applausi quel “buona sera a tutti” che sottolineava la sua fortuna di ragazzo arrivato fin lì per condividere la sua passione per la politica con tante personediverse ma uguali nel ritenersi fortunate. Il pensiero renziano è racchiuso nella canzone di Jovanotti, dove cantando e scherzando dice verità altrimenti destinate all’oblio. Se interessa, riassumo qui quel che la canzone dice e ridice: “Se io potessi sarei sempre in vacanza / se io fossi capace scriverei il cielo in una stanza / ma se devo dirla tutta qui non è il paradiso / ma all’inferno delle verità io mento col sorriso… / Problemi zero problemi a non finire / un giorno sembra l’ultimo / un altro è da impazzire… / Di dieci cose fatte te ne è riuscita mezza / e dove c’è uno strappo non metti mai una pezza… / Sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno / sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno / e quando viene sera e tornerò da te.. / E’ andata come è andata…”.
Ecco, Matteo Renzi di dieci cose fatte ne ha fatta bene almeno mezza; altri neppure quella. E questo mi basta per continuare a ritenerlo simpatico. Ai posteri l’ardua sentenzia, a me la convinzione che nel marasma della politica attuale il Matteo fiorentino, avendo idee chiare e chiari orizzonti da conquistare, è ben lungi dall’essere uno qualsiasi. La sfida continua. Domani o chissà quando conteremo vinti e vincitori, ragazzi fortunati e ragazzi sfortunati...
LUCIANO COSTA