Italiani brava gente, italiani pasticcioni geniali, italiani piagnucolosi ma testardi, italiani ultimi ma primi… Italiani sempre e comunque figli del Bel Paese, dunque allegri e spensierati? Ma dai, non scherziamo! Ieri i soloni dell’economia mondiale hanno stabilito che l’Italia e gli italiani corrono (economicamente parlando) più di chiunque altro. Una bella soddisfazione, soprattutto per Mario Draghi, che di questo salto è probabilmente l’artefice; una magra soddisfazione per coloro che la pandemia ha ridotto a disoccupati cronici; una delusione evidente per i poveri, quelli che non ce la fanno a quadrare il bilancio e ad arrivare alla fine del mese, che sono tanti e sempre in crescita; una inutile vanità a fronte di una realtà che è soggetta, prima agli umori del virus (le zone gialle che tornano e allarmano, le varianti del virus, la vaccinazione globale ostacolata da frange di incoscienti che la ritengono un’invenzione speculativa…) e poi agli umori di un sistema in cui i ricchi fanno incetta di tutto ciò che i poveri – per manifesta mancanza di liquidità, per assenza di materie prime, per riduzione degli ordini, perché da soli non ce la fanno più… – sono costretti a lasciarsi alle spalle. Che questa sia l’eterna teoria della ricchezza che genera ricchezza e della povertà che genera povertà è evidente, ma che debba restare immutata e immutabile non è certo una bella prospettiva. Ieri, per altro senza trovare cantori o commentatori, è stato presentato il rapporto Istat che fotografa gli italiani e la realtà in cui vivono. Lo trovate di seguito ed è materia su cui meditare.
LUCIANO COSTA
Italiani: pochi, vecchi e soli
Il destino degli italiani? Essere pochi, vecchi e soli. Perché “dietro l’angolo” c’è una crisi demografica sempre più profonda, con previsioni nere da qui a trent’anni. Il quadro che emerge dall’ultimo rapporto Istat, presentato l’altro ieri, fa pensare, infatti – in mancanza di un’adeguata politica a favore della natalità e delle famiglie – a un declino inarrestabile per il nostro Paese, con una popolazione in graduale decrescita, un aumento delle coppie senza figli e il numero dei morti che presto raddoppierà rispetto a quello dei nati.
La prima proiezione dell’Istituto di statistica riguarda i residenti: dai 59,6 milioni censiti al primo gennaio 2020 si passerà a 58 milioni nel 2030 e a 54,1 milioni vent’anni dopo, per precipitare fino a quota 47,6 milioni nel 2070. «Il potenziale quadro di crisi» di cui parla il Report è corroborato da un’altra previsione scura che inciderà anche sull’economia nazionale: nel 2050 il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3 mentre i cittadini in età lavorativa scenderanno in un trentennio dal 63,8% al 53,3% del totale.
E non finisce qui. Il trend della crisi trova un ulteriore conferma da un prevedibile “restringimento” dei nuclei familiari che risulteranno con un numero medio di componenti sempre più piccolo. Un esempio? Entro il 2040 una famiglia su cinque sarà costituita da una coppia con prole, ma più di una su cinque non avrà figli. Quindi, spiega l’Istat, in Italia ci saranno più famiglie (dalle attuali 25,7 milioni si andrà ai 26,6 milioni del 2040) ma crescerà la loro frammentazione: aumenteranno, appunto, le coppie e, tra queste, quelle senza figli (da 5,1 a 5,7 milioni). Nell’arco di due decenni la loro consistenza diminuirebbe del 13%.
E c’è un altro fattore da considerare secondo gli esperti dell’Istat: «L’instabilità coniugale, sempre più diffusa nel Paese, vedrà aumentare le famiglie composte da un genitore solo, maschio o femmina, con uno o più figli». Nel 2020 i “monogenitori” erano in totale 2,8milioni, soprattutto madri (2,2 milioni). Ma, se in passato, dopo lo scioglimento di una coppia per divorzio o separazione i figli (in particolare minori) venivano di solito affidati alle mamme, dalla promulgazione della legge sull’affido congiunto, che risale al 2006, questa prevalenza è andata scemando, tanto che i papà affidatari oggi sono quasi 600mila e si stima che entro il 2040 diventeranno circa 900mila.
Preoccupa di più, comunque, la decrescita della popolazione. Una tendenza che potrà essere frenata solo con adeguate politiche. Quindi, avverte il Forum delle Associazioni Familiari “urge un piano per la natalità”., Infatti “è chiaro che l’assegno unico per i figli, così come è stato presentato, non può bastare. Ragion per cui, o l’attuale riforma fiscale interviene rimuovendo gli ostacoli alla formazione di nuove famiglie, incentivando con decisione i progetti delle coppie che desiderano figli, oppure le previsioni dell’Istat diventeranno un grande necrologio”.
Per una vera inversione della dinamica demografica negativa, occorre quindi, secondo il Forum delle Famiglie, “una riforma del sistema tributario e degli incentivi che tenga conto dei carichi familiari e un piano strutturato per la ripartenza della natalità all’interno del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Non è più il tempo di proclami: il fisco deve sostenere assolutamente e con decisione la famiglia e la natalità perché la crisi demografica sta già delineando un percorso di declino per il nostro Paese che dobbiamo contrastare a partire da questo momento: domani sarà già troppo tardi”.
L’altra emergenza è il progressivo invecchiamento della popolazione, un processo strettamente legato alla denatalità e al decremento demografico: nel 2048 i decessi potrebbero doppiare le nascite (784mila contro 391mila). E già ora un terzo degli over 75 ha gravi difficoltà a prepararsi da mangiare, fare la spesa, prendere le medicine, pulire la casa e più dell’11% ha problemi a prendersi cura di se stesso.
Anziani soli e malati. Chi li assisterà? L’allarme è lanciato da dall’Unione europea delle cooperative (Uecoop): “La carestia demografica rischia di mettere in crisi e restringere i tradizionali network familiari che ancora oggi seguono i parenti più anziani sia a livello domiciliare che nelle strutture dedicate – sostiene l’associazione – con un contributo fondamentale che si affianca ai servizi offerti dalle 15mila cooperative sociali attive nel nostro Paese che seguono oltre 7 milioni di persone e dalle 7.800 le case di riposo dove trovano ospitalità oltre 340mila nonni, rappresentando di fatto la spina dorsale del welfare italiano”. Serve quindi un grande piano di investimenti che rafforzi l’attuale sistema.
Ma chi lo farà, chi lo sosterrà, chi avrà il coraggio di mettere in prima fila gli ultimi, chi scriverà la più semplice delle leggi, quella che dicendo “nessuno deve essere lasciato indietro” porrà la questione delle pari opportunità?
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