Il tema del “dibattito politico”, ieri al centro del quotidiano appuntamento, ha spinto alcuni a sollecitare nuovi interventi, magari mirati ad approfondire chi e come usa il dibattito a uso personale e chi e come invece lo usa per arricchire lo spirito critico, traendone le debite conseguenze. Se è intrigante la sollecitazione, complicato è scovare chi sta da una parte e chi dall’altra. “Infatti – come diceva un politico maestro di giornalismo – si mettono a confronto opinioni diverse ma i portatori delle idee fanno poi a gara per farle sembrare farina dello steso sacco: parole, promesse, accuse, mediazioni, compromessi, fatti apporta per arrivare alla fine senza che il confronto abbia sortito gli effetti desiderati”. Ricordando quella indicazione, al termine di una tavola rotonda partecipata e animata da diversi esponenti della politica (tale e quale a quella appena sopra descritta), quando lor signori erano già pronti a sgombrare il tavolo, dissi che mi sembrava inopportuno se ne andassero senza prima mettere in chiaro da che parte stavano… Quattro si offesero e presero l’uscita, uno si fermò per dirmi che non si poteva pretendere che a pochi giorni dal voto si potesse ammettere di “avere in tasca così scarsa voglia di confrontarsi senza nascondersi dietro al dito”. Ieri sera, di fronte ai resoconti dei lavori della Commissione parlamentare che di nuovo mettevano in discussione le regole del green pass (in sostanza dell’obbligatorietà di vaccinarsi), ho avuto la medesima impressione. Vale a dire: quei signori parlamentari non avevano alcuna voglia di confrontarsi e, invece, ne avevano tanta di nascondersi dietro al classico dito.
Era accaduto esattamente questo: in commissione Affari sociali alla Camera, il partito di Matteo Salvini aveva votato a favore degli emendamenti presentati, per introdurre, per esempio, l’esenzione dell’obbligo del green pass ai minorenni, o nei ristoranti al chiuso e per lo sport giovanile. Una mossa decisa per “dare un segnale” agli altri partiti della maggioranza di governo, hanno spiegato fonti leghiste ma che, nel giorno dell’entrata in vigore delle nuove misure sul certificato verde, ha suscitato l’ira del Pd e il “disappunto” di Leu. Tutto questo benché gli emendamenti non siano passati.
Enrico Letta, segretario del Pd è stato il primo ad alzare la voce. “Io –ha detto – stigmatizzo la scelta della Lega che, con i voti in commissione alla Camera contro il green pass, ha deciso di fare una scelta che la pone al di fuori della maggioranza. “Quindi chiedo un chiarimento politico su questo punto, perché la Lega oggi, di fatto, si mette contro e fuori la maggioranza”. Secondo la Lega “è Letta che vive fuori dal mondo”. Per capire o almeno avvicinarsi alla comprensione, serve un ripasso della storia più recente. Eccola: nel Consiglio dei ministri la Lega vota a favore dell’introduzione del green pass; alla Camera, in conversione del decreto, la Lega vota contro il green pass (insieme con FdI ed ex 5 Stelle). Da qui la domanda più logica e anche più angosciante: è così che Salvini sostiene il governo? Secondo il Pd “le maschere durano poco e ieri in commissione Affari sociali la Lega, votando per la soppressione del green pass, ha fatto finalmente cadere la sua”. Così ora è chiaro che il partito di Salvini sta un po’ da tutte le parti: in una piazza coi no green pass e coi no vax, in un’altra con il Governo che obbliga ad accedere a muoversi solo se in tasca si ha il green pass. “Un atteggiamento irresponsabile – dice il PD – soprattutto nel momento in cui il governo e le istituzioni sono impegnati al massimo per raggiungere il più alto tasso di vaccinazione anti Covid”.
Come finirà nessuno lo sa. Infatti, restano sul tavolo gli emendamenti della Lega (erano 900, si sono ridotti a 40 ma su questi non c’è margine di confronto). Ieri sera i lavori della commissione sono stati sospesi e l’ufficio di presidenza ha deliberato un contigentamento di cinque minuti di discussione a gruppo per ogni emendamento. Gli emendamenti pendenti sono circa 170. Se tutto va bene si chiude venerdì con l’intento di portare il decreto in Aula lunedì 6 settembre. Ma sarà proprio così?
Sempre ieri la protesta annunciata contro l’obbligo del green pass per servirsi dei mezzi di trasporto a lunga percorrenza è fallita: pochi dimostranti in piazza e davanti alle stazioni ferroviarie: invece, tante forze dell’ordine a presidiare. “Per ora hanno vinto loro – ha detto un nemico delle vaccinazioni che esibiva una maglietta dedicata alla fascista Marcia su Roma -; ma non finisce qui”.
Ho letto un commento intelligente su chi si vaccina e dice di fare altrettanto perché è il solo modo conosciuto per venirne fuori, su chi non si vaccina ancora e su chi ha costruito attorno alla libera determinazione di non immunizzarsi tutto un sistema di pensiero che non contempla dubbi né compromessi avversando frontalmente ogni tesi favorevole alla vaccinazione. L’autore della nota dopo essersi chiesto quanti siano i cultori di questa dottrina, ha messo in chiaro i dati, resi noti ma purtroppo non sufficientemente pubblicizzati dalla ricerca, intitolata Response Covid, realizzata dall’Università di Milano in collaborazione con Sps Trend. Dicono questi dati che “i contrari si sarebbero ridotti dal 12% di gennaio al 5% attuale. Più che dimezzati, ma anche più determinati e prodighi di controdeduzioni, con siti, guru e giornali di riferimento. Di questa quota la maggior parte (i tre quinti) avrebbe solo timore di esiti negativi sulla salute, con i contrari per principio ormai minoranza della minoranza (il 2% del campione), però estremamente combattivi”. Ed è proprio questo aspetto degli anti-vax a impressionare. “La loro non è infatti solo una scelta personale (discutibile, ma legittima) su cui confrontarsi –si legge nella ricerca – ma ormai ha assunto i contorni della dottrina, con dogmi, eresie e nemici pubblici. Una crescente allergia verso chiunque la pensi diversamente che impone di interrogarsi su un così rapido slittamento verso l’ostilità aperta nei confronti dei vaccini, della scienza, delle istituzioni, di chi sostiene la necessità di sottoporsi alla doppia iniezione per farla finita col virus e le sue stragi”.
Secondo gli autori della ricerca “l’architrave di questo granitico apparato di idee è la rivendicazione della libertà personale contro l’obbligo di fatto che sarebbe imposto da strumenti come il Green pass, ritenuto discriminatorio. Questa forma di imposizione del vaccino sarebbe espressione di un regime nei fatti totalitario in cui la politica si farebbe strumento di potentati economici usando la scienza come schermo ideologico”. Ma, che cosa spinge a questa ribellione contro la campagna di immunizzazione che secondo gli esperti è l’unica via per vincere il virus? Le teorie più ricorrenti sono gli esiti negativi a lungo termine di farmaci sui quali la fase sperimentale sarebbe stata frettolosa e approssimativa, le incognite sulla fertilità, le ricadute manipolatorie sul nostro dna, gli effetti avversi sottostimati se non taciuti, fino a parlare di migliaia di morti dopo il vaccino tenuti nascosti dalle autorità ufficiali dentro tabelle manipolate ad arte. Tutte tesi indimostrabili e dunque non smentibili. Però, la suggestione dei sani trasformati in malati dal vaccino lavora sulle paure irrazionali, che diventano le principali alleate degli anti-vax, gli stessi peraltro che accusano le autorità sanitarie di spargere il terrore per indurre a correre al più vicino hub. Sarebbe invece calata la censura su farmaci miracolosi che guarirebbero la gente a casa, o su terapie efficaci ma non lucrose per l’industria farmaceutica e per questo fatte sparire.
Come sempre, la retorica anti-vax è diffusa e rumorosa: ma col virus costretto alle corde, chi è disposto adesso a prenderla per buona?
LUCIANO COSTA