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Cinquanta giorni di guerra…

Pietà, Ragione, Amore, Solidarietà, Verità, Perdono, Dialogo e Rispetto, le componenti principali ed essenziali della Pace, non ci sono più, non hanno alcun diritto di cittadinanza nella città dell’uomo trasformata in tomba dell’intelligenza, non godono di stima nella steppa russa, non possiedono zolla nelle grandi pianure ucraine. La Russia continua a fare la guerra all’Ucraina… Il folle zar di tutte le (sue) russie fa sapere che non rinuncerà al suo “folle volo”, che vuole l’est asservito, che non farà neppure mezzo passo indietro. L’Occidente invoca pace e contemporaneamente manda aiuti per fare la guerra. E sono già cinquanta i giorni di guerra. Che mondo è quello che con una mano aiuta e con l’altra schiaffeggia? Stanotte una nave russa è stata colpita da qualcosa (forse due missili lanciati dalla difesa ucraina o forse da bombe russe già caricate nella stiva e improvvisamente impazzite) che ha causato danni e provocato un vasto incendio.

E’ la guerra, niente altro che guerra, terreno impazzito e reso arido dall’assenza di pietà-ragione-amore-solidarietà-verità-perdono-dialogo-rispetto, di ogni possibile vie verso la pace. Serve “una tregua pasquale; non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, ma per arrivare alla pace”, ripete il papa; serve “una tregua pasquale che apra alla pace duratura”, scrivono i rappresentanti di diverse comunità religiose russe e ucraine; “è tempo di avere il coraggio di fare la pace”, gridano popoli e nazioni. Se qualcuno è disposto ad ascoltare alzi le mani.

Ecco, tante mani alzate e altrettante abbassate. Significa che c’è posto per l’impegno ma anche per il disimpegno, per la pace e per la guerra, per la condanna dell’invasore e per la sua assoluzione, per l’amicizia e per l’inimicizia, per la ragione e per il torto, per il bene e per l’odio, per il se e per il ma, per il né di qui ma neppure né di là…

Niente di nuovo, purtroppo. Come già scrisse Sigmund Freud nel 1915, quando già soffiavano i venti della prima grande guerra, ecco che riaffiora “l’inestirpabile tendenza a riprodursi degli impulsi primitivi selvaggi e malvagi dell’umanità”.  Scriveva Freud: “La guerra a cui non volevamo credere è scoppiata (…) Essa infrange tutte le barriere riconosciute in tempo di pace e che costituivano quello che si denominava il diritto dei popoli (…) Abbatte quanto trova sulla sua strada con una rabbia cieca e come se dopo di essa non dovesse più esserci avvenire e pace fra gli uomini. Spezza tutti i legami di comunità e minaccia di lasciare dietro di sé un tale rancore da rendere impossibile per molti anni una loro ricostituzione (…). Ma torneremo a ricostruire tutto ciò che la guerra ha distrutto, forse su un fondamento più solido e duraturo”.

Poi, nel 1932, ecco un carteggio tra Freud e Einstein sul tema “perché la guerra?” in cui lo scienziato chiede al medico neurologo e filosofo se vi sia “un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra” essendo ormai risaputo che “col progredire della scienza moderna, rispondere a questa domanda è divenuta una questione di vita o di morte per la civiltà da noi conosciuta”. Freud rispose alla domanda dicendosi “spaventato per la propria e generale incompetenza in proposito”, professandosi “assertore convinto della religione che parla di amore”, proponendo quell’alleanza che promuovendo “l’evoluzione della civiltà” lavori “contro la guerra”.

Se si potesse parafrasare Hegel, si potrebbe dire che si aprono “tre giorni speculativi”: giovedì, venerdì e sabato della Settimana Santa. In questi “tre giorni speculativi” s’intravede, ovviamente se appena lo si vuole, “il senso autentico del sacrificio” e la capacità di fare proprie “le necessità che la storia impone, accogliendole nella propria libertà”.

Tutti desideriamo la pace, ma non tutti siamo disposti a coltivarla per renderla cittadina del mondo.

LUCIANO COSTA

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