Un milione di giovani provenienti da ogni angolo della terra, tutti riuniti in un fazzoletto di mondo chiamato Portogallo, manda a dire che “un mondo diverso è possibile”, che “la pace è possibile”, che è “dovere di ciascuno portare pace a chi non la conosce”, che “è ora di smetterla di fare le guerre”, che “nessuna guerra è giustificata e giustificabile”, che “le ingiustizie si cancellano usando giustizia”, che “non si invade la terra d’altri perché gli altri siamo noi”, che “i governanti, chiunque essi siano, devono servire la pace e non prestarsi mai agli affari che stanno a cuore ai potentati economici…”. Loro, i giovani, dicono-gridano-invocano-cantano-chiedono e illuminano d’immenso ciò che è stato deturpato. Qualcuno li ascolta? Ieri a Lisbona, centro d’incontro dei giovani del mondo, un Papa anziano e acciaccato di nome Francesco, ha spiegato che il futuro dipende certo dalla capacità di inventare, ma anche e soprattutto dal sentirsi tutti, nessuno escluso, pellegrini in cerca di verità da condividere…
Mi ha colpito quel modo di illuminare la figura del “pellegrino” e di spiegare il significato profondo dalla parola. “Pellegrino – ha detto Francesco al mondo universitario portoghese e a chiunque abbia il compito di insegnare – è una parola bella, il cui significato merita di essere meditato. Letteralmente vuol dire lasciare da parte la routine abituale e mettersi in cammino con un’intenzione, muovendosi «attraverso i campi» o «oltre i propri confini», cioè fuori dalla propria zona di comfort verso un orizzonte di senso. Nel termine “pellegrino” vediamo rispecchiata la condizione umana, perché ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno risposta, una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre. È un processo che un universitario comprende bene, perché così nasce la scienza. E così cresce pure la ricerca spirituale. Essere pellegrino è camminare verso una meta o cercando una meta. C’è sempre il pericolo di camminare in un labirinto, dove non c’è meta. E nemmeno uscita. Diffidiamo delle formule prefabbricate — sono labirintiche —, diffidiamo delle risposte che sembrano a portata di mano, di quelle risposte sfilate dalla manica come carte da gioco truccate; diffidiamo di quelle proposte che sembrano dare tutto senza chiedere nulla. Diffidiamo! Questa diffidenza è un’arma per poter andare avanti e non continuare a girare in tondo… Cercare e rischiare: ecco i due verbi del pellegrino…”. Cercare e rischiare di essere considerati illusi, folli, fuori dal tempo, negati al successo assicurato dal possedere… ecco la grande sfida che ciascuno deve assumersi.
Dice papa Francesco che “siamo in cammino verso… chiamati a qualcosa di più, a un decollo senza il quale non c’è volo, invitati a tenere viva la memoria del futuro”. Dice anche che “non siamo malati, ma vivi”, che perciò dobbiamo “cercare e rischiare” anche adesso, “in un frangente storico in cui le sfide sono enormi, i gemiti dolorosi. Stiamo vedendo una terza guerra mondiale a pezzi. Ma abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo. Ci vuole coraggio per pensare questo. Siate dunque protagonisti di una “nuova coreografia” che metta al centro la persona umana, siate coreografi della danza della vita, abbiate il coraggio di sostituire le paure coi sogni, non restate amministratori di paure, ma imprenditori di sogni… Allora, avanti”. Alla maniera dei pellegrini del Cammino di Santiago, che incontrandosi si scambiavano un solo saluto: “Dai, coraggio, vai avanti!”.
In un altro angolo di Portogallo, a Cascais, immediata periferia di Lisbona, un’intera comunità – giovani, anziani, vecchi, genitori, operai, professori, ragazzi, famiglie, ricchi e poveri, credenti e non credenti… – arricchita da diverse nazionalità, ha realizzato una maestosa opera d’arte, un murales tra i più grandi del mondo, a cui papa Francesco mette la sua firma. Poi, commentando e rispondendo alle domande dei giovani, ecco il ricorso alla parabola del Samaritano. Racconta il Papa: “Viene un samaritano, che secondo la mentalità dell’epoca è un po’ spavaldo, negoziante… non puro… e questo si ferma e lo vede e sentì compassione… Vi lascio una domanda: che cosa ti fa sentire compassione? O hai un cuore così asciutto che non riesci a sentire compassione? Che succede? A volte nella vita – conclude il papa – bisogna sporcarsi le mani per non sporcarsi il cuore”.
Lontano dal Portogallo, ma ben dentro lo spirito che lo pervade, ecco l’appello lanciato ieri dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, insieme ai Capi di Stato di Croazia, Grecia, Malta, Portogallo e Slovenia, per sostenere “iniziative di azione congiunta contro la crisi climatica”; ecco l’appello all’Unione Europea, agli altri paesi del Mediterraneo e alla comunità internazionale affinché mantengano questo tema in cima alla loro agenda politica. Dice l’accorato appello: “Come previsto, la crisi climatica è arrivata e ha raggiunto dimensioni esplosive, tanto che si parla ormai di stato di emergenza climatica, che già il Segretario Generale delle Nazioni Unite, alla fine di luglio, ha definito uno stato di ebollizione globale. I suoi effetti sono visibili soprattutto nella nostra regione, il Mediterraneo, che è gravemente colpita e a rischio immediato non soltanto di scarsità di acqua ed elettricità, ma anche di inondazioni, diffuse ondate di calore, incendi e desertificazione. I fenomeni naturali estremi stanno distruggendo l’ecosistema e minacciando la nostra vita quotidiana, il nostro stile di vita… “Non c’è più tempo da perdere, non c’è più tempo per scendere a compromessi per ragioni politiche o economiche. È imperativo agire e prendere iniziative urgenti ed efficaci. Tutti i Paesi del Mediterraneo devono coordinarsi e reagire, impegnarsi in uno sforzo collettivo per arrestare e invertire gli effetti della crisi climatica… È dovere di tutti noi agire in questa direzione e adottare politiche concrete volte a questo sforzo. Sensibilizzare l’opinione pubblica, educare e ispirare in tutti l’etica della responsabilità ambientale. Non solo per il presente, ma anche per il futuro dei nostri figli e delle generazioni che verranno”.
In Portogallo i giovani stretti attorno a Francesco invocano un “mondo nuovo”. Dalle nostre parti un Presidente illuminato dice che questo “mondo nuovo” lo dobbiamo costruire tutti insieme. C’è materiale sufficiente per meditare e decidere, finalmente, da che parte stare.
LUCIANO COSTA