DIARIO PRESIDENZIALE 24/01/2022

Si va a incominciare e la vecchia aula del Parlamento non è quella di sette anni fa, tutta brio e pepe, cioè libera di apparire e muoversi senza dover esibire pass e certificazioni. Eccola quell’aula, bella e solenne come una cattedrale costruita attorno alla torre della Democrazia ma per il momento ancora costretta a difendersi dall’assalto dei virus in circolazione: ingressi contati di volta in volta, distanziamenti obbligatori, assembramenti proibiti, sorrisi strozzati, speranze in bilico, futuro incerto. Così è se vi pare, ma anche se non vi pare. Il rito è appesantito da troppo giorni di chiacchere, tentennamenti, promesse, trattive, bugie, mezze verità e tante, ma proprio tante, chiacchiere. Tutt’attorno c’è lo schieramento dei media: uno, due dieci, cento. Nei media c’è quella che la pubblicistica definisce crema del giornalismo italiano e (forse) internazionale: un’accozzaglia di gente che parla-parla, ripete, sottolinea, esprime opinioni, accusa, polemizza, addolcisce il tempo, osserva chi va e chi viene evitando però accuratamente qualsiasi critica, anche la più sottile e indolore. Dentro l’Aula i grandi elettori si muovono come marionette guidate e comandate dai solerti commessi: lei di qui, lei di là, lei aspetti, stia attenta alla tenda, metta la scheda, restituisca la matita, segua la pista indicata, lasci il posto ad altri… Fa tenerezza quel tale – tal quale al vecchio e dismesso pizzardone romano – che mulinando le braccia indica agli smarriti quale sentiero percorrere. Per capire chi è chiamato a votare, insomma per vederlo in faccia quell’elettore che non si sa per chi voterà, occorre ascoltare il telecronista-radiocronista di turno, oppure aguzzare la vista per leggere il suo nome collocato in pancia (al fondo del teleschermo, insomma). E’ la prima votazione ed è logico che non tutto vada alla perfezione. Però, insomma, faticosamente ma coraggiosamente si arriva, dopo quattro ore, alla fine della chiama e all’avvio della conta. Uno spettacolo di toni e sotto-toni che proclamano la scheda ora bianca, ancora bianca, oppure nulla, ma anche dedicata (a questo o quello, tanto son tutti pari, almeno per il momento). Le schede passano di mano in mano e, dopo l’uso, finiscono in quel cantone da dove usciranno soltanto per andare ad arricchire gli archivi. Poi, finalmente, la proclamazione dei risultati: per gli addetti ai lavori e i pratici di cose politiche (spero la maggioranza degli italiani) nessuno ha ottenuto il quorum necessario; per gli altri – normali pensionati, illustri casalinghe, operai incazzati, disoccupati preoccupati, cassintegrati annoiati, perditempo, bulli da strapazzo, sfitinzie bellone et similia (spero la minoranza degli italiani), il solo fatto che il risultato sia proclamato con nome (scheda) e cognome (bianca) rappresenta la garanzia del nuovo già servito.

Ragion per cui, ecco levarsi il grido liberatorio: Habemus presidente! Si chiama Scheda Bianca… Nome stranissimo, addirittura improbabile. Infatti, non lo abbiamo il presidente, perché di fatto la scheda bianca è un foglio non scritto e non una persona registrata all’anagrafe. Pazienza. Domani ci riproviamo. Con una raccomandazione: votate qualcuno che è lì e non il Pinco Pallino che sta al grande fratello, oppure alla ricerca della grande bellezza, oppure nascosto tra i banchi, oppure un Nessuno che nessuno sa chi sia.

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Ovviamente, c’è dell’altro nella cronaca dei giorni. Per esempio….

MORIRE PER DIO – Sono oltre 360 milioni nel mondo i cristiani (uno su sette) che sperimentano «almeno un livello alto» di persecuzione e discriminazione a motivo dalla loro fede, mentre cresce il fenomeno di «una Chiesa “profuga”», quello cioè di centinaia di migliaia di battezzati che lasciano la propria casa a causa delle persecuzioni. La lancinante drammaticità di una libertà religiosa che quotidianamente è messa sotto attacco in molte regioni del pianeta trova la sua triste conferma nei dati contenuti nella World watch list (Wwl) 2022 pubblicata dall’organizzazione Open Doors. Secondo il rapporto, che ha preso in esame il periodo tra il 1° ottobre 2020 e il 30 settembre 2021, si tratta del più alto livello di persecuzione da quando la Wwl è stata pubblicata per la prima volta, 29 anni fa. Tra i circa cento Paesi monitorati dalla ong aumenta la persecuzione in termini assoluti e salgono da 74 a 76 quelli che mostrano un livello definibile “alto”, “molto alto” o “estremo”. Le uccisioni di cristiani per motivi legati alla fede sono aumentate da 4.761 casi registrati un anno fa a 5.898. Tra i circa 84 milioni di persone forzatamente sfollate nel 2021, sia all’interno del proprio Paese, sia — 26 milioni — oltre i confini, molti, afferma il report, sono cristiani in fuga dalle persecuzioni.

L’OROLOGIO DELLA FINE DEL MONDO – Mentre l’anno passato ha offerto barlumi di speranza che l’umanità potesse invertire la marcia verso la catastrofe globale, il Doomsday Clock – l’orologio virtuale con cui scienziati indicano quanto sia vicina la fine del mondo, ovvero il Giorno del Giudizio, dell’Apocalisse – è stato puntato a soli 100 secondi dalla mezzanotte, cioè la catastrofe. Mai così vicina, fanno notare gli addetti ed esperti di misurazione del tempo probabile e anche improbabile. Il calcolo si basa sulle minacce poste da armi nucleari, cambiamenti climatici, tecnologie dirompenti e covid. Tutti questi fattori sono stati esacerbati secondo gli scienziati da «un’ecosfera corrotta dell’informazione che mina il processo decisionale razionale». Infatti, “nessuno cambia il mondo da solo: non saremo tutti d’accordo, ma dobbiamo lavorare insieme e, forse, insieme ce la faremo”, almeno se Hank Green, scrittore e divulgatore scientifico del New York Times, telecronista della cerimonia che ha chiuso la diretta dell’annuncio, ha qualche ragione. L’ora del Doomsday Clock – che compie 75 anni – è fissata dal Bulletin of the Atomic Scientists’ Science and Security Board con il supporto del Bulletin’s Board of Sponsors, che comprende 11 premi Nobel.
Negli ultimi due anni l’orologio è stato fissato a 100 secondi a mezzanotte, il più vicino alla mezzanotte della sua storia. “La decisione – hanno spiegato – non suggerisce in alcun modo che la situazione della sicurezza internazionale si sia stabilizzata. Al contrario, l’Orologio rimane il più vicino che mai all’Apocalisse che pone fine alla civiltà perché il mondo è bloccato in un momento estremamente pericoloso”. Se interessa, il Bulletin degli scienziati atomici è stato fondato nel 1945 da Albert Einstein, J. Robert Oppenheimer, Eugene Rabinowitch e scienziati dell’Università di Chicago.

Meditiamo, gente! A Roma si spera (in un Presidente che sia Presidente di tutti e al di sopra di ogni trattiva); nel mondo si guarda all’Orologio e se quel coso meccanico ha qualche valenza non c’è da stare allegri.

LUCIANO COSTA

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