Sono trascorsi dieci anni da quel 13 marzo 2013 in cui Jorge Mario Bergoglio, cardinale venuto dall’Argentina, veniva eletto Papa dopo la rinuncia e non la morte del suo predecessore. Si presentò al mondo col nome di Francesco, proprio come il poverello d’Assisi di cui lui sarebbe stato il nuovo testimone e il suo cantore. Veniva dall’altra metà del globo, portava con sé mitezza e coraggio, s’affacciò al balcone della Basilica di San Pietro e chiese ai cristiani e al mondo di accompagnarlo nel difficile compito con la preghiera, la comprensione e l’affetto. Disse anche che l’unica certezza che in quel momento possedeva era quella di essere servitore e amico degli ultimi, dei poveri, dei disperati, dei lontani, di chiunque fosse alla ricerca di speranza e di cieli nuovi da abitare e condividere… Sono passati dieci anni, ma non è ancora il tempo per fare bilanci, perché se è vero che “il tempo è superiore allo spazio”, questo tempo è da spendere senza parsimonia per annunciare il Vangelo a tutte le creature e per costruire strade e ponti sui quali far correre Speranza e Misericordia.
Nessun bilancio, piuttosto uno sguardo ai modi con cui il Pontificato di Francesco ha proceduto e procede. Attenzione alle questioni interne alla Chiesa, ma poi e soprattutto, porte aperte alla dimensione missionaria, alla collaborazione di laiche e laici “anche in ruoli di governo e di responsabilità”, alla condivisione dei beni, all’accoglienza, all’aiuto fraterno e continuo ai poveri e ai sofferenti, alla ricerca continua e appassionata della pace e della concordia. Così il cammino della “sua” Chiesa ha intrapreso le strade dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso e della sinodalità. Dentro questo mirabile e coraggioso cammino risplendono i giorni dedicati alla cura del Creato (ha voluto una Giornata Mondiale di Preghiera interamente dedicata alla Terra Madre), giorni da vivere alla luce di un’Enciclica – la Laudato si’ sulla cura della casa comune, pubblicata nel 2015 – che esortava a un “cambiamento di rotta” affinché l’uomo si assumesse la responsabilità di un impegno per “la cura della casa comune”, via obbligata per favorire lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i poveri e l’accesso equo, per tutti, alle risorse del Pianeta.
Da qui nasce “l’ecumenismo della carità” che a Cuba, nell’incontro tra Francesco e Kirill, il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia (febbraio 2016) viene scritto e racchiuso in una solenne dichiarazione comune, che prevede l’impegno comune dei cristiani per edificare un’umanità più fraterna. “Sei anni dopo – ha scritto appena ieri Isabella Pirro -, quell’impegno risulta tragicamente attuale, dopo lo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, una guerra nel cuore dell’Europa, combattuta da cristiani che condividono lo stesso battesimo”. Frutto di quel “ecumenismo della carità” sono certamente il pellegrinaggio ecumenico di pace in Sud Sudan, compiuto dal Francesco insieme all’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby e al moderatore dell’assemblea generale della Chiesa di Scozia Iain Greenshields, ma anche la firma, nel febbraio 2019, del documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, siglato dal Papa e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib, ad Abu Dhabi, che è una tappa fondamentale dei rapporti tra cristianesimo e Islam, in quanto incoraggia il dialogo interreligioso e condanna inequivocabilmente il terrorismo e la violenza. E per dare sostanza alla sinodalità, Francesco ha attuato un cambiamento importante: la prossima assemblea generale ordinaria, la 16ma, in programma in Vaticano in due momenti, nel 2023 e nel 2024, sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, sarà la tappa conclusiva di un percorso triennale fatto di ascolto, discernimento, consultazione e suddiviso in tre fasi, ovvero diocesana, continentale, universale.
Dieci anni da vivere insieme, ricordando ma soprattutto immaginando azioni e impegni per un futuro che per essere buono, di tutti e per tutti, deve essere avvolto di Pace vera e globale, contrassegnato da Carità, senza confini, arricchito dalla capacità di accogliere, proteggere, promuovere e integrare, disposto a lottare sempre e coraggiosamente per cancellare la “cultura dello scarto” e la “globalizzazione dell’indifferenza” nei confronti del prossimo. Anche in questo fa testo la sua “diplomazia della pace”, che incomincia e si dipana da “un’etica globale di solidarietà”, che si afferma con l’impegno a “costruire ponti” e non a “erigere muri”, che non si ferma davanti agli ostacoli, che di fronte al conflitto “assurdo e crudele” scatenato in Ucraina va a bussare, nel secondo giorno di guerra (25 febbraio 2022), alla porta dell’Ambasciatore della Federazione russa presso la Santa Sede per chiedergli di aprirgli le porte del Cremlino, che con forza e coraggio chiama il presidente ucraino assicurandogli vicinanza e chiedendogli disponibilità per far tacere le armi.
A dare contezza di un decennio di Pontificato, ci sono poi anche i dati statistici: ad oggi, Francesco ha tenuto oltre 430 udienze generali, con 21 cicli di catechesi, e 8 Concistori per la creazione di 111 cardinali; 911 i santi canonizzati (inclusi gli 800 martiri di Otranto) e numerosi gli “Anni speciali” indetti, più di 550 gli Angelus e i Regina Coeli pronunciati e ben 39 le Costituzioni apostoliche firmate. Poi, le encicliche, le esortazioni apostoliche, i Sinodi (due sulla famiglia, nel 2014 e nel 2015; uno per i giovani nel 2018; uno speciale per la regione Panamazzonica nel 2019 e infine quello già annunciato per il 2023-2024, i Giubilei (quello straordinario sulla misericordia del 2016 e quello annunciato per il 2025, che avrà per tema “Pellegrini di speranza”).
Sono passati dieci anni, ma sembra appena ieri quando ci si interrogava sul prete che veniva dall’altra metàm dell’emisfero pronto a servire ma anche a sconvolgere. E la storia continua…
LUCIANO COSTA