Che cosa è più importante: i contagi in aumento, i quattro regioni in giallo, la preoccupazione per le imminenti festività, le chiacchiere inutili attorno al futuro Presidente della Repubblica, gli appelli accorati (ma anche bugiardi) al premier Mario Draghi perché rimanga a capo del Consiglio dei Ministri fino alla scadenza naturale della legislazione, le nubi di guerra su mezza Africa, le parole concilianti della Russia sulla questione ucraina, i tifoni che seminano morte e distruzioni nel su d del mondo, la fine della latitanza di un vecchio brigante sardo… o la morte di due bambini coinvolti nel rogo che ha distrutto la baracca in cui vivevano nel campo Rom di Stornara, in provincia di Foggia, residenza fissa e precaria di oltre mille zingari di nazionalità bulgara? Personalmente non ho dubbi: la morte dei due bambini di due e quattro anni colpevoli di essere nati nel posto sbagliato e sotto una cattiva stella. Però, io mi porto addosso l’etichetta di “amico degli zingari” (guadagnata tanti anni fa quando, tramite la televisione che dirigevo, chiesi all’allora Questore comprensione per i deboli e non irruzione nel campo dei Rom assiepati sulla sponda del Mella), e probabilmente non faccio testo. Ma voi, quale credete sia la notizia più importante di questo sabato?
Leggo in una nota ufficiale che “i campi, autorizzati o abusivi, che in Italia accolgono i Rom provenienti prevalentemente dall’est europeo non rappresentano condizioni di vita sicure e dignitose, ma per queste persone rimangono la soluzione abitativa prevalente in cui trovare accoglienza”. Leggo e poi trovo la notizia del rogo in cui sono morti due bambini innocenti. Che senso ha mettere in chiaro il rischio e non fare niente per eliminarlo e per impedire che si tramuti in tragedia? Dice la cronaca che i due piccoli erano ancora a letto e che non sono ancora chiare le cause dell’incendio, anche se l’ipotesi è che il rogo sia stato innestato da un braciere a legna ricavato nei bidoni usati per conservare l’olio, oppure da una stufa improvvisata.
Quello di Stornara, che in molti definiscono un vero e proprio ghetto, è uno dei più grandi insediamenti abitativi dei Rom, prevalentemente bulgari. Non è autorizzato, le persone vivono in baracche, senza servizi igienici, con scarsa disponibilità di acqua e di energia elettrica. “In questo campo come in tutti i ghetti in provincia di Foggia – ha raccontato Anelia, una volontaria – ci sono condizioni di vita molto brutte. Le persone vivono in baracche fatte di amianto o di altri materiali trovati casualmente per strada. Dicono che c’è corrente, ma non tutte le baracche ce l’hanno e se ce l’hanno va a momenti; l’acqua è scarsa, ci sono rifiuti fuori e dentro le baracche. D’estate il numero delle persone aumenta perché arrivano qua per i lavori stagionali, d’inverno molti di loro tornano in Bulgaria, ma ci sono anche molti che vivono nel campo tutto l’anno”. La maggior parte dei Rom lavora nell’agricoltura, la maggioranza senza contratto regolare.
Vi risparmio le dichiarazioni dei politici e degli amministratori locali, che giudico penose e, soprattutto, fuori tempo. Riassunte alla bell e meglio dicono “sono vicino alla tragedia che ha colpito la comunità di Foggia…, non possiamo che richiamare l’attenzione sulla sicurezza, affinché un evento drammatico come questo non debba mai più ripetersi”; “è intollerabile e disumano”; “è il momento che le parole lascino spazio ai fatti nella speranza che simili tragedie non abbiano a ripetersi”. Se vi interessa, la prima dichiarazione è di un sottosegretario del Governo, la seconda di un assessore della Regione Puglia, la terza del Sindaco del paese colpito dalla tragedia. “Nel campo di Stornara noi facciamo assistenza sanitaria – ha spiegato Anelia – portiamo il medico, distribuiamo medicine e vestiti, quando è possibile, ogni tanto portiamo libri, quaderni e penne per i bambini, parliamo, cantiamo con loro, ma questo non è sufficiente: i bambini rimangono là e sono isolati”.
Pochi giorni prima di questa tragedia, centinaia di persone libere e preoccupate delle condizioni in cui vivono troppi disperati, intellettuali che rifiutano ogni discriminazione, laici impegnati a testimoniare le buone cose che si possono fare, volontari di ogni estrazione religiosa e politica, uomini e donne che vorrebbero più giustizia sociale, hanno diffuso un appello “sotto il quale vorremmo raccogliere molte firme per dire basta alla vergogna contro Rom, Sinti e Caminanti e liberare le città da pregiudizi ed eterne persecuzioni e soprattutto dall’abisso di un nuovo apartheid”. Nell’appello si legge inoltre che “la Costituzione, le leggi, vietano il razzismo, perciò ci indigniamo giustamente per i rigurgiti di antisemitismo, o quando il diritto di asilo viene ignorato. Ma chi si indigna, nei media, tra gli intellettuali, nella politica, se si pratica un ferreo apartheid nei confronti di Rom, Sinti e Caminanti? E quante calunnie, quanti pregiudizi, azioni discriminatorie, sottrazioni di bambini alle loro famiglie saranno necessari perché ci si renda conto che nel nostro Paese c’è una minoranza sistematicamente discriminata e perseguitata? Che per andare a scuola i bambini faticano il doppio degli altri? Ma chi li vede come scolari? Chi li ascolta? E chi sa quanti bambini rom e sinti che pure sono inseriti a scuola e vogliono frequentare si trovano senza libri e materiale scolastico perché i genitori spesso non hanno neanche i soldi per garantire il mangiare?”.
L’invito a meditare, a fare, a mettere rimedio alle storture, a costruire spazi dignitosi in cui far abitare i meno fortunati, a impedire che altri bambini muoiano è palese…
LUCIANO COSTA