E’ già tempo di ricominciare

Passato il Ferragosto, bene o maluccio poco importa. Adesso è tempo di riprendere e di pensare al domani, che la strada da fare è ancora tanta se si vuole uscire dalla pandemia. A questo si aggiunge quel succede nel mondo, che è talmente drammatico da mettere tutto il resto in secondo piano. L’attenzione oggi è rivolta a due fatti che inquietano: la morte dell’Afghanistan (la nazione conquistata dai talebani cambia nome, diventa un emirato, e torna sotto l’oppressione imposta da una legge assurda e inaccettabile) imposta da terroristi assetati di vendetta; il terremoto che di nuovo ha sconvolto e seminato lutti ad Haiti.

In Afghanistan, dopo 20 anni di presenza sul terreno delle truppe internazionali, ai talebani sono dunque bastati pochi giorni per tornare a quel potere che hanno avuto in mano sino al 2001, costretti a lasciarlo per non aver voluto collaborare con gli Usa nella cattura di Osama Bin Laden. L’ingresso dei leader del movimento fondamentalista nel palazzo presidenziale e la fuga del capo dello Stato, Ashraf Ghani, hanno sancito un passaggio di consegne per ora avvenuto in modo incruento, ma il timore che vengano saldati alcuni conti in sospeso è forte. La comunità internazionale è avvertita e sono in corso a tutti i livelli riunioni d’urgenza per impostare i rapporti diplomatici con il nuovo Afghanistan, se questo sarà possibile. Le notizie che giungono dall’Afghanistan non lasciano però spazio alla speranza. La dirigente di un’organizzazione non governativa denuncia violenze su donne e bambine. “Per loro – ha scritto – il futuro è già finito; per loro incomincia un calvario terribile, con le donne schiavizzate e le bambine date in regalo ai combattenti”.

Ad Haiti sale vertiginosamente e drammaticamente il numero delle vittime. Oggi si parla di 1500 morti, di 50.000 feriti e di un imprecisato numero di dispersi: cifre spaventose purtroppo già vicine a quelle registrate nel terremoto di undici anni fa. Haiti chiede aiuto. Per primo papa Francesco ha chiesto solidarietà e impegno a tutti i livelli per “lenire le conseguenze di questa tragedia”. Caritas Internationalis ha stanziato un fondo di 50mila euro, cui è possibile partecipare accedendo all’indirizzo www.caritas.org/donate-now/haiti-earthquake-2021/ : servono cibo, acqua, tende, kit igienici e di primo soccorso. La situazione ad Haiti è caotica e la portata del disastro non è ancora definita.

Poi c’è l’Italia che fa i conti con ciò che resta delle vacanze e con quel che deva riaffrontare nell’immediato. “Innanzitutto – ha detto ieri il Presidente del Consiglio – ci sono gli italiani presenti in Afghanistan da riportare a casa, poi deve emergere la solidarietà con il popolo di Haiti. Infine i problemi interni, che sono ancora tanti….”. Nell’agenda della ripresa sono scritti e si chiamano: lavoro, giustizia, trasporti, “regia” del Recovery plan e, naturalmente, fisco e concorrenza. Un Consiglio dei ministri potrebbe tenersi a fine agosto – si ipotizza il 26 o il 27 – e avere all’ordine del giorno un decreto “Infrastrutture e trasporti”, mentre due Dpcm dovrebbero completare, con la nomina della segreteria tecnica in carica fino al 2026, la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Poi alla riapertura delle Camere, a settembre, partirà la volata per approvare le riforme del processo penale e civile e per convertire i tanti decreti (ce ne sono già due: Green pass e crisi d’impresa).

Il premier Mario Draghi, nel salutare i ministri prima della pausa, aveva chiesto loro di tornare ancora più determinati. Adesso, incassato l’anticipo da 24,9 miliardi, sarà il caso di muoversi per ottenere la prima rata di fondi nel 2022: 51 miliardi entro l’anno. Va subito attivato pure il tavolo permanente che terrà il filo diretto con parti sociali, enti locali e società civile. Lo scoglio che incombe sopra tutti, però, riguarda le riforme del Fisco e della concorrenza che, dopo il rinvio a luglio, Draghi dovrà portare in Cdm. Due interventi da incrociare con la riforma degli ammortizzatori sociali e (a ottobre) la prima manovra 2022 con cui potrebbe iniziare anche la revisione del reddito di cittadinanza. Tutti passaggi ad alto rischio di conflittualità politica. La manovra dovrà anche dare seguito all’impegno di prorogare fino al 2023 il Superbonus al 110% per le ristrutturazioni “verdi”. Al solito, le proposte in campo dei partiti prefigurano interventi da almeno 15-20 miliardi, ma sul piatto al momento ce ne sono solo 4-5 già a bilancio e pochi margini per agire in deficit, visto il maxi-debito da 140 miliardi già accumulato in un anno e mezzo di emergenza Covid.

Su come superare la fine di “Quota 100” per le pensioni, le idee sono ancora vaghe e la sensazione è che, alla fine, si procederà solo con qualche ritocco minimo. Anche perché il grosso delle risorse dovranno andare ai nuovi ammortizzatori, innanzitutto alla riforma della cassa integrazione, che punta a dare a tutti i lavoratori una copertura nei momenti di difficoltà dell’impresa o nei passaggi da un impiego all’altro. Anche per il fisco c’è una mini-dote da soli 2-3 miliardi, destinati all’assegno unico per i figli, che andrà a regime dal 2022. Per abbassare le tasse in modo percepibile, a partire dai redditi tra 28mila e 55mila euro, però ne servirebbero almeno 10. E visto che i fondi sono pochi c’è chi spinge per usarli su professionisti e aziende individuali.

L. C.

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