Matteo Renzi e Pierluigi Castagnetti: uno la gloria l’ha conquistata rottamando un vecchio e arrugginito partito ideologicamente fissato a sinistra-sinistra, governando con l’euforia che arride solo ai conquistatori e poi sciupando il sciupabile avventurandosi in sfide colossali, quindi avversate, rimanendovi vittima predestinata; l’altro, di tutt’altra scuola, pur navigando nelle nuove tipologie di centro-sinistra vieppiù allargate, è rimasto sostanzialmente democristiano seppure integrato tra ulivo e margherita. Renzi è diventato “terzo polo”, Castagnetti è rimasto “pd”. Tutti e due si confermano “cattolici in politica”, cioè cattolici imprestati alla politica, il che, in tempi di magra partecipazione dei cattolici alla storia politica del Paese, resta un buon segno di testimonianza. Renzi e Castagnetti, differenti ma sodali: uno pronto a bacchettare quei quattro politicanti con poca arte e dubbia parte che stanno al Governo; l’altro pronto a parlare dei cattolici disposti a fare politica, per i quali ci sarebbe posto nel nuovo Partito Democratico modello Eddy Schlein.
MATTEO RENZI, intervistato da Eugenio Fatigante sulla tragedia di Cutro, sul ruolo del ministro Piantedosi e sulle assenze e silenzi della premier Meloni e del suo ministro Salvini, l’ex premier-ex segretario PD-attuale leader di IV, ha risposto usando i toni del perfetto “villan fiorentino”, quello che le parole preferisce lasciarle andare a briglia sciolta. Dice: “Piantedosi non ha spiegato un punto fondamentale: se la Guardia di Finanza esce e poi rientra perché il mare è pericoloso, perché in quel preciso momento le autorità non danno ordine alla Guardia Costiera di uscire per salvare i migranti?”, Aggiunge: “L’identità italiana ci impone di salvare le persone, ma questo non è accaduto. E poi, come si può dire che i genitori non devono mettere i propri figli su una barca? In Afghanistan una mamma non dovrebbe cercare di dare un futuro alla figlia a cui, anche per colpa dell’Occidente, sono state negate istruzione e libertà?”. E su Meloni e Salvini non ha dubbi: “Potevano stare in aula anziché rincorrere la passerella mediatica del Consiglio dei Ministri a Cutro: loro sono i responsabili delle istituzioni, che stiano nei palazzi delle istituzioni…”. Poi, argomentando sulle distanze e sui distinguo che caratterizzano l’essere e il divenire di Fratelli d’Italia e Leghisti, conferma quel che in tanti sostengono, e cioè che “la Meloni scopre sempre di più che fra il blocco navale e il fare c’è di mezzo la realtà del governare”. Sui reinsediamenti e sui corridoi umanitari finanziati dall’Unione Europea e vantati come conquista dagli attuali governanti, Renzi chiarisce che “è dal 2015 che il tema migratorio è diventato un tema europeo” e ribadisce che “la promessa di stanziare mezzo miliardo di euro, al momento è teorica, ma comunque insufficiente. La Meloni però – aggiunge con una punta di irriverente ma ragionevole malizia – dovrebbe convincere i suoi compagni di partito europeo, che dalla Polonia all’Ungheria sono in prima linea contro l’interesse italiano ed europeo alla redistribuzione… Perché, nel frattempo la gente muore in mare. Detto questo, il vero tema è una riflessione culturale su quale immigrazione gestire. Le aziende chiedono 200mila migranti, le università attraggono cervelli da tutto il mondo. La nostra storica battaglia sullo Ius culturae, per cui chi studia in Italia è italiano, è oggi da rilanciare con ancora più determinazione”.
L’altro grande tema resta la guerra in Ucraina: che fare? è giusto mandare armi? come si esce? Renzi ammette che tra i cattolici, come sempre del resto, sussistono opinioni diverse. Dice: “Quando ci fu l’intervento militare in Serbia ricordo le accese discussioni in parrocchia e nell’ambito dei miei fratelli scout. Da un anno dico sempre la stessa cosa: l’Ucraina va aiutata anche militarmente a difendersi. Perché se non l’aiutiamo non è che non c’è più la guerra: non c’è più l’Ucraina. Dall’altro lato dico dal febbraio 2022 che l’Europa deve svolgere anche un ruolo diplomatico che in questa fase non ha giocato: siamo i veri sconfitti sullo scacchiere geo-politico. Ma è anche vero che non ci sono alternative al difendere Kiev dall’arrogante campagna russa. Dopo un anno di conflitto, si aprono scenari prima impensabili: quando finirà la guerra avremo un mondo diverso e sarà doveroso e difficile aprire un dibattito su questo, dall’ingresso dell’Ucraina in Ue al ruolo della Cina con Taiwan”.
Poi, l’Italia delle donne importanti ma non ancora nei posti che contano, delle donne che immaginano una di loro alla Presidenza della Repubblica, delle donne che potrebbero prendersi la direzione dell’anche suo “terzo polo”… Renzi è tagliente. Dice: “Sì, sono orgoglioso di aver formato il primo (e per adesso ultimo) governo in cui la metà dei ministri erano donne. Una donna alla Presidenza della Repubblica oppure leader del Terzo polo? Le leadership non si impongono e se ci sarà una donna che scalerà il Quirinale e il partito unico che verrà, lo farà con le sue capacità come hanno fatto Meloni e Schlein…”.
Anche l’Italia dell’inchiesta giudiziaria sul Covid… Renzi si proclama “garantista” e perciò sicuro che “ogni cittadino è innocente fino a sentenza passata in giudicato. Penso però sia necessaria, così come chiedemmo all’inizio della pandemia, di una commissione d’inchiesta. Troppe cose non hanno funzionato: dai militari russi a Bergamo, agli acquisiti di mascherine non funzionanti e respiratori cinesi. Serve chiarezza. Lo si deve al Paese. Chi ha paura della verità?”. In aggiunta quel pezzo d’Italia che al PD di Elly Schlein chiede chiarezza e rinnovamento sostanziale. “All’inizio – ha detto Renzi ai cronisti – ero convinto vincesse Bonaccini. Col passare della campagna era evidente che Schlein stesse crescendo. Adesso il Pd è un partito di “sinistra-sinistra” che merita il nostro rispetto, ma è molto lontano dalle nostre battaglie. Alla fine meglio così: distinti e distanti, smetteremo di becchettarci ogni giorno. Ormai siamo due realtà totalmente diverse: loro fanno il Pd massimalista, noi facciamo i riformisti. Quanto alla nuova segretaria ricordo che fu il mio Pd a candidare al Parlamento Europeo Elly Schlein grazie alla “rottamazione”. Oggi come allora ne apprezzo la freschezza e la determinazione: sui contenuti però ci divide molto, moltissimo. E soprattutto ci divide l’idea di società. Niente di personale: siamo semplicemente due realtà ontologicamente e profondamente diverse”.
Infine, quel mondo cattolico, che è sua matrice ma del quale non sembra compreso. Renzi sottolinea di essere ancora orgoglioso di quel che ha fatto. Aggiunge anche di essere “oltremodo orgoglioso “di aver perso il consenso, ma non la dignità; di aver salvato vite in mare, di aver varato la riforma del Terzo settore e la legge sul “dopo di noi”; di aver fatto nascere l’idea dell’assegno unico per i figli, che oggi è legge dello Stato. Tutto frutto della cultura popolare e cattolica. E sarà proprio questa cultura ricca di valori e di vera politica di servizio, a fare la differenza”.
PIERLUIGI CASTEGNETTI, intervistato da “Avvenire” dice che “Sbaglia chi dice che con l’elezione di Elly Schlein nel Pd non c’è più posto per i cattolici. Noi siamo un partito democratico, plurale. Anzi. Siamo l’ultimo partito sulla scena. E un Pd senza i cattolici non sarebbe più il Pd. Ma Schlein non ha alcuna intenzione, come non l’aveva Bonaccini, di creare l’ennesimo partito del capo”. Pierluigi Castagnetti non cambia casacca. Adesso non ha ruoli nel Pd, e tantomeno aspira ad averne, ma da presidente dell’associazione “I popolari” si considera in qualche modo “custode” dell’intesa che portò alla nascita del Pd. Rivendica diritto di cittadinanza anche sui temi sensibili. Ma questa diventa, ora, anche una sfida. Eloquenti son le domande e le risposte che seguono.
Nel vostro ultimo documento parlate di «auspicio».
La maggior parte di noi ha votato Bonaccini, anche io, ma è stata legittimamente eletta Schlein ed è lei la segretaria di tutti. Avevamo lanciato un allarme per il rischio di cambiare la Carta dei valori del Pd senza legittimazione. Ma nessuno si è spinto a tanto.
Renzi dice che si è fatta chiarezza finalmente, ora voi sareste la sinistra-sinistra e lui getta le reti al centro.
Noi invece restiamo convinti che la nostra identità sia di centro-sinistra, poi in politica, nei partiti democratici, si vince e si perde. Il Pd ha avuto sette segretari, tre erano credenti e praticanti e quattro no. Ma anche quando siamo stati in minoranza c’è stato sempre rispetto e i parlamentari hanno potuto votare secondo coscienza.
Ma si dice che siete sempre meno visibili e più marginali.
A guardare le ultime Regionali non si direbbe. A Brescia Emilio Del Bono ha riportato ben 36 mila preferenze, altrettanto a Bergamo il più votato è stato Davide Casati, e anche nel Lazio i cattolici, grazie alle preferenze, sono risultati fra i più votati. Senza di loro, senza un’alleanza dei riformisti, non sarà possibile un’alternativa alla destra. Vale per il Pd, ma anche per Renzi. Con lui e con il Terzo polo il dialogo va proseguito, nell’interesse di tutti.
Ora, voi popolari sarete una corrente nel Pd?
La nostra non è una “minoranza etnica”, ma una cultura che ha contribuito in modo decisivo a fare l’Italia e l’Europa. Dobbiamo ora essere bravi a fare valere le nostre ragioni. Abbiamo sfide come la guerra, l’energia, l’ambiente e abbiamo un modello antropologico che il Papa ci offre. Senza la fraternità di cui parla non è possibile affrontare temi enormi come l’immigrazione.
Come giudica la scelta di riunire il governo a Cutro?
L’esatto contrario di una politica che dà risposte all’«umano che c’è nell’uomo», come dice Vassilij Grossman. Una politica che mette al centro la fraternità non può mettere in secondo piano il dovere di salvare vite umane rispetto alla sicurezza. Non può privilegiare le ragioni della propaganda convocando una riunione del governo mentre a Bruxelles c’è il Consiglio europeo dei ministri dell’Interno, al quale – dopo aver chiesto solidarietà alla Ue – abbiamo mandato a rappresentarci le seconde linee. Piantedosi, avendo a cuore le sorti del nostro Paese, non sarebbe mai dovuto mancare a un incontro su questi temi in un momento del genere.
Due interviste diverse eppure simili. In fondo, Renzi e Castagnetti sono parte di quello sparuto gruppo che ancora cerca le ragioni della politica…
LUCIANO COSTA