Quella che segue è una delle tante storie che onorano Brescia e i bresciani. Incomincia dalla Franciacorta, zona di Torbiato di Adro, prosegue a Corte Franca, si sposta ovunque vi sia qualcuno che chiede mani e braccia capaci di costruire case, cascine, capannoni, chiese, uffici, stalle, ospedali, di ristrutturare quel che il tempo ha sciupato e di accomodare mura e stanze secondo i gusti dei proprietari. Tutto è incominciato quarant’anni fa, un giorno di novembre, quando la carta bollata raccoglieva le firme necessarie per consentire la nascita di Ediltre, sintesi perfetta dell’amicizia che legava tre giovanotti franciacortini – Renato Frusca, Francesco Ninco e Severino Lancini, che insieme sommavano meno di novant’anni -, ognuno portatore di ambizioni e di speranze, tutti e tre parte di un generico mondo, che però in sé racchiudeva una nobile professione, quella del muratore.
Renato e Francesco erano nati a Torbiato di Adro; Severino, invece, veniva da Palazzolo sull’Oglio, frazione di San Pancrazio. Renato lavorava in cascina, al fianco del papà coltivatore diretto, con stalla e campi da accudire; Francesco faceva il muratore ed era considerato uno dei migliori sulla piazza; Severino, muratore anche lui, era dipendente dell’Ospedale di Chiari e si occupava di manutenzioni ordinarie. In comune i tre avevano le frequentazioni del bar in piazza, le gite appena al di là del confine (dove le ragazze, come l’erba oltre la siepe, si diceva fossero migliori di quelle nostrane) e il sogno di mettersi in proprio, cioè di diventare titolari di un’impresa edile in grado di competere con quelle esistenti sul territorio. Tra sogni e attesa che si concretizzassero, i tre trovarono anche il tempo di fare famiglia: Renato sposò Mariliana, Francesco maritò Miriem e Severino giurò eterno amore a Cornelia.
Poi, il 17 novembre di quarant’anni fa, proprio come oggi, la corsa dal notaio per sottoscrivere l’atto di nascita della Ediltre, la loro società, coronamento del sogno cullato per strada, da quel momento tavolo sul quale giocare la partita della vita. Dopo l’atto ufficiale, al quale il notaio incaricato di redigere il fondamentale documento aveva fatto seguire un convinto augurio di buona fortuna, i tre salutarono l’evento pasteggiando con pane accompagnato da salame e bevendo il vino della casa paterna.
Erano felici, ma anche tanto preoccupati. «Il lavoro c’è – diceva il più loquace –, la voglia di stupire il mondo non manca, il successo lo dobbiamo conquistare…». Un anno dopo, tirando la classica riga usata per sottolineare un bilancio tutto sommato buono, con parecchia carne al fuoco e qualche spicciolo da mettere in parte per far fronte ad eventuali imprevisti – quei classici «non si sa mai» che solo i lavoratori abituati a contare unicamente sul valore personale delle fatiche consumate sanno mettere in evidenza –, al posto del rosso di casa bevvero «champenoise» di Franciacorta (allora si chiamava così quel nettare tutto bollicine e profumi destinato a sconvolgere il mercato del bere bene). L’avevano meritato ed era giusto così.
Alla fine del quinto anno, coi bilanci uno dopo l’altro positivi, la frugal cena divenne un banchetto allargato a pochi amici veri e a tanti collaboratori. Al decimo anno i tre immaginarono una felice scampagnata, che non avendola neppure prevista, non andò in scena. Invece, fu reale, bella e straordinariamente sentita la festa, che ai buoni risultati raggiunti aggiungeva l’inaugurazione della nuova sede, costruita a Corte Franca, a un tiro di schioppo da dove tutto era incominciato, cioè da Torbiato e Adro. Ed era una sede funzionale, ampia, accogliente, con spazi davvero notevoli riservati al magazzino, alle attrezzature e ai mezzi mobili in uso nei cantieri. Perché il giorno rimanesse tra quelli da ricordare, seguì un pranzo conviviale nel più conviviale e amico ristorante della zona: un trionfo di gusto e di simpatia, di auguri e di brindisi, di ricordi e di promesse di buon futuro per tutti.
Quindi, vista la progressiva positività dei bilanci, allo scoccare del ventesimo anniversario – anno 2000, nuovo secolo, nuove responsabilità, nuovissimi problemi e pari impegni –, la festa sposò l’allegria di un banchetto in grande stile sebbene sobrio e riservato agli amici, ai collaboratori, ai dipendenti e alle rispettive famiglie. Quando gli anni da celebrare diventarono trenta, anno 2010, Ediltre mise il suo lavoro, i suoi successi e le sue aspirazioni in una serie di pagine patinate e ben colorate, che raccontando l’evento dicevano come la sfida iniziata nel 1980, oltre che essere vinta e diventata una bella realtà, continuava con il medesimo entusiasmo, con gli stessi tre amici che l’avevano pensata e onorata e, in più, con tanta voglia di non smettere di stupire. E perché tutti sapessero, quando gli anni da festeggiare diventarono trentacinque, al fianco di quelle belle pagine colorate e patinate si aprì una finestra web in cui il posto principale non erano le parole, bensì le fotografie delle tante opere realizzate. Adesso che gli anni da festeggiare sono diventati quaranta, è tempo di ricordi, di bilanci e di memorie tutti così belli da far dire a chi ha fatto da spettatore che la storia vissuta dai tre amici “è stata davvero importante”.
Era incominciata, quella storia, con lavori di manutenzione alla Clinica Sant’Anna di Brescia, proseguita con lavori all’Ospedale di Chiari, a Coccaglio, Brescia, naturalmente a Adro e poi ovunque le loro proposte di lavoro venivano considerate buone, convenienti e, quindi, accettabili. La prima sede di Ediltre trovò spazio in una baracca collocata in un campo alla periferia di Torbiato. “Il successo – spiega adesso Renato Frusca, coordinatore e voce dei tre soci – lo abbiamo costruito proprio nei quindici metri quadrati della baracca condensando idee e lavoro, dividendoci i compiti e cercando sempre di fare al meglio il lavoro che ci veniva richiesto”. Seguirono anni di intensissimo lavoro, di nuove acquisizioni, di ampliamento dell’offerta, “però – ci tengono a sottolineare i tre amici – senza fare passi più lunghi della gamba, facendo affidamento sulle reali possibilità”.
Da allora sono cambiate tante cose, ma non è mutato lo spirito iniziale. Infatti, i tre amici continuano a essere “Ediltre”, uniti nel fare e nel promuovere, unanimi nell’approvare impegni e bilanci, contenti di esserci e di essere coadiuvati nel lavoro da figli e figlie (Umberto, Giovanna e Paola del ramo Frusca; Michele e Vania del ramo Ninco; Cristina del ramo Lancini) cresciuti all’ombra della società e ai quali sarà affidato il compito di guidare l’impresa, che già dispone di una forza lavoro vicina alle cinquanta unità.
L’ultimo bilancio, il quarantesimo di una serie tutta positiva, è stato chiuso e approvato con un utile netto di Euro 343.000 a fronte di un fatturato di Euro 8.606.000, con tasse pagate per un importo di Euro 130.000 e un capitale immobiliare a reddito, formato da diversi capannoni industriali di pregio, dalla sede e da alcuni terreni per un valore di circa 5 milioni di euro. Proprio per rendere agevole l’approccio al futuro, nel corso dello scorso anno la società ha intrapreso un percorso di riorganizzazione aziendale finalizzata al passaggio generazionale e alla gestione della società in un’ottica manageriale.
Per festeggiare il quarantesimo di fondazione, vista l’impossibilità di riunire le forze per una festa almeno degna del traguardo raggiunto, Ediltre ha deciso di racchiudere in un volume la storia della società, le storie dei suoi tre promotori e di coloro ai quali è affidato il futuro, le immagini delle principali realizzazioni, la consistenza della sua forza lavoro e i volti di coloro che lavorano nell’impresa. Se sarà il caso, ne riparleremo. Per adesso, basta un augurio sincero di buon futuro.
LUCIANO COSTA