Eppure qualcuno cerca la guerra…

Anche i grandi leader mondiali – alcuni, non tutti -, di fronte alla crisi che da mesi obbliga l’Ucraina (nazione indipendente, libera, con tanta voglia di Europa e la segreta speranza di far parte della Nato) a misurarsi con la Russia di Putin, chinano il capo e parlano apertamente di un rischio che al solo nominarlo diventa incubo. Ammettono cioè che è preoccupante sentire parole che paventano un’altra “guerra mondiale”. Così, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha esortato i cittadini americani a lasciare subito l’Ucraina perché «le cose potrebbero impazzire velocemente». Infatti, ha aggiunto, potrebbe essere una guerra mondiale se e quando gli americani e la Russia cominciassero a spararsi addosso”.

Ieri pomeriggio, tra un cartone, spezzoni di olimpiade e notizie spicciole intrufolate tra le pieghe del giorno da notiziari e da ricorsi al televideo, il nipote mi ha chiesto: “Perché quelli lì – così ha detto e così riferisco – vogliono fare la guerra?”. Ho dovuto rispondergli di non saperlo e aggiungere, mediando e misurando le parole, che forse si trattava di incomprensioni risolvibili usando, se mai l’avessero, il buon senso. “Ma se sparano cannonante – mi ha ribadito il piccolo – come fanno a capirsi?”. Appunto, ho risposto “non si capiscono e non capendosi fanno la guerra”.

Mi sentivo in colpa. Le mie, infatti, erano risposte parziali. Avrei invece dovuto spiegare al ragazzo, che mi chiedeva lumi e conoscenza, l’orrore della guerra alla maniera con cui il vecchio combattente, reduce da una guerra subita, l’aveva spiegato a me: “Uno contro l’altro – mi disse – come fantocci messi lì a sparare senza neppure sapere a chi e perché. No, non è umana la guerra, non è intelligente spararsi, non è ammissibile che alle parole si sostituiscano le pallottole e le bombe. La guerra è solo orrore, morte, devastazione, dimostrazione di stupidità, incapacità a usare la ragione al posto dei muscoli… E’ la somma continua di morti ammazzati, di lagrime imposte, di macerie accatastate, di brandelli umani sparsi su prati che meriterebbero invece di ricevere fiori e sementi adatte per far crescere frumento e grano.”. Quel reduce è morto lasciando un diario di guerra scritto a mano e preservato con cura all’usura del tempo (è intitolato “la guerra è una pazzia”), che se letto e meditato impedirebbe a chicchessia di pensare alla guerra come rimedio…

Fa paura e ho paura a sentir parlare di “guerra mondiale”. Come tanti, non tutti purtroppo, dico che “la guerra è contraria alla ragione, che è una follia, “perché – come sostiene Francesco, papa amato e coraggioso “è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche… La guerra è una terribile pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare”. La guerra stravolge tutto, la guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: che senso ha volersi sviluppare mediante la distruzione? A Redipuglia, all’ingresso del grande sacrario che ricorda gli orrori della guerra, fa impressione leggere quel che per molti (purtroppo non per tutti) è il motto beffardo di ogni guerra: “A me che importa?”.

In quel cimitero immenso riposa anche mio nonno Francesco, morto al fronte durante la Prima Grande Guerra. Ed è penando a lui che ogni volta mi chiedo come sia possibile, ancora adesso, accettare quella affermazione e non il suo opposto – “mi interessa” – come risposta. È possibile, mi ha spiegato uno sconosciuto incontrato un giorno tra le file di tombe, “perché dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi…”. Nell’enciclica Pacem in terris, che papa Giovanni XXIII scrisse nel 1963 quando già vedeva avvicinarsi il suo ultimo giorno, si legge: “Gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile. Giacché le armi ci sono; e se è difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico”. L’altro eri Sergio Centofanti ha scritto: “Nella storia abbiamo visto tante scintille trasformarsi in incendi devastanti. Oggi fa paura solo il fatto che si parli di guerra mondiale. Nella guerra in Bosnia ed Erzegovina degli anni ’90 del secolo scorso, molti sopravvissuti hanno ripetuto una frase che suonava simile, pur essendo su fronti contrapposti: mai avrei immaginato che sarebbe potuto succedere di nuovo”. E invece, ecco di nuovo avanzare l’orrore della guerra.

Davvero è impossibile evitare che di nuovo il mondo si misuri con la guerra anziché con la pace?

LUCIANO COSTA

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