Fare i conti con i problemi di sempre…

Archiviata tra mille polemiche e altrettante recriminazioni la tornata elettorale, tornano prepotenti i soliti temi: la pandemia, le proteste di piazza, i no vax, i pro eutanasia, le norme sulle droghe, i referendum, le dispute sulle parità, il ruolo dei sindacati, la necessità di fare politica, quel che accadrà quando il Parlamento dovrà eleggere il Presidente della Repubblica (appuntamento a marzo con la speranza di tantissimi che Sergio Mattarella accetti di restare dov’è), le grandi riforme rese ancor più urgenti e obbligatorie dagli aiuti concessi dall’Europa, la disaffezione degli elettori (i non votanti hanno superato i votanti, e questo è davvero qualcosa di preoccupante), i giovani che cercano lavoro, i lavoratori ridotti a disoccupati, i poveri che crescono, le provvidenze (come il reddito di cittadinanza) che non incidono e lasciano invece margini di perplessità sempre più evidenti.

Ogni voce meriterebbe un capitolo di approfondimento e ampie analisi sulle modalità con le quali si intendono affrontare i problemi. Grazie a una intelligente riflessione proposta da un malato di SLA, metto l’attenzione sull’eutanasia, che secondo i sostenitori del referendum che vorrebbe legalizzarla, rappresenta il massimo della libertà. Sarà, ma il dubbio è che si parli solo di libertà di morire e non di vivere. Scrive il malato che nell’anonimato racchiude anche il suo diritto di vivere normalmente: “Dietro ogni slogan, generalmente, c’è una bugia. Nel caso di quello radicale per il referendum pro eutanasia – Liberi di scegliere, fino alla fine – la bugia è colossale. Perché non cambierebbe nulla. Io, tanto per fare un esempio, ho la Sla, gran brutta malattia che mi ha costretto a letto, non mi posso muovere, non parlo, non mangio e non respiro in modo autonomo, non potrò mai guarire ma solo peggiorare. Quando dovessi aggravarmi, o non farcela più, potrei rifiutare quello che nel mio caso è solo accanimento terapeutico”.

L’anonimo malato invita però a “lasciar da parte la Dottrina, sulla quale non dovrebbero esserci più dubbi dopo tutte le precisazioni dei Papi da Pio XII in poi. Come spiega il Catechismo – dice – non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire”. Ricorda anche che sulla legge proposta, l’articolo 32 della Costituzione “afferma che nessuno può essere costretto a subire cure non volute”, e che la sentenza della Corte costituzionale, che ha parzialmente depenalizzato il concorso al suicidio, ha messo “paletti ben precisi: non è perseguibile chi agevoli l’esecuzione del proposito di suicidio, liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputi intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territoriale”.

Ma se anche passasse il referendum, questo “non semplificherebbe l’iter per passare dalla decisione del soggetto all’atto” dato che per allargare i paletti messi dalla Consulta serviranno comunque nuove leggi che estendano i casi in cui il suicidio assistito è applicabile. “Il discorso – aggiunge il malato – qui si fa molto ambiguo, perché si scivolerebbe verso l’eutanasia attiva, dove un altro sarebbe autorizzato a decidere in mia vece. È questa la vera posta in palio con il referendum. Non quello che si vuole far credere.
Una grande, enorme bugia, dunque. Si vuole il referendum per arrivare a decidere della vita altrui, degli scarti sociali, a cominciare dagli anziani. E poi gli handicappati e chi non viva una vita “dignitosa” secondo criteri dettati da altri, nel nome di un’affermazione dei diritti individuali come regolatori della convivenza civile al posto dei diritti personali”.

Ma è davvero questa la società che vogliamo, cerchiamo, aspettiamo e magari stiamo ancora sognando?

LUCIANO COSTA

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