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Giornata della Memoria: antidoto all’indifferenza…

Qualche giorno fa, 18 gennaio, quel che resta dei cattolici che alla politica dedicano attenzioni e impegni e alcuni coraggiosi laici che ancora non disdegnano di schierarsi per l’affermazione di ideali e valori che contemplano esercizi non banali di solidarietà, comprensione e condivisione dell’essere e del divenire, hanno ricordato l’anniversario del famoso “appello ai liberi e forti” con cui don Luigi Sturzo, quando il calendario segnava l’anno 1919, dava vita al Partito Popolare Italiano. All’evento, non a torto considerato tra i più importanti registrati dall’unità d’Italia, la storia ha assegnato valore fondamentale per dare voce ai cattolici e metterli nella condizione di essere protagonisti della politica. Allora, schiere di uomini e donne coraggiosi, cristiani ferventi e appassionati, si caricarono dell’onore e onere di opporsi al regime nascente. Molti pagarono quella scelta con la vita, chi uscì indenne dall’oppressione e dall’assurda guerra favorì l’affermazione della libertà e della democrazia e partecipò convinto alla scrittura della Costituzione… Da allora sotto i ponti di acqua ne è passata tanta. E qualcuno, ricordando, si è chiesto: quanti e chi si possono considerare, oggi, “liberi e forti”? Forse il popolo ucraino, tutti gli oppositori e oppositrici nonviolenti dei regimi (anche solo di fatto) dittatoriali, i giornalisti e le giornaliste che non si autoproclamano “liberi” ma lo sono davvero nei fatti, quei e quelle parlamentari e quegli amministratori/amministratrici della cosa pubblica che lavorano con preparazione e onestà dando priorità su tutto alla difesa e al conseguimento dei beni comuni, tutti i nonni e le nonne che con libera dedizione e con sacrificio contribuiscono a sostenere le famiglie… Poi gli scrittori, le scrittrici e i saggisti e le saggiste che scrivono e insegnano il valore della libertà, gli artisti le artiste che spendono i loro talenti per fare un po’ felice l’umanità… E ancora tutte le persone che senza alcun ritorno economico salvano naufraghi e disperati in cerca di un fazzoletto di terra disposto ad accoglierli, tutti i docenti che pensano e che parlano in termini di libertà e forza (forza buona) …Anche e soprattutto chi non dimentica i milioni di innocenti oppressi e morti nei campi di sterminio nazista, che al ricordo assegna valore di testimonianza.

Oggi siamo chiamati a celebrare la Giornata della Memoria: serve coraggio per celebrare e ancor di più per non ridurre la Memoria a puro fatto occasionale. Ecco, servirebbe di nuovo essere “liberi e forti”, ma alla maniera dei popolari sturziani piuttosto che secondo i canoni di una politica che ai valori antichi e nobili ha sostituito la ricerca di occasionali e spesso effimeri consensi. “Purtroppo, più che liberi e forti – mi ha detto un lettore dichiaratosi di lunga data ma di corta pazienza – siamo impauriti e incapaci: impauriti dal nulla che avanza e incapaci di cancellare l’indifferenza che domina i giorni”. È doloroso ammetterlo, ma quel lettore ha ragioni da vendere. Basta guardarsi intorno per rendersene conto: si combattono guerre assurde (e quella che sta seppellendo l’Ucraina sotto cumuli di macerie e di morti è lì per evidenziare la corta memoria di qualcuno…); si alzano muri per tenere gli uni separati dagli altri; si dà credito alla paura benché sia palese che proprio lei genera la pazzia; si assiste impavidi al prevalere di parole che declinano la loro esistenza servendosi di vecchi e superati “ismi”; si dà più credito ai venditori di fumo che agli annunciatori di speranza e di pace; si spacciano per buoni quelli che invece sono soltanto cattivi pensieri e pessimi comportamenti; si proclamano riforme che tutt’al più possono essere considerate il classico brodino contro un ipotetico mal di pancia; si giustifica l’ignoranza e si privilegia il pressapochismo; si va dove tira buon vento e mai dove si deve faticare per impedire al vento di seminare disastri; si esalta la storia che verrà e si dimentica quella già andata, non importa se ricca di valori e di esempi incarnati da coloro che hanno dato la vita perché libertà democrazia rispetto virtù civiltà e convivenza fossero pane quotidiano e non  aneliti strampalati di qualche strampalato sognatore; soprattutto, si giustifica qualsiasi forma di indifferenza e a qualunque indifferente viene assicurata giustificazione.

La Giornata della Memoria, che si celebra proprio oggi, dice che l’indifferenza di tanti umani – troppi – generò mostri e mostruosità. L’altro ieri, ragazzi di età diverse riuniti per ragionare e riflettere sulla Shoah (in ebraico antico significa rovina, desolazione, distruzione, temporale, tempesta, calamità, tumulto; negli anni trenta del secolo scorso il termine “shoah”, utilizzato per tradurre la parola tedesca “catastrofe”, divenne il modo per designare la sorte subita dagli ebrei assoggettati al giogo nazista), ognuno depositario di una storia da raccontare, se lo voleva, ovviamente. Invece, invitati ad alzare la voce per gridare il senso delle loro riflessioni, si sono rifugiati nel silenzio. Allora, a tutti, è stato chiesto di provare a scriverle quelle riflessioni, in qualsiasi maniera, purché fossero sincere. Dopo mezzora i fogli tornarono tra le mani di coloro che li avevano distribuiti: i più erano bianchi, alcuni scarabocchiati, su due c’era scritto “me ne frego”, altri tre erano occupati da una “i” scritta in modo che occupasse l’intera pagina, che sembrava frutto di un’intesa di gruppo piuttosto che un’estemporanea esternazione di dissenso e rabbia. Cosa volesse dire quella “i” lo spiegò uno del gruppo che più di altri aveva fatto notare il suo disinteresse. “Vuol dire indifferenza – disse sottovoce -, e significa che ne abbiamo piene le tasche di predicozzi e inviti a riflettere su ciò che è stato, perché appartiene al passato e noi siamo soltanto un presente sballato che guarda a un incerto futuro”.

 

Ho allora pensato al dramma di un tempo, questo nostro tempo, in cui i giovani non sanno quello che gli adulti hanno già dimenticato. “C’è assoluto bisogno di riproporre esempi e testimonianze che forse troppo in fretta abbiamo racchiuso nel grande libro della storia”, disse un maestro. Se può servire (e io credo possa servire), rimetto in primo piano il sacrificio di tanti che in quegli anni di “sonno della ragione” pagarono, anche per noi, l’ultimo prezzo del loro programma di vita e del loro destino. Per quel G. Andrea Trebeschi che sotto il cielo di Gusen sognava tempi e terre nuove, il programma era racchiuso nell’ammonimento evangelico: “Ama il tuo Dio e il tuo prossimo”. Un prossimo che allora come adesso ha nomi diversi – “ebrei, cristiani-cattolici, ortodossi, protestanti-politici, migranti, testimoni di Geova, omosessuali, malati psichici, asociali, rom e sinti, disoccupati, ma anche delinquenti comuni, aguzzini e carnefici” –, ma uguali sembianze. Padre Giulio Bevilacqua, prete e cardinale bresciano, un giorno lontano, parlando agli studenti disse che non aveva futuro “una società in cui l’indifferenza era tollerata anziché combattuta e allontanata dal contesto civile”. Subito dopo, con forza, invitò ciascuno a farsi carico del dovere della conoscenza, perché “solo sapendo ciò che è stato – disse – potremo rendere testimonianza alle idee, che valgono per quello che costano e non per quello che rendono”.

 

Grandi idee di libertà, uguaglianza, democrazia, rispetto e pacifica convivenza hanno segnato la straordinaria avventura di cinque giovani (Hans Scholl e sua sorella Sophie, Willy Graf, Alexander Schmorell e Christoph Probst, studenti all’Università di Monaco) e di un professore (Kurt Huber, docente di filosofia, punto di riferimento e guida sui sentieri della libertà e della democrazia) che con la sola forza della parola sfidarono il nazismo e la sua aberrante logica distruttiva. Quei giovani e il professore, universalmente ricordati come quelli della “Rosa Bianca”, scrissero e diffusero idee tanto coraggiose e forti da obbligare gli aguzzini, nemici della libertà e della verità, a puntare la spada contro uomini e donne armati soltanto di fede e coraggio. Oggi la vicenda, gli ammonimenti e gli ideali di quei giovani che firmavano le loro denunce contro il nazismo con il nome di un fiore bianco ed immacolato, ma anche di quelli che sulle nostre strade e montagne hanno cercato fiori con cui far tacere i cannoni e i fucili, tornano a dirci che solo ricordando è possibile impedire alla barbarie di tornare a seminare pianto e violenza.

 

Dicono gli storici che nella seconda guerra mondiale caddero sull’Italia, sulla Germania e sul resto delle nazioni un numero indicibile di bombe, ma non una sola bomba fu sganciata sulla linea ferroviaria che portava al campo di “sterminio” di Auschwitz. Eppure quella linea ferroviaria sarebbe stata un facile bersaglio. “Invece – mi confidò un testimone -, per indifferenza, il mondo volse lo sguardo altrove”.

 

Wolfgang Huber, figlio di Kurt, il professore che guido i giovani della Rosa Bianca alla più grande rivolta morale della storia, ospite della Città di Brescia, rispondendo a una domanda su quel che restava di quella esperienza, si disse convinto che “le persone che abitano in questa città e in questa provincia siano soprattutto interessate al modo in cui la Rosa Bianca ha lottato contro la dittatura: non con un’arma in mano, ma con le loro convinzioni. Esse volevano scuotere la coscienza della nazione, parlavano di responsabilità, della colpa del guardare altrove, della colpa che uno assume su di sé quando tollera l’ingiustizia”.

 

C’è ancora tanta strada da fare se si vuole costruire un mondo migliore. Un primo importante passo sarebbe quello di “dichiarare guerra” (una guerra fatta di idee e di proposte costruttive) all’indifferenza, quel mostro che tutto appiattisce e giustifica, che annulla ogni sentore di umanesimo, che esalta lo star bene da soli a scapito del mal vivere di un’infinità di “altri” sconosciuti. Albert Einstein ha scritto che “il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvage, ma per quelli che osservano senza fare nulla”. Ieri come oggi, l’indifferenza indica la mancanza di interesse o di entusiasmo, anche e soprattutto di verità. Mi sembra allora opportuno scansarla al pari di una malefica pozzanghera.

LUCIANO COSTA

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