Gli affari loro e il nostro ferragosto

Impietosa la televisione che all’ora di cena, tra numeri riferiti alla pandemia, ai morti ammazzati, ai femminicidi, agli incidenti vari, alle statistiche sui vacanzieri reali e potenziali, alle pantagrueliche abbuffate ferragostane e alle amenità scarse di politica ma prospere di bulli impegnati nella raccolta di facili consensi, ti sbatte in faccia l’agonia dell’Afghanistan, terra di cultura antica, terra depredata, terra disperata. Di fronte al dramma certificato, ancora una volta ho sentito il più amaro dei commenti, quello che dicendo “sono affari loro” di fatto sanciva che non c’era di che dolersi e neppure di che preoccuparsi.

Come per i migranti che vengono dal mare con la veste dei disperati e il cuore in subbuglio sperando di incontrare volti amici e terra accogliente. “Devono stare a casa loro”, diceva ieri il quarto di piazza vacanziera esposta al sole e baciata dalla fresca brezza proveniente dalle montagne. “Però qualcuno mi dica come si fa a tenerli a casa loro se non hanno casa e neppure un sospiro a cui aggrapparsi”, sottolineava un cuore tenero appostato sull’altro quarto della medesima piazza. “Basta fare una barriera e costringerli a tornare indietro” suggeriva il disincantato accompagnatore di due bellissimi esemplari di cani da compagnia.

Dialoghi surreali o invece reali? Reali, ve l’assicuro. E tutti fatti seriamente, tutti certificati da dichiarazioni di competenti e responsabili politicamente schierati ai quali preme dar credito alla paura, immagino di un ipotetico sebbene esausto invasore, tutti aggrovigliati di si dice e di ma senza costrutto e pochi o nessuno, purtroppo, disposti a ragionare, non dico col Vangelo in mano, ma almeno con briciole di buon senso a portata di mano, quello necessario per capire che il reale è fatto di altra pasta, che i migranti che vengono dal mare, per tanti che siano, sono ancora pochi e che le conquiste di terre non si fanno  certo con pochi disperati…

Poi, l’Afghanistan, coi talebani (o taleban) che avanzano e si prendono tutto, perché le forze governative non sono in grado di opporsi e perché le grandi potenze fino a ieri presenti per aiutare e impedire soprusi han fatto fagotto e sono andate altrove. In una corrispondenza inviata dalla capitale leggo che “nessuno osa uscire” perché “qui i taleban si sono impadroniti pressoché di tutto”. Una giovane dl luogo, impegnata nella promozione dell’istruzione, in particolare delle bambine, ha detto ai giornalisti che dalla sua finestra vede “gli sfollati giunti dalle altre province conquistate nei giorni scorsi, venuti qui per trovare rifugio. Sono accampati per le strade, seduti per terra, sotto gli alberi… Padroni di respirare ma non di sperare”. Quanto alle bambine, nessuna certezza. “Il lavoro fatto per assicurare loro un buon futuro è andato perduto, distrutto, azzerato. Metà degli studenti – dice affranta – è in fuga, gli altri vivono nascosti, in preda al terrore, senza certezze e senza nessuno che li protegga”.

Ancora più drammatica la condizione delle donne. Dice la giovane direttrice della organizzazione non governativa: “Come potrebbero continuare a studiare le ragazze, se vengono prese e date in sposa ai combattenti taleban? Il fatto – aggiunge disperata – è che non so nemmeno quante di loro siano rimaste vive…”.

Oggi incomincia il rito del ferragosto. Tutti liberi di oziare senza pensare? Spero proprio di no!

LUCIANO COSTA

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