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Guerra in Ucraina: ma noi aspettiamo la Pace!

Vigilia di un evento che nessuno avrebbe mai voluto tornare a celebrare: la guerra, un’altra guerra, una guerra condotta dalla Russia contro l’Ucraina, una guerra d’aggressione e d’invasione, una guerra in cui il forte ha aggredito il debole per ridurlo al suo volere. Sembra di ripercorrere le atroci tappe di tempi che credevamo cancellati, di quando i popoli si contendevano pezzi di terra, di quando bastava un potente arrogante per mettere a soqquadro territori pacifici… Invece è oggi che accade ed è sempre adesso che un potente arrogante sta mettendo le sue feroci mani su una Nazione non sua, soltanto colpevole di voler vivere in libertà e fidandosi della democrazia. Il mondo, tutto il mondo, trema e chiede, sebbene con toni e modi diversi, che sia costruita una pace vera e duratura, una pace costruita nella giustizia e fondata sulla verità. Il mondo, tutto il mondo, invoca la fine della guerra… Ma adesso, dopo un anno di bombe, distruzioni e lutti, chi può imporre la fine delle ostilità? Potrebbe forse farlo la Ragione, se però avesse dalla sua parte i cuori e le menti dei belligeranti, oppure potrebbe farlo il Buon Senso, se e come potesse contare su adesioni convinte e sincere, ma potrebbe farlo anche il Bene Comune, l’ideale più grande, che per divenire reale chiede sia bandita la ricerca del bene personale, quello che privilegia solo e sempre lo star bene da soli, e sia invece affermata la validità, questa sì irrinunciabile, del concetto di comunità che si fonda sullo star bene insieme… Insomma, potrebbero essere tanti quelli che volendo potrebbero pronunciare la parola pace cancellando definitivamente la parola guerra. Ma, dove abitano costoro?

In attesa di scoprirlo, è proposta a chiunque voglia ascoltare la domanda più angosciante: “È stato fatto tutto il possibile per fermare la guerra?». L’inquietante interrogativo lo ha posto ieri Papa Francesco a chi lo stava ascoltando, ma anche a tutti coloro hanno responsabilità internazionali. Le sue parole, pesanti come macigni, hanno invaso il giorno che precedeva l’anniversario dell’inizio dell’assurda e crudele guerra in Ucraina, una guerra che conta “morti, feriti, profughi e sfollati, distruzioni, danni economici e sociali”, che chiede pace e concordia perché sa che “quella costruita sulle macerie non sarà mai una vera vittoria”.

Intanto, ecco quel che resta di un anno di guerra, di una guerra d’invasione, ecco quel che racconta la cronaca. “E’ l’impensabile he è diventato reale nel cuore dell’Europa, è qualcosa che gli stessi Paesi confinanti non volevano credere e che invece divenne fatto e tragedia nella notte del 24 febbraio 2022”. Per l’invasore russo doveva essere una guerra lampo, con un attacco su tre fronti per arrivare a prendere i palazzi del potere di Kiev, dove insediare un governo fantoccio guidato da Mosca. Ma la reazione ucraina e i cattivi piani del Cremlino hanno fatto sì che quel progetto fallisse e che dal previsto blitz immediato si passasse al più tragico e sanguinoso conflitto accesosi nel Vecchio Continente dal 1945. Un conflitto che attualmente non vede prospettive di pace, perché nessuno dei belligeranti coinvolti a vario titolo nella crisi sta proponendo serie iniziative diplomatiche. Fanno eccezione l’opera diuturna e coraggiosa del Papa, l’intervento forse interessato ma pur sempre reale della Turchia e, adesso, forse, l’iniziativa cinese volta a chiedere alla sua alleata Russia di fermarsi…

In attesa di buone nuove, è amarissimo il bilancio delle vittime: l’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu ha conteggiato finora 8.006 civili morti e 13.287 feriti. I bambini uccisi sono 487 e 954 quelli feriti. Ma si tratta di dati sottostimati, perché l’Ucraina non fornisce cifre, principalmente per non deprimere il morale della sua gente, ma è noto al mondo, per esempio, che nella sola Mariupol le vittime sarebbero più di diecimila. Nessun conteggio ufficiale nemmeno per i caduti in combattimento. Non lo fornisce Kiev, non lo fa Mosca. Analisti indipendenti parlano di ben oltre centomila fra morti e feriti sul fronte russo (dove i comandi non si fanno scrupolo di mandare al massacro truppe mal equipaggiate e mal addestrate) e di un bilancio un po’ meno pesante sul fronte opposto. Completa il drammatico quadro la conta dei profughi: nel 2022 otto milioni di ucraini hanno lasciato il proprio Paese sotto le bombe; quasi un ucraino su cinque ha varcato le frontiere verso la Moldavia e i Paesi Ue. Di questi il 40% sono bambini, gli altri donne e anziani, perché i maschi fino a 60 anni sono richiamabili nelle forze armate e non possono lasciare le proprie case. Nel corso dei mesi un certo numero di profughi è rientrato in patria, nelle zone liberate o più sicure. Attualmente l’Italia ospita almeno 150mila persone fuggite dalla guerra.

Un capitolo a parte racconta le violenze e i crimini compiuti sui civili. A Bucha sono state trovate fosse comuni con persone orrendamente torturate; a Mariupol è stato bombardato il teatro dove avevano trovato rifugio molti sfollati ed era segnalata la presenza di non combattenti; altre città sono state martellate dall’artiglieria e bersagliate con i missili lanciati su centri abitati e, soprattutto, sulle centrali elettriche da mettere fuori uso per lasciare gli abitanti senza riscaldamento. Ci sono infine gli stupri di guerra e i rapimenti di bambini, portati in Russia, crimini sicuramente compiuti dalle truppe di occupazione ma ancora da quantificare.

Vista dall’Italia, l’Ucraina era un Paese “lontano” se non fosse stato per le tante benemerite lavoratrici (e lavoratori) presenti nelle case del nostro Paese. È diventata una nazione “vicina” che si è rivelata unita, coriacea e coraggiosa nel contrastare l’invasione russa, con un presidente – Volodymyr Zelensky, ex attore e non un esperto statista – diventato il simbolo della resistenza all’esercito di Mosca. Il ruolo di baluardo dei confini dell’Unione Europea ha aperto la strada verso Bruxelles, verso la Nato, verso il pieno riconoscimento di Nazione europea. Ma come sarà l’Ucraina dei prossimi anni dipende dall’alleanza dei Paesi che la sostengono economicamente e militarmente. Dopo la forza mostrata nell’ora dei combattimenti, infatti, emergeranno la miseria delle distruzioni e dell’emigrazione di massa, gli odi e i risentimenti.

La Russia fino al 24 febbraio 2022 era un Paese dalle grandi potenzialità in bilico tra una democrazia incompiuta e un’autocrazia. Ma la guerra d’aggressione decisa da Putin l’ha trasformato in uno Stato in contrapposizione all’intero Occidente, rinchiuso in una gabbia di crescente mobilitazione nazionalistica, con la libertà di espressione ridotta pressoché allo zero, i diritti civili sempre più compressi, il potere del presidente senza alcuna opposizione. Il bilancio per il Cremlino è totalmente negativo: sul campo i piani bellici sono saltati, le perdite sul campo sono pesantissime, un milione di persone ha lasciato il Paese “militarizzato”, il mercato dell’energia – da cui dipende l’economia – sta cambiando a danno di Mosca, le sanzioni continueranno a erodere la ricchezza del Paese. Putin non può viaggiare in metà del mondo e rischia un processo internazionale. Il leader si gioca tutto con un appello esistenziale e culturale per un conflitto basato sui valori “tradizionali”, che prevede perfino l’uso dell’arma atomica. Una situazione per un verso blindata ma per un altro verso instabile.

Dal canto suo l’America di Biden, la stessa che nelle prime ore dell’aggressione russa era pronta a dare semplicemente ospitalità al presidente ucraino, è diventata in seguito la principale sostenitrice dei diritti dell’Ucraina contro l’invasore. Così Biden si è dimostrato meno “vecchio” di quanto dica la sua carta d’identità e si è messo rapidamente al comando dell’Occidente nel difendere il diritto internazionale e nel rintuzzare l’espansionismo del Cremlino, nel momento in cui tutte le attenzioni dell’Amministrazione erano puntate sulla Cina. In un anno di guerra, il presidente ha dosato l’impegno Usa per non provocare la reazione di Putin, ma ora è impegnato a gestire una crisi che deve trovare un punto di caduta in tempi non troppo lunghi. Compito difficile, che richiede una strategia diversa da quella intrapresa finora. Certamente, l’appoggio bellico non si esaurirà e sarà forse l’esito dello scontro sul campo a orientare le prossime scelte della superpotenza americana. In questo panorama la Nato si è dimostrata il baluardo dell’Occidente.

La guerra innescata dalla Russia ha rimesso in moto le alleanze internazionali. Pochi Paesi, e poco influenti, si sono apertamente schierati con Mosca. Cina e importanti potenze come India, Brasile e Sudafrica non vogliono opporsi al Cremlino, perché vedono un’occasione per rimodellare gli equilibri globali a sfavore degli Stati Uniti e dell’Occidente in genere. La Storia non era finita con una stasi indefinita dopo la caduta del Muro di Berlino e non finirà ora con la crisi ucraina. Pechino può giocare un ruolo fondamentale. Il quesito è fino a che punto vorrà spingere la contrapposizione con Washington. Ha bisogno dei mercati internazionali per i suoi prodotti, come le imprese Usa ed europee hanno necessità del suo miliardo di consumatori. La reazione ferma della Nato potrebbe fare sì che i “non allineati” restino alla finestra, aspettando di vedere l’esito della guerra. Ma nel fare un bilancio non si può dimenticare che, conflitto a parte, l’evento mondiale di questi mesi è il lancio della nuova, sorprendente intelligenza artificiale: un prodotto tutto americano, a dimostrazione di una leadership che non sembra tramontare.

Restano i poveri, vere vittime di questa e delle altre guerre. Se ne parla poco, ma il fatto sussiste. Basta pensare ai prodotti agricoli che mancano: la crisi ha fatto crescere il costo delle derrate su scala globale ricacciando nella povertà decine di milioni di persone e mettendone molti altri a rischio di carestie e di fame. Poi, ecco l’impennata dei prezzi dell’energia, che potrebbe causare forti difficoltà economiche per 141 milioni di persone in tutto il mondo, che rischiano di dover rinunciare a servizi essenziali, a partire dal riscaldamento nelle abitazioni.

Che cosa ci aspetta ora? Noi aspettiamo la Pace. Tutto il resto è perciò secondario.

LUCIANO COSTA

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