Sull’isola in cui abitiamo tutti sanno tutto; appena fuori non deve stupire se la Convenzione sui diritti dell’infanzia è, più o meno, sconosciuta. Il fatto è che ciascuno è portato a stabilire, su ogni argomento, proprie “convenzioni”: una per i diritti dell’uomo, un’altra per quelli dell’infanzia. Poi, a seconda delle situazioni, eccone pronte altre: per gli immigrati, per gli emigrati, per quelli che hanno la pelle di colore diverso dalla nostra, per i portatori di handicap, per gli ammalati, per i perseguitati, per i poveri e via dicendo. E se non bastano le “convenzioni”, nascono le associazioni, i movimenti e i telefoni amici ai quali si aggiungono immancabili e dotti “convegni”. Uno di questi, tanto tempo fa, si occupò del diritto di ogni bambino ad avere la possibilità di giocare, possibilmente in compagnia dei propri genitori. Secondo un esperto, quello del gioco doveva essere il quinto punto basilare della convenzione dei diritti dei bambini.
La Convenzione, approvata nel 1989 e via via accettata da tutti i Paesi del mondo – tutti meno uno: gli Stati Uniti d’America -, resiste e ogni anno, quando cade l’anniversario – 20 novembre -, torna a ricordare agli umani che nel mondo, nonostante la convenzione che li tutela, i diritti dell’infanzia vengono sistematicamente calpestati.
Quella Convenzione internazionale sui diritti del bambino, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite presso la sede di New York esattamente il 20 novembre di 31 anni fa, per unanime giudizio costituì un avvenimento per la storia del diritto internazionale umanitario. In quel momento, infatti, per la prima volta i diritti dei minori venivano riconosciuti in 54 articoli e inseriti in un trattato che sarebbe stato vincolante per i Paesi che lo avrebbero ratificato. Quel giorno il testo fu firmato all’unanimità dai 165 Paesi al tempo membri e da allora il 20 novembre viene commemorata la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. A oggi, ad eccezione degli Stati Uniti, il testo è stato ratificato da tutte le nazioni del mondo, sebbene in alcuni casi con riserve e dichiarazioni che ne limitano l’applicabilità.
Il documento venne elaborato dopo un intenso lavoro di mediazione tra le differenti esperienze culturali e giuridiche. Gli incontri preparatori durarono circa un decennio. La sua ancestrale formulazione, infatti, venne avanzata nel 1978 dalla Polonia alla vigilia dell’Anno internazionale del bambino del 1979. La Convenzione sancì e completò il concetto fondamentale del bambino come soggetto di diritti, superando quello del bambino come oggetto di tutela e cura.
Ricordando l’anniversario, l’Osservatore Romano di ieri, sottolineata l’importanza ha riassunto così il lungo e faticoso cammino che ha preceduto l’approvazione della Convenzione: “Il documento dove per la prima volta in assoluto è presente un riferimento sulla tutela dell’infanzia fu emanato nel 1919 dall’Organizzazione internazionale del lavoro che, nell’anno della sua stessa fondazione, adottò la Convenzione n. 5 sull’età minima relativamente all’industria e la Convenzione n. 6 sul lavoro notturno degli adolescenti nell’industria. Tuttavia fino al 1989 la comunità internazionale si era basata su due documenti in favore dell’infanzia, entrambi orientativi ma non vincolanti: la Dichiarazione di Ginevra adottata nel 1924 dalla Società delle Nazioni e la Dichiarazione dei Diritti dei Bambini del 20 novembre 1959. Fu nel marzo 1924, durante i lavori della quinta Assemblea generale della Società delle Nazioni, che avvenne la prima significativa attestazione dei diritti del bambino. Gli eventi drammatici della Prima Guerra Mondiale, con migliaia di minori rimasti orfani, sollevarono la questione delle generazioni più giovani prive di protezione. La Società delle Nazioni con la Dichiarazione di Ginevra, costituita da 5 punti, riconobbe che «l’umanità deve al bambino quanto di meglio possiede». Dopo la Seconda Guerra Mondiale, in prima battuta con la nascita dell’Onu e poi, al suo interno, con l’istituzione del Fondo Internazionale per l’Infanzia (Unicef), prese corpo il piano di formulare una Dichiarazione, una sorta di statuto, sui diritti dei bambini che andasse ad integrare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La sua approvazione, senza voti contrari e astensioni, avvenne il 20 novembre 1959. Il testo introdusse e identificò per la prima volta i minori come individui aventi diritti, al pari di qualsiasi altro essere umano”.
Per passare dalla “dichiarazione” sui diritti dei bambini, che integrava la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, alla Convenzione internazionale sui diritti dei bambini, furono necessari altri trent’anni. Però, il 20 novembre 1989, sotto l’egida delle Nazioni Unite, la bozza di Convenzione formata da 54 articoli veniva accettata. Poi, in tempi diversi, tutti i paesi del mondo (194 Stati), a eccezione degli Stati Uniti d’America, ratificarono la Convenzione. L’Italia ratificò la Convenzione il 27 maggio 1991 con la legge n. 176. L’ultimo paese ad averla ratificata è stato la Somalia.
La Convenzione è uno strumento giuridico composto da 54 articoli, riassumibili in quattro punti fondamentali: principio di non discriminazione (sancito all’art. 2, impegna gli Stati ad assicurare i diritti sanciti a tutti i minori, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione del bambino e dei genitori); Superiore interesse del bambino (sancito dall’art. 3, prevede che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, l’interesse superiore del bambino deve essere una considerazione preminente); diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo (sancito dall’art. 6, prevede il riconoscimento del diritto alla vita del bambino e l’impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sopravvivenza e lo sviluppo); ascolto delle opinioni del bambino (sancito dall’art. 12, prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i procedimenti che li riguardano, soprattutto in ambito legale, e il dovere, per gli adulti, di ascoltare il bambino capace di discernimento e di tenerne in adeguata considerazione le opinioni…).
Cercando notizie sul rispetto della Convenzione, ho purtroppo trovato tante, tantissime, troppe inadempienze: bambini maltrattati (centomila in Italia nel 2019), bambini ammalati e senza cure, bambini senza il necessario per mangiare, bambini sfruttati, bambini che lavorano, bambini che piangono senza che nessuno asciughi loro le lacrime, bambini abbandonati e costretti a diventare “bambini di strada”…
C’è la Convenzione Internazionale che tutela i loro diritti, ma non c’è ancora la sua piena applicazione. Però, è facile commuoversi di fronte al bimbo che muore di stenti, a causa di violenza o che viene abbandonato. Ma dura un attimo. Invece, servirebbe un impegno senza sosta…