Erano arrivati come fulmini a ciel sereno, si accasarono vantando virtù da spendere e spandere, fecero man bassa di voti e di poltrone, imposero la logica dell’uno vale uno come panacea di tuti i mali mentre era soltanto il principio del nulla. Poi, promuovendo alleanze strambe, maggioranze aritmetiche senz’anima e un presidente del Consiglio dei Ministri o buono per ogni occasione prestarono il fianco e la faccia alla non-politica riuscendo a stare dove neppure il più sprovveduto dei politici sarebbe rimasto; nascosero la loro incapacità e impreparazione dietro fiumi di parole vacue e proclami senza senso e grillate gridate senza neppure avere decenza di purificarle dalle volgarità e dalle scemenze in esse contenute; migrarono da una maggioranza all’altra e da un Governo all’altro senza neppure arrossire e senza dare al popolo che li avevano eletti un minimo di ragionevole spiegazione…
Chi sono costoro? Ma, diamine, sono i Cinque Stelle (M5S, per dirla correttamente), chi altro se non loro rappresenta al meglio la crisi della politica? Sono un movimento, un branco di politicamente sprovveduti, un insieme di uno vale uno che raggruppati non valgono uno, una raffigurazione eloquente di come si possa conquistare il conquistabile dando calci alla Politica e alle sue ragioni, regalando carezze ai sogni di rivincita e, soprattutto, di punizione (per chiunque non fosse sintonizzato con loro) coltivati dalla massa (qualche volta pensante, altre manovrata, altre ancora usata per rafforzare ideologie e potere di qualcuno…), niente di più. Poi, il declino, la fine del grillismo e del casaleggio-pensiero, la corsa a lidi rassicuranti, la presunzione di andare oltre gli ostacoli senza accorgersi che nel frattempo la siepe era diventata un muro pressoché invalicabile, la ricerca di uno spazio in cui giocare (da soli o in compagnia, indifferentemente) la partita per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica (da antologia negativa la pantomima, da ultimo respiro, inscenata attorno alla figura femminile da proporre) con gli esiti di cui chiunque ha misurato l’inconsistenza.
Quasi alla fine, propiziata da un voto da loro stessi inventato come segno della massima democrazia raffigurata dal gradito uno vale uno, l’ascesa al vertice del M5S del Nessuno venuto dalla Puglia a miracolo mostrare col vestito da avvocato del popolo e le scarpe disposte ad andare dove il vento della convenienza consigliava di andare. Infine, roba di ieri, la decisione con cui il Tribunale di Napoli (chiamato in causa da alcuni pentastellati in dissenso con i vertici del movimento) ha stabilito che in quel caravanserraglio non tutto era limpido, accettabile e democraticamente corretto…
Così, dopo lo scontro interno a seguito della partita per il Quirinale e le dimissioni di Luigi Di Maio (Ministro degli Esteri, mica poco, oltre che stellina di riferimento per molti suoi ambiziosi simili) dal comitato di garanzia, ecco le nuove grane: sospensione delle due delibere con cui, lo scorso agosto, il M5S modificò il suo statuto eleggendo Giuseppe Conte (il già citato signor Nessuno) presidente del movimento. Secondo i giudici di Napoli, nelle decisioni e nelle delibere adottate sussistono e sono evidenti “gravi vizi nel processo decisionale»: in primis l’esclusione dalla votazione di oltre un terzo degli iscritti e il conseguente mancato raggiungimento del quorum.
Secondo gli avvocati che hanno difeso la linea dei dissidenti, “accogliendo il reclamo per la sospensione dell’efficacia delle delibere che hanno modificato lo statuto e incoronato come candidato unico alla presidenza del M5S Giuseppe Conte, il Tribunale ripristina il principio della necessità della partecipazione di tutti gli iscritti nell’adozione delle scelte fondamentali del nostro Movimento”. Quindi, aggiungono “essendo la parità dei diritti una pietra angolare del M5S e non può trovare deroga in alcun caso, tanto meno per l’accesso alle cariche statutarie in quanto non esistono primi inter pares, c’è tutto da rifare. Adesso confidiamo in un processo partecipativo aperto e in una riflessione sugli errori e sulle forzature fatte, chi ha sbagliato deve farsi da parte”.
Poveri M5S: c’erano, sono rimasti a galla, restano lì e qui però (salvo sorprese provenienti chissà quando dalla massa dei votanti) già destinati all’oblio, s’arroccano in difesa della sussistenza e nel frattempo si sparpagliano e squagliano cercando un futuro che ancora è da disegnare. Insomma, sono in emergenza e il nel domani non trovano certezza.
Li consola il fatto di non essere, nel gran marasma della politica attuale, solitari viandanti. Con loro, infatti, viaggiano leghisti stralunati, forzisti acciaccati, fratelli di un’Italia passata e trapassata, pidiessini baldanzosi ma inoperosi, sinistri asfittici, liberali fuori tempo, repubblicani redivivi, renziani vivi ma in agonia, democristiani in cerca di risurrezione, qualunquisti in libera circolazione e tanti altri, che più o meno sono tutti avventurieri a caccia di un porto sicuro.
In questo cielo che stazione sopra di noi, si fanno largo idee strombazzate e mai verificate. Quella dei fratelli di un’Italia passata e trapassata ha detto ieri che proporrà “il presidenzialismo, con l’elezione diretta del Capo dello Stato a poteri invariati”, perché è tempo di dare potere al popolo. Non solo. Sempre lei ha detto che rilancerà “una grande sfida presidenzialista, con il capo del Governo scelto direttamente dai cittadini, uno che risponde a loro, che ha una maggioranza certa, che può governare cinque anni e ha i poteri per farlo. Sarà la madre di tutte le riforme…”. Magari anche il principio di un tempo in cui gli “ismo” saranno definitivamente messi fuori gioco.
LUCIANO COSTA