Uno che si fida poco della democrazia può improvvisamente trasformarsi in paladino della democrazia? Dubito, ma non è certo possibile escluderlo a priori. Mi riferisco a Erdogan, il presidente della Turchia, che ha aperto i palazzi del suo imperioso sultanato alle delegazioni russe e ucraine invitandole a dialogare per trovare il modo di smetterla di fare la guerra. Bravo, Erdogan! E magari gli regalerò un bravissimo se il tentativo andrà a buon fine. Per ora siamo alle premesse, agli spiragli come dicono le cronache, che si intravedono tra mille veli e mille distinguo. L’impressione è che in questa tornata turca delle trattative tutto si muova con incredibile lentezza, con spreco di formalità, con eccessi di parole, con un cerimoniale che regalando spazio agli ospitanti – Erdogan con i suoi generali e ministri – fa sorgere il dubbio (mio, ovviamente) che l’occasione serva a dare a lor signori quella credibilità che in realtà hanno perso da un pezzo.
In ogni caso, ben venga ogni tentativo di mettere pace dove la pace è stata offesa, sotterrata dalle bombe, vilipesa da bugie e soprusi. Bisognerebbe fare in fretta, perché la guerra semina continuamente lutti e distruzioni, ma ci dovrà accontentare di registrare ogni giorno i piccoli passi compiuti, ovviamente sempre che sul tavolo della trattativa fioriscano fiori e non cannoni. All’alba, insieme alle notizie di nuove bombe lanciate sull’Ucraina e degli spiragli di speranza provenienti dalla Turchia, ho avvertito nei commenti il timore che la pace resti ancora a lungo una chimera.
“Eppure – ha detto un notista di lungo corso – basterebbe dire basta”. Invece, l’impressione è che domini l’antico adagio, che dice “affrettati lentamente”, cioè evitando i pericoli dell’immediatezza. Il motto racchiuso in “affrettati lentamente” traduce il famoso motto latino Festina lente, di origine greca, che Ottaviano Augusto non si stancava di ripetere ai suoi collaboratori e che gli umanisti italiani di cinque secoli fa tenevano in grande considerazione. Così ieri. Oggi, invece, come ha recentemente scritto Alfonso Berardinelli “va apprezzata l’iniziativa di attualizzare un’antica massima di saggezza pratica e di prudenza, che unisce nella figura retorica del detto due idee opposte: quella di saper prendere decisioni e quella di non essere presi dalla fretta, pensando con calma a quello che si sta per fare”.
Questione di prudenza eccessiva e ossessiva? La prudenza, oggi così ignorata, era la prima delle antiche “virtù cardinali” e non significava paura, ma capacità di immaginare le conseguenze delle proprie azioni. Uno dei più acuti e ispirati moralisti moderni, Franz Kafka, disse una volta che la guerra nasce «da un’estrema mancanza di immaginazione», che acceca proprio in prossimità di pericoli e sciagure che stanno per diventare fatali.
Questione di linguaggio che non scardina l’incomprensione offrendo chiarezza e verità? Il destino del linguaggio, si sa, è quello di essere al tempo stesso assolutamente centrale nella storia umana e per lo più misconosciuto e trascurato. “Per quanto scrittori, giuristi, artisti si siano sforzati nel corso dei secoli di fare del linguaggio una delle creazioni più evolute e sofisticate dell’uomo – ha scritto Berardinelli -, si continua in generale a usarlo con sciatteria, immiserendolo a qualche centinaio di vocaboli, quando invece le possibilità di parole a disposizione sono migliaia. Porre intelligente attenzione al linguaggio, quindi in definitiva alla comunicazione, non deve sembrare però un esercizio esclusivo per linguisti appassionati. Alla base di molte “divisioni” tra persone, coppie, parti di società, popoli c’è la sostanziale miseria di una comunicazione linguistica non sufficientemente attenta, una mancanza di fantasia nel cercare espressioni linguistiche, in definitiva, parole accurate e in sintonia con la sensibilità di chi ci ascolta, che sia una persona, una parte sociale, una nazione”.
Russia e Ucraina oggi si parlano ma non si capiscono; domani, forse, sulla spinta di necessità sempre più impellenti, inizieranno a intendersi. E magari scoppierà la pace…
LUCIANO COSTA