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Il piacere di ricominciare

Settanta giorni di sosta obbligata – tanti, troppi -, però necessari per rimettere in sesto le idee e chi quelle idee doveva metterle in fila, pronte per essere pubblicate. Adesso è tempo di ricominciare. Dimenticati gli acciacchi, salutati i medici, riveriti gli apparati di cura riaccendo il computer. Innanzitutto per scusarmi, poi per chiedere che gli acciacchi restino sassolini di cui disfarsi strada facendo e pretendere che la lunga parentesi imposta dal bubbone malefico tornato a seminare spavento resti un ricordo, nulla più di un inciampo, tutt’al più una sfida tra due viandanti: uno disposto a tutto per andare oltre l’evenienza, l’altro messo lì a far da palo al male di turno in modo da renderlo capace di dominare e mai di essere dominato. Però, se oggi scrivo, vuol dire che ho messo in bacheca una bella vittoria. Dunque, settanta giorni di silenzio, di meditazioni prolungate, di riflessioni obbligate, di idee ruggenti, di progetti vibranti… Settanta giorni mai uguali uno all’altro, ma perfettamente e mediamente inutili. Soprattutto perché, lasciatemelo dire, costruire magnifici castelli in aria e colorare i sogni coi migliori pastelli senza che nessuno li degnasse di uno sguardo, di un’attenzione, di una lettura pur minima equivaleva a stabilire la loro inutilità. Adesso si cambia. E d’un tratto tutto quel che è stato pensato, meditato, sognato, disegnato, accennato torna d’attualità, diventa pane quotidiano per chi ancora non disdegna di mettersi a confronto con righe scritte e pensate.

Allora incomincio col dire che il teatrino della politica ha di nuovo esibito il suo lato peggiore. Infatti, dentro quel teatrino, politicanti senza pudore e onore hanno schiaffeggiato il buon senso mettendo addosso agli italiani una colossale quantità di stupidità e di imbecillità. Sissignori, si è stupidi e imbecilli se ai cialtroni, politicanti per caso, viene concessa licenza di rendere meschino ogni tentativo di buon ragionamento e ogni possibilità di concedere spazio alle ragioni della politica, che non sono di parte, neppure di comodo, tanto meno frutto di furberie… Non ho voglia di tuffarmi in sigle e nomi, ho solo voglia di prendere a schiaffi i miseri cantori di banalità… Non ho voglia di ascoltare tiritere e litanie consunte sulla legittimità di stare e di fare e disfare senza rendere conto a chicchessia, ho solo voglia di dire a costoro che devono solo andarsene a ramengo.

Siamo di fronte a una crisi di governo, di un governo che in diciotto mesi a rivalutato l’Italia e gli italiani agli occhi del mondo, che nasce dalla supponenza di un manipolo di stupidi in libera uscita. Vada come vada, domani costoro si ripresenteranno per chiedere comprensione e voti. E ci sarà chi ai quei nullafacenti concederà comprensione e voti piuttosto che scappellotti e calci in culo.

Tutto questo quando avremmo bisogno soltanto di pace, di seminatori di pace, di coltivatori di pace e di facitori di bene, gente convinta che fare il bene fa bene al progresso e all’intera umanità.

Se non credete possibile fare tutto questo, vuol dire che il peggio deve ancora venire. E non è certo una bella prospettiva. È luglio, ma si sta come le foglie d’autunno: incerte, barcollanti, appese a un filo… Brutta prospettiva quella che, tutt’al più, ti assegna come abitazione una rete sgangherata di parole e di bugie. Già ieri sera qualcuno ha brindato alla decadenza di un Presidente serio come Mario Draghi auspicando che il suo posto venga occupato da una fascistella qualsiasi. Quando si dice che la stupidità fa parte del paesaggio vuol proprio significare che al peggio non vi è rimedio.

Se potessi per un attimo vestire i panni del Presidente della Repubblica consegnerei a Mario Draghi le chiavi di casa pregandolo di far quel che gli pare… Di sicuro garantirebbe alla casa dignità e onore.

LUCIANO COSTA

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