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Il presepio: vecchia storia o giovane provocazione?

A quasi 800 anni dal primo presepe, creato dal fraticello di Assisi nel Natale 1223, quando è già vigilia di un altro Natale, è bello ripercorrere la storia per scoprire come quella piccola rappresentazione di luoghi, persone, animali, stelle, luci e suoni abbia inciso sul procedere degli umani verso una nuova civiltà. Un viaggio nei luoghi del presepe, partendo da Betlemme, dove tutto ha avuto inizio, passando per Greccio, dove Francesco fece il primo presepe, errando fino alla grotta di Scala, sulla Costiera amalfitana, dove sant’Alfonso Maria de’ Liguori ebbe l’ispirazione per comporre “Tu scendi dalle stelle”, il più celebre canto di Natale. Tutto con gioia e con la certezza di incontrare un mondo che ispira pace e serenità.

 

La gioia è quella dei presenti la notte di Natale del 1223, pastori, gente comune e nobili di Greccio, alla Messa organizzata in una grotta da frate Francesco, con una mangiatoia, un bue e l’asinello. E poi Francesco, che canta il Vangelo e nella predica parla del re povero che chiama “il bimbo di Betlemme”. Da allora l’umile presepio è sempre stato messo al centro dell’immaginario di piccoli e grandi: i piccoli per sognare cieli e terre sempre nuovi; i grandi per misurare la loro incapacità a essere “uomini di buona volontà” impegnati a costruire paesi e villaggi pieni di pace e di bontà. Detto così, ai giorni nostri così pieni di tutto e di niente, quel misto di ovvietà e di speranza sembra un o slogan pubblicitario. Invece, volendo, esso racchiude il vero senso della festa e dei segni che l’accompagnano.

 

Non è dunque fuori luogo chiedere al Vescovo Rino Fisichella, da tempo impegnato nel dicastero vaticano per la Nuova Evangelizzazione, di parlare del presepio e del messaggio sempre nuovo con cui si presenta al mondo. Secondo il vescovo “in questa nostra strana e arrabbiata società il presepio è ancora fondamentale all’opera di evangelizzazione. Il Papa, ad esempio, dice che san Francesco, creando per la prima volta il presepe a Greccio nel 1223, diede il via a una missione evangelizzatrice di straordinaria importanza. Lo vediamo anche adesso. Solo per fare un esempio: i 100 presepi in Vaticano che noi mettiamo nel periodo natalizio solo l’anno scorso sono stati visitati da più di duecentomila persone. Davanti al presepe ci si scopre semplici, ci si scopre con la bontà. Il messaggio che viene dal presepe è una provocazione: ritorna in te stesso, ritrova quello che è essenziale per la vita”. Sant’Agostino sostiene che il presepe dice che Dio abita ancora in mezzo a noi… “Io – risponde monsignor Fisichella – non ho dubbi: il presepe rinnova ogni anno questa certezza. Sant’Agostino invita a riscoprire il vagito di Dio che proviene dal presepio. Si tratta di mettersi all’ascolto… Non abbiamo bisogno di andare a Betlemme per scoprire quanto il nostro Dio sia umano e vicino alla nostra vita”.

 

Quanto al viaggio del presepio da Betlemme a Greccio e poi ovunque vi fosse qualcuno disposto a ricreare quel magico paesaggio, padre Fortunato (autore di un volume che racconta il viaggio del presepio) non ha dubbi: “San Francesco –dice – non ha inventato quel presepio ubbidendo a un impulso folkloristico. Invece, quella è stata la sua protesta mite nei confronti della società che issava la croce come spada per andare a conquistare i luoghi santi. Francesco riporta alla dimensione vera, cioè alla celebrazione della tenerezza, ci dice che quel Bimbo è venuto per tutti. Infatti, la grotta è l’unico luogo che nel presepe non ha una porta, e questo significa che il tuo cuore è chiamato a non essere avvitato, sbarrato, incatenato, ma aperto, libero, capace di accogliere e far fuoriuscire tutte quelle energie, quei sentimenti positivi straordinari che il Natale ci suggerisce”.

 

Quel che serve adesso è “riscoprire la bellezza del Natale, che richiama le luci, l’armonia, una straordinaria vivacità ed essenzialità. “Un po’ come quello che viene rappresentato nella facciata della basilica di San Francesco ad Assisi, ma anche in molte case- dice padre Fortunato -. Per rendersene conto dobbiamo tornare al simbolismo di questa Notte Santa: in mezzo all’oscurità, nel cuore della notte, essa offre uno squarcio di luce…”. Dalla luce nasce la speranza e dalla speranza che diventa certezza cresce la Pace… Secondo il frate “fare il presepe significa mettere al centro la parola pace, dirsi disposti a stare l’uno accanto all’altro, saper essere fraterni, saper nobilitare la vita quotidiana… Forse non ce ne accorgiamo, ma nei presepi ci sono tutti i mestieri, cioè c’è la nostra vita. E accanto ai mestieri ci sono i fatti che illuminano o che oscurano il mondo…”. Così, nelle anticipazioni dei presepi pronti per essere offerti ai fedeli nella notte di Natale, ho visto ripetersi l’immagine del dramma che l’Ucraina sta vivendo. Il presepio, di fronte a quel dramma, rinnova l’invito a mobilitare tutte le forze per essere strumenti di pace. “Credo che il presepe, in questo contesto di guerra – sottolinea Padre Fortunato – sia lì per dirci la preziosità della pace…”.

 

LUCIANO COSTA

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