Tutti i dolori, i mali, le tragedie, le speranze, gli errori e le omissioni racchiusi in quattordici “quadri”, le stazioni di una Via Crucis in cui i cristiani racchiudono la storia della loro redenzionee i non cristiani solo la rappresentazione di fatti che i giorni e gli anni hanno moltiplicato e diffuso fino a farli diventare normalità. L’amico professore, che nasconde la sua solitudine dentro il suo non credere ma che dedica amorevoli attenzioni ai meno fortunati di lui, commentando la scelta di mettere in “bresciadesso” il testo che sarebbe stato letto alla tredicesima e quattordicesima stazione della Via Crucis al Colosseo – una dedicata al dramma che oppone Russia e Ucraina, l’altra ai migranti ai quali il mondo troppo spesso nega aiuto e cittadinanza –, mi ha definito “solito utopista, capace di vedere il Giusto, proprio quel Cristo crocifisso, anche dove il male domina e stravolge”. All’alba, il professore mi ha scritto un messaggio per ringraziarmi di avergli offerto la possibilità di leggere il testo della tredicesima stazione che “non so perché e per far piacere a chi”, ha sottolineato, in mondovisione è diventato “invocazione silente, certo emozionante, ma anche accomodante coscienze assopite e distratte”. Gli ho risposto che credo nel silenzio come medicina dell’anima, come condizione necessaria per dare senso all’esistenza, come antidoto al bla-bla-bla che domina le scene e, soprattutto, come base su cui costruire dialoghi di fratellanza e di pace. Poi, gli ho fatto notare cheaccorgersi dell’importanza del silenzio diventava premessa a quei pensieri pensati necessari per andare al di là del suo non credere a nessun dio e al mio credere a un dio misericordioso, benigno, pacifico, giusto… Ora aspetto il suo solito augurio di Buona Pasqua, magari lo stesso di ogni anno, quello che dice: “Fai festa e pensa anche a chi non fa festa!”.
Ieri, nella notte romana interrotta dalle luci portate in processione da diecimila “illusi di dio” per di più, secondo alcuni, “intrisi di speranze tutte da verificare”, il mondo, con i suoi mali e le sue disperazioni, ha trovato posto in quattordici “quadri” di una Via Crucis universale, C’erano, sotto la solita croce, segno di speranza per tanti e di morte per altrettanti, tutte le famiglie del mondo: famiglie alle prese con i drammi del quotidiano e le tragedie della storia, famiglie desiderose di andare oltre la sofferenza, famiglie colpite dalla tragedia della guerra, famiglie che sperano giorni migliori, famiglie che sognano giardini in cui lasciar giocare i bimbi e passeggiare i nonni, famiglie che chiedono accoglienza e cittadinanza… Solo “sentimenti e speranze” o anche visione di un mondo in cui regni la pace?
“Un mondo in cui regni la pace non è certo fatto di chiusure e di allontanamenti forzati…” scrive la signora Marisa. Si riferisce alla decisione inglese di mandare gli indesiderati stranieri profughi abusivi e senza permesso lontano dalle sue terre. Infatti, Londra ha stretto un accordo con il governo del Ruanda per trasferire nel Paese africano i richiedenti asilo che attraversano la Manica su piccole imbarcazioni o nascosti nei camion, a rischio della vita.Tutto questo proprio nel momento in cui in tutta Europa si accolgono generosamente addirittura quattro milioni di profughi ucraini. Appunto, che senso ha?
Per Londra, 600 persone sbarcate nell’ultima settimana sono un allarme nazionale, tanto grave da mandare la Royal Navy, la Marina militare, a pattugliare le coste. La retorica è sempre quella della lotta ai trafficanti e della volontà di salvare vite umane, ma in realtà a essere colpiti sono i profughi, che non dispongono quasi mai di mezzi legali per entrare in un Paese sviluppato e sono costretti ad affidarsi a chi offre il ‘servizio’ di trasporto. Probabilmente molti di loro vorrebbero esercitare lo stesso diritto concesso ai profughi ucraini: quello di scegliere dove cercare scampo, trovare protezione e progettare un futuro. In spregio al diritto internazionale dell’asilo, il governo britannico vorrebbe invece criminalizzare anche loro, accusandoli d’immigrazione illegale. Il Primo Ministro del Regno Unito non ha risparmiato neppure i difensori del diritto umanitario, accusandoli di fare affari ostacolando le deportazioni e limitando l’azione del governo. Sempre sul piano retorico, il governo di Londra ha contrapposto gli arrivi spontanei ai reinsediamenti autorizzati di rifugiati. Si tratta però di numeri assai modesti. Nel 2020 sono stati 34.400 in tutto il mondo, complice la pandemia, e il Regno Unito non è nelle prime posizioni, occupate da Canada, Usa, Australia.
Così Londra tradisce un approccio neo-colonialista: approfittare dell’asimmetria di risorse e di potere con i Paesi in via di sviluppo non più (soltanto) per impadronirsi delle loro materie prime, ma anche per coinvolgerli nell’adempimento di obblighi umanitari al posto dei potenti finanziatori.
L’«esternalizzazione» dell’obbligo di protezione umanitaria si sta dotando di un nuovo capitolo: malgrado la crisi ucraina e l’esempio di solidarietà che i popoli europei stanno dando, i cacciatori di consensi a discapito dei diritti umani rilanciano la solita politica, muovendo da insospettabili capitali dalla lunga tradizione democratica.
C’è chi fa fatica ad ammetterlo e anche solo a pensarlo, ma questa è un’altra faccia della guerra a pezzi che sta squassando anche l’Europa e minaccia il mondo intero.
E questa è una “via dolorosa” che si rinnova ogni giorno. Che si rinnoverà anche domani, giorno di festa, giorno in cui si celebra la Pasqua.
LUCIANO COSTA