Riassunto degli eventi andati in scena (l’uso di un termine teatrale è improprio, ma è anche l’unico che spiega quel che sta accadendo sotto gli occhi di telecamere e microfoni, che per il momento sono ancora liberi di fare il loro mestiere) nel settimo giorno di una guerra assurda, indegna del mondo civile, pensata e attuata dalla Russia dominata da un folle, tale Vladimir Putin, che impunemente si crede il centro del mondo, unico e potente dominatore degli eventi, un dittatore che non accetta dialogo e che a piacimento spegne qualsiasi fonte di notizie che non sia quella da lui medesimo approvata: nella notte l’orrore della guerra ha colpito anche una centrale atomica dove i bombardamenti delle forze armate russe hanno provocato un incendio ma, fortunatamente, nessuna vittima; ma se la centrale fosse esplosa, hanno spiegato gli esperti, gli effetti sarebbero stati 10 volte più devastanti di quelli provocati dall’incidente a Chernobyl; immediatamente dopo il bombardamento le forze militari russe hanno preso il controllo della centrale e reso noto che è stata ripristinata la sicurezza dell’impianto; sono state colpite scuole e case a Cernìhiv e Mariupol. Nel Mar Nero è affondato un cargo estone colpito dai siluri; oggi sono in programma nuovi vertici d’emergenza di Nato, G7 e Ue; l’Unione europea sta lavorando su varie ipotesi per contenere l’impatto della guerra in Ucraina sul settore agricolo e su quello energetico; previsto per la prossima settimana il terzo round di colloqui tra le delegazioni di Kiev e Mosca; città e paesi assediati sono costretti a vivere senza acqua e senza riscaldamento; aumenta il numero delle persone in fuga dalla guerra e che, improvvisamente, smettono di essere cittadini e diventano profughi; mentre nel mondo libero e civile si moltiplicano la manifestazioni protesta – tutte contro la Russia e il suo folle zar -, di invocazione di una pace che tutti e tutto abbracci, di un tempo di dialogo che annulli distanze e divisioni, nell’altra metà conosciuta leggi e decreti chiudono giornali, oscurano televisioni, zittiscono radio, impongono censure… nella Russia di Putin sono già state arrestate almeno diecimila persone accusate di aver manifestato contro la guerra e di non essere allineate alle verità sostenute e diffuse dal potere dominante.
Ha chiesto una ragazza al suo professore di storia: “Che mondo è quello che mi circonda?”. Forse colto alla sprovvista o forse perché semplicemente impreparato, il professore le ha risposto che è “un mondo di mezzo: metà civile, metà impossibilitato a vivere civilmente a causa delle guerre ma anche del sottosviluppo e delle evidenti disuguaglianze…”. Un nonno veronese ha scritto al giornale di cui si dichiara lettore affezionato, per raccontare la sua modestissima esperienza di accompagnatore e di uditore di pensieri e confidenze giovanili. “Uno dei miei nipoti, di 9 anni – scrive nonno Tiziano -, parlando degli ultimi avvenimenti bellici e non solo, mi ha fatto una domanda intelligente usando anche un termine del nostro dialetto mantovano, per noi molto significativo. Gliela propongo: non dovremmo forse cambiare il nome da Homo Sapiens applicato ai primi uomini vissuti intorno a 200mila anni fa, con Om Imbambì, applicato al genere umano del Terzo millennio? L’espressione dialettale, è trasparente, e si potrebbe tradurre più o meno con Uomo rimbambito, che cioè ormai non capisce più niente di sé e del mondo che lo circonda? Per cui non sembra essere in grado di far tesoro della sua storia passata e recente…”. E’ triste ammetterlo, ma davvero siamo passati dall’essere uomini che sanno e perciò agiscono nel migliore dei modi a uomini rimbambiti, pieni di vissuto ma incapaci di trasmettere almeno le briciole di ciò che di meglio è loro concesso custodire.
Ieri ho scoperto che Alberto (nome di comodo, ovviamente), un ragazzo di nove anni a cui piacciono la bicicletta e la storia, si è costruito una telecamera di cartone e un microfono di latta con i quali affronta amici e conoscenti ponendo domande e reclamando risposte sulla guerra di cui tutti parlano e sparlano. Riferendo l’esito delle sue interviste, Alberto ha raccontato che “sporca e brutta” è l’espressione più usata per definire la guerra e “sporco e cattivo” il termine più usato per definire chi la guerra l’ha voluta. “Però – ha confidato Alberto alla nonna – un ragazzo mi ha risposto gridando abbasso l’Ucraina, senza neppure darmi il tempo di chiedergli perché…”. Dopo un tempo di opportuno silenzio, la nonna gli ha chiesto se quelle risposte lui le trascrivesse sul quaderno. “No – le ha risposto – le tengo tutte a memoria nella mia testa”. Spero che la scuola sia maestra e aiuti Alberto a continuare la sua meritoria ricerca.
Suggerirei ad Alberto di andare alla ricerca di quel che la cronaca non racconta o racconta soltanto in parte e distrattamente. Da parte mia, tra le letture fatte all’alba, ho scoperto l’esistenza di un pianista tutto matto, o incredibilmente tutto normale se preferite che ha mnesso “il suono della musica contro il rumore delle bombe. Davide Martello, nome e origini siciliane ma 40 anni passati nella foresta nera in Baviera, è arrivato al confine tra la Polonia e l’Ucraina, a Medika, potandosi dietro il suo pianoforte su un rimorchio a due ruote con una missione: suonare per tutti i rifugiati della guerra tra Russia e Ucraina che stanno cercando di raggiungere i Paesi dell’Unione Europea. “Ci ho messo 15 ore ad arrivare fin qua, ma ne valeva la pena – ha detto ai cronisti -. I profughi hanno sentito per giorni solo il rumore dei bombardamenti, ora voglio che sentano solo la musica”. Una missione che il musicista ha preso a cuore e che in passato lo ha portato anche in altre esibizioni di solidarietà a Istanbul, Parigi e Kiev. “Le guerre si fanno per soldi e per potere – dice mentre i volontari e i profughi lo applaudono -. Io spero che l’arte e la musica possano toccare il cuore di Putin, risvegliare il suo lato umano. Anche se so che è difficile”. Sul suo pianoforte c’è il simbolo della pace. L’ha costruito lui e i video con la sua esibizione hanno già fatto il giro del mondo grazie al web. In uno dei tanti c’è una profuga che si avvicina e si mette a suonare con lui ‘We are the champions’ dei Queen.
Ho anche scopeto che a Parigi, per i fedeli che si trovavano in raccoglimento presso la storica chiesa di Saint-Germain l’Auxerrois, dirimpettaia del Louvre, dinanzi alla Sacra Corona di spine, la principale reliquia salvata dal rogo di Notre-Dame dell’aprile 2019, si sono all’improvviso levate le note dell’Ave Maria di Schubert cantata da Andrea Bocelli, proprio lui, l’artista italiano conosciuto in tutto il mondo. Per Bocelli si è trattato di un modo naturale per rivolgere una preghiera pensando al popolo ucraino martoriato. “Possa Vladimir Putin ascoltare il grido di una preghiera che racchiude questo immenso dolore”, ha invocato una donna presente…
Che cosa ci riservi questo giorno che precede la festa non lo so. Spero soltanto sia foriero e araldo di buone nuove. Io, Alberto, il pianista (forse) matto, il tenore in libera uscita e spero tanti altri ne abbiamo urgente bisogno.
LUCIANO COSTA