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La corsa alle armi non aiuta la pace

Le bugie e le mezze verità arricchiscono la guerra di significati tenebrosi: di chi è la ragione, di chi il torto? Tra bugie e mezze verità, però, le bombe e le devastazioni son lì a ribadire che le armi e non le ragioni comandano. La Russia vuole tutto ciò che vede e immagina suo, gli altri difendono il principio della sovranità e della libertà. La prima è la grande potenza che tremare il mondo fa, la seconda una piccola nazione che per resistere ha bisogno di aiuti e di armi concesse da altri, fuori dal conflitto ma coinvolti perché è dovere di tutti difendere la sovranità e la libertà di un popolo aggredito. Ieri e anche oggi l’Onu tenta quella mediazione che dovrebbe portare alla pace. L’Onu tenta, ma tentenna. Quel tavolo ovale lungo sei metri, con il Cremlino da un capo e l’Onu dall’altro, continua a fare scempio di ogni possibile dialogo. Oggi le immagini della guerra dicono e confermano la sua assurdità, domani la storia giudicherà. In attesa della pace, che “è sempre possibile”, come dice papa Francesco, l’altra faccia della medaglia mette bene in vista che la fabbricazione e la vendita di armi per fare la guerra non conosce ostacoli e soste.

Sono passati più di 1.600 anni da quando Vegezio coniò il bellicoso motto secondo il quale «se vuoi la pace, prepara la guerra». Sembra assurdo, ma invece è ancora attuale. Infatti, la produzione di armi prosegue e a ritmo serrato arricchendo che fabbrica e chi vende.  Secondo autorevoli statistiche, nel 2021 le varie potenze mondiali hanno dilapidato in armi ed eserciti la cifra record di 2.113 miliardi di dollari, pari al 2,2% della ricchezza mondiale.

Lo certifica con amarezza l’Istituto per gli studi sulla pace di Stoccolma (Sipri) che non manca di sottolineare come nello stesso anno, le spese globali per l’aiuto allo sviluppo hanno rappresentato non più di 179 miliardi di dollari. Tutto questo mentre le spese mondiali per armamenti, a dispetto della crisi economica pandemica, nel 2020 erano cresciute fino a raggiungere la cifra mostruosa di 1.981 miliardi di dollari. Un aumento reale del 2,6% in un anno, che ha sottratto risorse alle spese sociali e sanitarie.

Stati Uniti e Cina, avvitati in una corsa agli armamenti senza fine, guidano le danze macabre intorno alle armi: metà del bilancio militare mondiale (52%) è rappresentato da loro due.  Poi, insieme all’India, al Regno Unito e alla Russia, spendono il 62% del totale globale. È un dato drammatico, che deve far riflettere. E gli altri Paesi? In Francia l’aumento vertiginoso delle spese militari, deciso dalla presidenza Macron, ha portato a una crescita notevole dell’export di armi. Parigi vale da sola l’11% del commercio mondiale di armamenti; la Russia vale il 19%; gli Stati Uniti il 39%; la Cina è solo quarta, con il 4,6%, ma annuncia un incremento ulteriore del 7,1% (se interessa è il 27° anno di fila che la Cina aumenta le spese militari, costringendo tutti i vicini dell’Asia-Pacifico a fare altrettanto). L’India, pu afflitta da molti mali, ha stanziato per le armi un 33% di risorse in più…

Approfittando della guerra in Ucraina, anche il governo federale americano ha dirottato altri 31,6 miliardi di dollari sul bilancio del Pentagono, portandolo da 781,8 miliardi di quest’anno a 813,4 dell’anno prossimo. Più di 50 miliardi di dollari finanzieranno il comparto delle armi nucleari. Gli americani stanno investendo tantissimo nella ricerca e sviluppo di armi di rottura, che garantisca- no loro la supremazia tecnologica nei prossimi decenni. È dalla seconda guerra mondiale che la ricerca e sviluppo militare cresce, con l’obiettivo di confezionare armi superiori a quelle del nemico di turno. Tutto questo sta generando una corsa tecnologica bellica: 69mila milioni di dollari l’anno sono bruciati nel settore della ricerca militare solo dagli americani. La Cina segue con 20-22mila milioni di dollari, mentre la Russia si ferma a 8mila-10mila milioni di dollari. Sommando le spoese di tutti i Paesi, il perfezionamento delle armi fagocita 116mila-123mila milioni di dollari l’anno.

Un esempio aiuta a capire meglio: lo sviluppo del cacciabombardiere Rafale era costato in tutto ai francesi 43 miliardi di euro. Il successore, già in itinere, ne richiederà come minimo 80. Un ospedale di 20mila metri quadri costa all’incirca 40 milioni di euro. “Fatevi due calcoli –ha scritto ieri un esperto di cose militari – e scoprirete che è tutto un mondo che gira a rovescio”.

I dati statistici forniti dal Sipri fotografano la realtà ma sono purtroppo già vecchi. La guerra in Ucraina, infatti, sta spingendo anche l’Europa, il Canada e i paesi neutrali a riarmarsi. C’è un flusso di armi crescente, balzato nel continente europeo dal 10% del 2017 al 13% attuale. L’Ucraina, invasa dalla Russia, sta facendo lievitare il suo budget militare… L’Italia seguirà il corso generale, e porterà il suo budget militare al 2% del pil entro il 2028. I Paesi europei, nel 2021 hanno speso per la difesa e per le armi 418 miliardi di euro… “Ognuno fa per sé, perché geloso della sovranità tecnologica. Si spende così più del necessario e male”.

Intanto, le spese militari stanno aumentando pure in Africa. Nella fascia subsahariana sono in corso 11 guerre. Un dramma nel dramma, perché la brama delle armi sembra contagiare un po’ tutti. Il cammino per debellare la guerra pare davvero ancora lungo.

LUCIANO COSTA

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