Sanremo, paese che fiorisce col festival della canzone e appassisce appena dopo che l’ultima stornellata è stata cantata. Sanremo, vetrina del bel canto e dei luoghi comuni, ma anche un colossale affare fatto di soldi e danari, fama e fame, successo e cadute, bugie e trucchi, fiori e pomodori, premiati e bocciati, gente e gentaglia, giovani e vecchi, ascolti e silenzi, leggerezza e pesantezza, poesia e dramma… Poi, inevitabili banalità-pubblicità-ospitate e lucidate improvvise a quel “guarda un po’ come eravamo bravi”, che opportunamente nobilitato riesce ancora a stupire e a meravigliare. Il tutto dentro un caravanserraglio di buone intenzioni di volta in volta mischiate a seriosità importanti…
Sanremo! Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, ma poi, siccome c’è, sarebbe il caso di cancellarlo, però sarebbe strano prenderlo e buttarlo via, soprattutto perché dentro ogni canzonetta (e Sanremo vive di sole canzonette) c’è almeno una parola che merita d’essere ogni volta salvata, una qualsiasi, forse amore, oppure odio, bellezza, verità, terra, fiore, preghiera, sogno, speranza, attesa, vita, dolore, morte, ritorno, nascita, mamma, signora, uomo, donna, ultimo, viaggio, guerra, pace e ancora pace e di nuovo pace, sempre pace… Anche parole nuove. Per esempio “Costituzione”: parola messa ieri al centro del grande palcoscenico prima di qualsiasi canzonetta; parola portata fin lì dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella così che tutti potessero intenderla e amarla; parola che racchiude tutte le parole necessarie per dire: “Italia! Italia unica e accogliente, libera e democratica, generosa e benigna, coraggiosa e mite, bella e accogliente…”. Introdotta dal “canto degli italiani”, quel “Fratelli d’Italia” che non ha eguali, Costituzione, celebrando il suo 75mo compleanno, ha raccolto intorno a sé città, paesi, villaggi, frazioni… tutti popolati da donne e uomini, giovani e vecchi, ragazzi e bambini… tutti uguali, tutti ugualmente importanti, tutti degni di possedere pari opportunità e di godere pari dignità. Che lezione!
Grande lezione, offerta senza reticenze da un attore (tale Roberto Benigni, se interessa) forse scanzonato e irriverente ma sublime nella sua essenzialità e poetica. Dice: “Ogni parola della Costituzione sprigiona forza evocativa rivoluzionaria come le opere d’arte; ogni parola della Costituzione ci dice che un mondo migliore è possibile, senza violenza…”. Benigni cita l’articolo 21 della Costituzione, quello che afferma, senza ombra di dubbio e con forza inarrestabile che “tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero”, e se l’hanno scritto, aggiunge, “vuol dire che ce n’era bisogno… È l’articolo per me più importante, pilastro di tutte le libertà dell’uomo. I nostri padri costituenti ci hanno tracciato il cammino, a noi hanno lasciato una cosa da fare: far diventare questo sogno realtà”. E ancora: “La Costituzione è legata con l’arte, è un’opera d’arte e canta… Canta la libertà, la dignità dell’uomo: ogni parola della Costituzione sprigiona una forza evocativa e rivoluzionaria come le opere d’arte perché butta all’aria quell’ordine predisposto di prima, quel soffocamento, quell’oppressione della libertà, quell’ingiustizia, quella violenza che c’era prima… La Costituzione ci fa sentire che viviamo in un Paese che può essere giusto e bello, che si può vivere in un mondo migliore… La Costituzione è un sogno fabbricato da uomini svegli ed è una cosa che può accadere una volta nella storia di un popolo”. L’attore ricorda Modugno e la sua canzone, quella che tra le righe annota un sogno che bello com’è rischia di non ritornare mai più. Poi, ricorda che la Costituzione “l’hanno fatta in pochissimo tempo”, che i padri costituenti (tra i quali c’era anche Bernardo Mattarella, il papà di Sergio, attuale e amato Presidente della Repubblica) “sono stati dei visionari” che “è stato un miracolo, perché erano 556 di tanti partiti, divisi su tutto tranne su una cosa: essere uniti per scrivere la Costituzione più bella… che non si rivolge alla società presente, ma guarda al futuro… che non si scorda di nessuno. Quei 556 hanno fatto la Costituzione più bella che si possa immaginare”. Basta pensare, per esempio all’articolo 11, quello che dice che “l’Italia ripudia la guerra”, che se lo avessero adottato tutti i Paesi “non esisterebbe più la guerra sulla Terra”; o quell’altro, il numero 21, che tutela la libertà d’espressione e che “ci ha liberati dall’obbligo di aver paura”. E ancora: la Costituzione “dice una cosa con un linguaggio semplice che sembra scritto da un bambino: tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Per me sottolinea – è l’architrave di tutto. Prima, durante il Ventennio fascista non si poteva pensare liberamente, e non si sarebbe potuto fare neanche il Festival di Sanremo… Ancora oggi in alcuni Paesi le persone vengono incarcerate solo perché ballano o cantano, non lontano da noi. L’unica maniera di fare qualcosa per il futuro è avere il passato sempre presente, e ricordarci che quello che abbiamo può sempre esserci tolto”.
Poi… le canzoni, lo spettacolo, i fiori (anche quelli presi a calci), gli applausi, le votazioni, gli arrivederci. Ma niente assomiglierà a quella mezz’ora dedicata ieri alla Costituzione.
LUCIANO COSTA