Cosa è la democrazia e cosa fare per conservarla? Un convegno organizzato a Roma dalla facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana, ha offerto risposte e proposte su cui è bene riflettere e dalle quali nessuno può chiamarsi fuori se e come intende partecipare alla diffusione e affermazione del “bene comune”. Non sono certo questi tempi facili… Infatti, prevale la “politica negativa”, che tutto riduce alla mera conta dei voti e degli interessi ad essi collegati. Da qui la constatazione che “a guidare la sovranità popolare, la garanzia della libertà e l’uguaglianza di tutti i cittadini, sia la negative politics, la delegittimazione delle proposte dell’altro, quali che siano, per massimizzare i propri obiettivi individuali e il consenso, mentre poco si nota degli sforzi per cercare unità”. In un quadro siffatto “l’individualismo e l’utilitarismo sembrano essere le sole risposte al bisogno di felicità che consolidano strutture di falsa democrazia”…
Eppure, basta poco per accorgersi che “la democrazia è proprio il servizio all’unità sinfonica di un popolo, il frutto di un impegno per creare l’unità…”, in un contesto di “diritto inteso come espressione dell’interesse comune”, cercato e affermato per il bene di tutti. È lodevole iniziativa, ma perché “il fenomeno della mobilità umana incida sulla tenuta del legame tra gli individui, che diventano agglomerati di soggetti estranei gli uni agli altri, se non competitivi e reciprocamente ostili” servono tempo, impegno e pazienza. Si tratta infatti di “garantire che le argomentazioni di ciascuno siano incanalate nella rappresentatività di tutti…”. Purtroppo, nella politica moderna “non è la forza dell’argomento migliore a decidere delle politiche future, ma il potere dei rancori, dei sentimenti istintivi, di metafore ed immagini suggestive”. Per opporsi serve ridare valore alla politica, assicurandole quella “svolta estetica” che impedisca “a politici e gruppi di vincere le elezioni perché sono “cool”, non perché hanno idee, programmi e tesi articolate”, pronti al “sacrificio di tutte le energie politiche e individuali all’altare della competizione socio-economica”.
È invece urgente e necessario che “la democrazia si costruisca in modo sostanziale, partecipativo e sociale” senza accontentarsi di stare in una “democrazia a bassa intensità”, la cui “rivitalizzazione non passa attraverso la ricerca ossessiva di popolarità, nella sete di visibilità e proclamazione di promesse impossibili o nell’adesione ad astratte colonizzazioni ideologiche, ma dalla buona politica in quanto responsabilità somma del cittadino e arte del bene comune”. Ciò “non esclude affatto dalla democrazia le opposizioni politiche, economiche, sociali, religiose, ideologiche… Ma non può esserci democrazia in una nazione che non sia unita da valori comuni e che non riconosca alcuni scopi come desiderabili”.
I mali che deturpano la democrazia si conoscono e nessun tentativo di nasconderli può essere accettato. Questi mali si chiamano “il deperimento o la corrosione prodotta dalla rottura del nesso vitale che deve unire consenso e verità; le degenerazioni oligarchiche e lobbistiche della democrazia; le derive assistenzialistiche e burocratiche dello Stato sociale”. La più inquietante e corrosiva è la prima, quella che pone la questione del rapporto tra consenso e verità. “Per restituire questo rapporto alla sua giusta interpretazione occorre il convincimento che la regola del consenso è subordinata a un criterio veritativo di fondo, quindi all’aggancio a verità e a ideali profondi, condivisi. Necessaria è poi la pratica assimilazione di tale convincimento da parte delle coscienze e della comunità; infine, è molto importante l’assidua alimentazione pratica di una trama di virtù civili diffuse”. In conclusione, la lezione sulla democrazia per il bene comune, mette in chiaro che “se il buon governo venisse a mancare, del popolo e della nazione che lo rappresenta si impadronirebbe la tirannide, che è negazione di qualsiasi regola di vita sociale, regno di solo violenza, distruzione…”.
Quel che avete letto altro non è che la sintesi della Lectio con cui monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario Vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha aperto il convegno promosso dalla Pontificia Università Gregoriana sul tema “Democrazia per il bene comune: quale mondo vogliamo costruire?”. Tema dominante. ma scomodo. Infatti, a eccezione dei soliti media dell’area cattolica, pochissimi altri ne hanno parlato. Eppure, in tempi come quelli in cui siamo immersi, sarebbe stato opportuno e lodevole assicurargli spazio…
LUCIANO COSTA