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La faccia tosta c’è, il coraggio manca…

Ci vuole una bella faccia tosta per autoproclamarsi candidato, quando mancano ancora due anni all’eventuale appuntamento, non a una qualsiasi repubblica delle banane ma alla presidenza degli Stati Uniti d’America, che magari non è in forma smagliante, ma che resta comunque patria indiscussa di democrazia e di libertà: e Donald Trump, sconfitto e ancora indagato per quello “scherzuccio” ordito contro chi l’aveva sconfitto alle libere elezioni, quella faccia tosta l’ha esibita con sfacciata arroganza annunciando ieri che lui tornerà all’assalto di quella Presidenza…

Ci vuole sempre una poderosa faccia tosta per sferrare due pugni (ma forse erano due razzi carichi di esplosivo quelli arrivati sulle case di un paesino polacco colpevole di essere assai vicino al confine con l’Ucraina) contro un innocente e poi giurare che non lui ma di quell’altro è la colpa: e il folle Putin, assurdo zar di ciò che resta della grande Russia, proprio quello che da nove mesi semina terrore bombe e lutti in una Nazione vicina e libera, di quella faccia tosta ha dato anche ieri orrenda dimostrazione negando e rinnegando l’evidenza.

Niente di nuovo. La storia è ricca di uomini e donne che si credono invincibili per il solo fatto di possedere una gran bella faccia tosta quando invece, per essere davvero degni e rispettabili, dovrebbero semplicemente dimostrare di possedere il coraggio sufficiente per non nascondere la loro pochezza e la loro insipienza. Però, è risaputo che “il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”. Lo disse il buon don Abbondio (capitolo XXV de “I Promessi sposi”, opera del Manzoni, non uno qualunque) per giustificare il curato che al termine del colloquio con il cardinale Federico Borromeo insisteva a dire che quel matrimonio non era da fare. Aveva ragione. “Perché il coraggio – leggo e trascrivo quel che ho letto all’alba – non ce lo diamo da soli, ma ce lo danno gli altri. È bella la scena del Barone di Münchausen che mentre sta sprofondando con tutto il cavallo nel pantano si tira su per i capelli. Ma si tratta del grande capolavoro dell’assurdo e anche lì ci deve essere stato l’aiuto di qualcun altro”. E’ una scena antica e fantasiosa, ma i due di cui sopra – Trump e Putin, distanti ma simili – la interpretano in maniera impeccabile, come solo due Baroni disperati e presuntuosi possono farlo.

Ha invece usato tutto il coraggio posseduto e non ancora distrutto da nove mesi di guerra, il presidente dell’Ucraina, presentando al mondo un’ipotesi di pace da costruire rispettando dieci punti fondamentali. Dopo nove mesi di guerra atroce, disumana, assurda, ignobile, inscenata da un folle con l’intento di impossessarsi di una Nazione vicina e libera così da impedirle di lanciare altriove i suoi segnali di democrazia applicata, basteranno questi dieci punti irrinunciabili per scrivere la parola pace? Domanda pertinente, risposta incerta. Però, bisogna almeno provarci a fare la pace.

Le dieci condizioni per una pace che sia sostanziale, non di facciata ma reale, le ha dettate ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Al primo posto c’è “la sicurezza nucleare”, seguita dalla “sicurezza alimentare” e dalla “sicurezza energetica”. “La quarta condizione è il rilascio di tutti i prigionieri e i deportati”. Al quinto punto c’è “l’attuazione della Carta delle Nazioni Unite e il ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina e dell’ordine mondiale”. La sesta sfida riguarda il ritiro delle truppe russe e la cessazione delle ostilità. Al settimo punto c’è la “giustizia”, che deve fare la sua parte stabilendo un meccanismo di compensazione internazionale per i danni causati dalla guerra russa. L’ottavo punto, “l’ecocidio”, rappresenta la necessità di proteggere immediatamente l’ambiente. Il nono punto è incentrato sulla prevenzione dell’escalation. All’ultimo posto, provocatoriamente, c’è la conferma della fine della guerra”.

Per il momento la Russia, giudicando le condizioni poste dal presidente ucraino “irrealistiche e inadeguate”, ha detto no. E questo “niet” conferma quel che si diceva all’inizio, e cioè che “il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.

LUCIANO COSTA

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