Ieri, nel giorno che decretava il sesto mese della guerra in Ucraina, a coloro che ostinatamente invocano la pace attribuivo la mansione di “voci che gridano nel deserto”. Oggi, dopo aver ascoltato l’accorato e disperato ammonimento di Francesco – “gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti!”, ha detto il papa alla folla accorsa per l’udienza del mercoledì -, in testa alla lista di coloro che gridano nel deserto metto ancora lui: lui che non da sei mesi guarda all’Ucraina usurpata e chiede per lei pace e rispetto dei sui diritti di Nazione, lui che è pronto a prendere le stampelle per andare a mettersi tra i contendenti e invitarli a smettere la guerra per ascoltare la pace. Invece, quella di Francesco, continua a essere la voce di colui che grida nel deserto: in un deserto chiamato Ucraina, Nazione aggredita, dove distruzione e morte sono di casa e dove lo spettro del conflitto nucleare domina orrendamente la scena. E noi? Noi Europa e Mondo ancora non siamo stati capaci di obbligare un piccolo e furioso “zar” a sotterrare l’ascia e a sedersi al tavolo della Ragione. “Penso — ha detto ieri papa Francesco – a tanta crudeltà, a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia e nessuno in guerra può dire: no, io non sono pazzo”. Invece noi, noi Europa e Mondo, siamo parte di quella pazzia, spettatori muti di una tragedia che annovera e allinea fosse comuni, bambini morti e feriti, mamme ucraine e russe che piangono i loro giovanissimi figli morti al fronte, milioni di sfollati, rischio di carestia, devastazioni ambientali, economie distrutte, approvvigionamento energetico compromesso…
Ma c’è, esiste, è possibile e visibile un filo di speranza pronto a rischiarare l’orizzonte? Forse, forse esiste e si fa strada in un panorama che rappresenta la devastazione della Ragione. “Un seme di speranza – ha scritto ieri Andrea Tornielli – è la generosità con cui tante persone hanno aperto le porte ai profughi ucraini, hanno portato personalmente aiuti, si sono coinvolte in iniziative umanitarie senza lasciarsi vincere dalla globalizzazione dell’indifferenza. Un altro seme di speranza è rappresentato dalle organizzazioni, associazioni e gruppi che si sono impegnati in azioni e iniziative per la pace, per il dialogo, per il negoziato, correndo rischi personali nel visitare l’Ucraina guerra. Seme di speranza è poi la crescente consapevolezza, diffusa nei popoli più che nelle loro guide e nei loro leader politici, dell’impellente necessità di fermare il massacro attraverso una tregua e una trattativa. Perché se all’emergere di nuovi conflitti si continuerà a rispondere sulla base dei vecchi schemi invece di osare nel tentativo di costruire una nuova convivenza internazionale, il destino dell’umanità rischia di essere purtroppo segnato…”.
Un segno di speranza lo ha dato ieri anche il Presidente del Consiglio Mario Draghi (ancora in carica per il disbrigo degli affari correnti) parlando al Meeting di Rimini. Sottolineando il momento difficile e molto complesso dell’Italia e dell’Unione Europea, Draghi ha chiaramente detto che “quanti hanno responsabilità di governo hanno anche il dovere della verità”. Il che significa chiarezza di intenti, di posizioni, di scelte. Insomma, se ho ben capito, non si può stare da una parte e contemporaneamente agire per un’altra. Questo, sempre se ho ben capito, perché “il posto dell’Italia è in Europa e nell’Alleanza Atlantica”; quindi, anche stare dalla parte dell’Ucraina non può essere una variante, ma un obbligo dettato prima dalla Ragione, che sta dalla parte di chi subisce l’aggressione, poi dal Dritto Internazionale, che vieta ogni aggressione e. infine, dal bisogno di pace e di concordia che sovrasta ogni azione…
Tutto il resto, compresa la corsa elettorale, è un di più.
LUCIANO COSTA