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La libertà d’informazione non piace ai dittatori

La libertà di stampa, di pensiero e di opinione, sancita nelle Nazioni del mondo da impegni scritti in spesso eccellenti Costituzioni, trova purtroppo sempre nuovi motivi per essere oltraggiata, annullata e vilipesa. Chi è portatore di notizie, pensieri e opinioni scritte o parlate, il giornalista per intenderci, è ritenuto pericoloso, da combattere, carcerare e spesso annullare fisicamente. Se interessa, il numero di giornalisti incarcerati nel mondo ha raggiunto un nuovo record nel 2022: sono 533, quarantacinque in più rispetto allo scorso anno, quando si era già toccato un livello storico. I dati di questa persecuzione sono stati diffusi ieri dal rapporto annuale stilato da “Reporter senza frontiere”, associazione che nel mondo difende il diritto alla libertà di espressione.

Più della metà dei giornalisti detenuti si trova in cinque Paesi. A guidare la classifica degli Stati più autoritari è la Cina, dove ci sono 110 giornalisti imprigionati, seguita da Birmania (62), Iran (47), Vietnam (39) e Bielorussia (31). Proprio l’Iran rappresenta un caso particolare: escluso dalla ‘lista nera’ lo scorso anno, secondo Reporter senza frontiere il Paese è diventato “uno dei peggiori carcerieri dei giornalisti”, a causa della dura azione di Teheran nei confronti di manifestanti e media. Le autorità iraniane hanno arrestato, infatti, 34 giornalisti, un numero senza precedenti, da quando, il 16 settembre scorso, sono scoppiate le proteste per la morte in carcere della 22enne Mahsa Amini, arrestata per aver violato il rigido codice di abbigliamento femminile della Repubblica islamica. “I regimi dittatoriali e autoritari stanno riempiendo più velocemente le loro case di reclusione, imprigionando i giornalisti”, ha denunciato il segretario generale dell’associazione per la difesa della libertà di stampa. Tra i 533 professionisti dei media incarcerati, 78 sono donne, una cifra pari al 14,6% del totale contro il 7% di cinque anni fa.

In aumento anche il numero dei giornalisti uccisi: 57 nell’ultimo anno. Una delle cause dell’aumento delle vittime è da attribuire alla guerra in Ucraina: sono 8 i reporter che hanno perso la vita mentre seguivano il conflitto russo-ucraino, mentre la metà dei 57 giornalisti uccisi ha perso la vita in Sud America, undici solo in Messico. “Quasi l’80% dei giornalisti uccisi nel 2022- si legge nel rapporto –  sono stati deliberatamente presi di mira a causa della loro professione e degli argomenti su cui stavano lavorando”. La criminalità organizzata e la corruzione sono i temi che espongono maggiormente i giornalisti al rischio per la propria incolumità: “Tutte le inchieste sul narcotraffico, sulla violenza, sulle bande, ma anche sulle mafie e altre inchieste sugli abusi di potere – scrive Reporter senza frontiere – sono argomenti che possono portare i giornalisti addirittura alla morte”.

Secondo gli autori del rapporto “è in atto un vero e proprio rastrellamento di giornalisti considerati oppositori”. Infatti, almeno 65 giornalisti e operatori dei media sono attualmente tenuti in ostaggio. Tra loro ci sono Olivier Dubois, reporter francese detenuto da più di 20 mesi dal Support Group for Islam and Muslims (Jnim), un gruppo armato in Mali affiliato ad al-Qaeda, e Austin Tice, un giornalista americano rapito quasi 10 anni fa in Siria. Nel 2022, infine, sono state denunciate anche due scomparse che portano a 49 il numero totale di giornalisti attualmente dispersi.

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