Non c’è correlazione tra l’una e l’altra, però entrambe dimostrano la mancanza di rispetto sia per la vita umana, sia per la natura che la circonda. La prima, infatti, pretende di essere la raffigurazione indiscussa della “giustizia applicata”, la seconda è invece la condanna inevitabile degli umani, che nulla (o assai poco) fanno per consentire alla natura di fare naturalmente il suo corso. Stando così le cose, come agire per rimediare e porre le basi per un futuro degno d’essere vissuto? Gli esperti dicono che, nella società degli umani la “pena di morte” non è rimedio al crimine commesso da umani. Per il degrado cui è sottoposta la natura dicono invece che basterebbe evitare gli eccessi (quali siano, ognuno rifletta e cerchi di evitarli) per consentirle di vivere e far vivere. In ambedue i casi serve il coraggio di agire: fermando il boia e impedendo a chicchessia di usurpare i beni messi a disposizione dalla madre terra. In più, se possibile, sarebbe il caso di riflettere su dati e fatti che la cronaca mette quotidianamente a disposizione. Per esempio…
SULLA PENA DI MORTE – La cronaca dice che nel 2022 si sono registrate in tutto il mondo 883 esecuzioni di condanne a morte, segnando così un + 53% rispetto all’anno precedete. A renderlo noto è il rapporto di Amnesty International, diffuso ieri e, come sempre, specchio fedele di una realtà che troppo spesso non appare sebbene sia evidente che esiste. Il notevole incremento registrato, dice il rapporto, è causato soprattutto dalle esecuzioni avvenute nei Paesi del Medio Oriente. Ma il dato potrebbe essere ancora più vistoso se e come fosse possibile annoverare le condanne a morte eseguite in Cina (dove invece vige il più rigoroso segreto di Stato) o nella Corea del Nord e nel Vietnam che sistematicamente negano l’accesso ai dati. Il rapporto segnala però che circa il 90% delle esecuzioni registrate sono state compiute in soli due Paesi: 576 in Iran (erano 314 nel 2021) e 196 in Arabia Saudita (erano 65 l’anno prima). Preoccupa poi l’aumento che si è verificato negli Stati Uniti, dove il numero di vittime è passato da 11 a 18. Un altro aspetto negativo del 2022 sono i cinque Paesi in cui sono riprese le esecuzioni capitale, ovvero Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore.
Il rapporto di Amnesty International oltre a mettere in luce i trend più recenti ricorda che la pena di morte è stata abolita in più della metà delle Nazioni del mondo: 112 Stati sono totalmente abolizionisti, 23 Stati sono considerati abolizionisti di fatto perché non eseguono condanne a morte da almeno dieci anni o hanno assunto l’impegno a livello internazionale a non ricorrere alla pena capitale; altri nove Stati hanno cancellato la pena di morte per i reati ordinari. In totale, dunque, 144 Stati hanno abolito la pena di morte nella legge o nella prassi; 55 Paesi la mantengono in vigore, ma quelli che eseguono condanne a morte sono un terzo. Un dato incoraggiante è il fatto che nel 2022 ben sei Paesi hanno abolito totalmente o parzialmente la pena di morte. Di questi Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Sierra Leone e Repubblica Centrafricana hanno abolito la pena capitale per tutti i reati, mentre Guinea Equatoriale e Zambia solo per i reati ordinari.
Amnesty offre anche una fotografia del tipo di crimini puniti dalla pena di morte, ricordando che gli illeciti per i quali è prevista “sono molteplici e profondamente diversi da Stato a Stato”. La maggior parte dei Paesi prevede la condanna a morte per l’omicidio, altri per terrorismo o reati contro l’ordine costituito, altri ancora per apostasia o reati a sfondo religioso. Esistono però ordinamenti giuridici che prevedono la pena più crudele anche per reati comuni come il traffico di droga. Nel 2022, ad esempio, le persone messe a morte per reati di droga è più che raddoppiato rispetto al 2021.
SULLA MORTE DEL GHIACCIAIO – La sua fama è dovuta essenzialmente a due fattori: l’aumento e il movimento. Il ghiacciaio orizzontale Perito Moreno — situato in Patagonia, esteso per per 250 km² e per 30 km in lunghezza e Patrimonio Unesco dell’umanità dal 1981 —, è infatti uno dei pochi che cresce in modo costante e che si muove, poiché tra il suo fondale e la base esiste un “cuscino” di acqua che lo fa avanzare rapidamente. Ma ora, per questo gigante bianco è l’allarme rosso: il Perito Moreno si sta sciogliendo, con un’erosione che ha raggiunto i 300 metri in soli due anni, il 2021 e il 2022. Il calcolo è stato possibile grazie al confronto di immagini satellitari di diverse epoche e a un’esplorazione a piedi compiuta sul posto da un team dell’Istituto argentino di nivologia, glaciologia e scienze ambientali. Lo scioglimento del Perito Moreno non è, però, un caso isolato: diversi studi dimostrano che in tutti i continenti i ghiacciai si sono ridotti del 2 per cento in dieci anni. La causa la conosciamo bene: sono i cambiamenti climatici. E per quelli, purtroppo, non c’è ancora alcuna riduzione.
Meditiamo, gente, meditiamo!
LUCIANO COSTA
Dopo elezioni
Eugenio Fatigante martedì 16 maggio 2023
Era frammentata la mappa di questo test amministrativo, molto parziale ma pur sempre il primo di un certo peso (a parte le regionali in Lombardia, Lazio e Friuli) a 8 mesi dalla svolta segnata dal centrodestra alle elezioni nazionali del settembre scorso. Atteso con un’ansia forse maggiore dal centrodestra, come primissima verifica del voto parlamentare, appunto, nonché come indicazione delle tendenze in atto. In Italia – è inevitabile – ogni elezione locale acquisisce in parte un significato “nazionale”. Accresciuto stavolta dal mancato, ulteriore smottamento in termini di affluenza che invece non c’è stato (è rimasta poco sotto il 60%).
Come per ogni primo turno, inoltre, qualsiasi discorso resta condizionato dall’esito dei ballottaggi, fra 14 giorni. La sensazione a fine giornata, comunque, è che non ci sia un “effetto valanga” per il centrodestra, che partiva da una condizione di vantaggio controllando già 8 dei tredici capoluoghi di provincia in cui si votava. Ora, in tre di queste città pare probabile il ballottaggio, il cui esito finale farà pendere chiaramente la bilancia da una parte piuttosto che da un’altra.
Ma, soprattutto, la “valanga” non c’è stata in quelle due città – Ancona e Brescia – alle quali la coalizione che oggi siede a Palazzo Chigi aveva assegnato un forte valore simbolico, nella speranza di “strapparle” dopo decenni di dominio al centrosinistra. Per esse si era spesa, col consueto piglio battagliero, la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che aveva capeggiato i comizi caratterizzati dalla parata di tutti i leader al gran completo. In particolare, i fari erano concentrati su Ancona (da sempre governata a sinistra), per due motivi: perché unico capoluogo di Regione in questa tornata e perché rappresentava un esame per quel “laboratorio Marche” che, a settembre 2020, con la vittoria del governatore Francesco Acquaroli in questa Regione una volta “rossa” aveva indicato la direzione in forte ascesa intrapresa poi da Fratelli d’Italia nell’ultimo biennio. La “spallata” direttamente al primo turno è fallita, anche se la forte ascesa in vista del ballottaggio rispetto a cinque anni fa ha comunque i connotati di una conferma parziale della sintonia col corpo elettorale. Conferma “guastata” però dall’indicazione di Brescia, l’altra città che dalle parti di via della Scrofa e dintorni si sperava di conquistare: la “Leonessa d’Italia” non ha però cambiato “colore”, pur all’interno di una Lombardia rimasta a febbraio al centrodestra, dando vita a un risultato che potrebbe anche riaprire delle frizioni tra Fdi e la Lega, che aveva fortemente voluto il candidato Rolfi.
E Brescia mantenuta e non persa rappresenta sull’altro fronte, sempre con un occhio ai prossimi ballottaggi (vedi il recente modello Udine), il fiore all’occhiello di Elly Schlein, l’altra leader donna che per queste amministrative si era comunque molto spesa, girando in lungo e in largo la penisola e raccogliendo discreti successi di piazza, malgrado in molte località fosse stata “obbligata” – vista la tempistica a ratificare candidature già concordate prima del suo avvento alla segreteria. E, tuttavia, la conferma proprio nella città cara al “popolare” Mino Martinazzoli, che pesca quindi anche nell’elettorato moderato, è la riprova che con questa componente la neo-leader dem dovrà dialogare sempre più per evitare di perdere consensi, stemperando tentazioni massimaliste o estremiste.
Passando invece ai “colori” delle alleanze (da costruire in chiave futura), le indicazioni sono contraddittorie per la leader “armocromista”: il “campo largo” con i 5 stelle è premiato a Teramo, ma è costretto ai “supplementari” a Pisa e a Brindisi, in quella Puglia che pure è terra di elezione dell’ex premier Giuseppe Conte.
È da sottolineare tuttavia che, come spesso capita nelle amministrative, è difficile tracciare una rappresentazione precisa perché il quadro va “depurato” delle tante liste civiche di cui non sempre è chiara l’identità: a volte sono espressioni “camuffate” dei partiti tradizionali, solo in qualche caso sono effettivamente basate su gruppi e leader locali.
Un’ultima indicazione generale che si può cogliere dal voto è, in ogni caso, quella di un certo grado di resistenza dei partiti e dei politici maggiori, più radicati nel territorio (vedi Scajola a Imperia, ma non solo), pur nella “fluidità” di un voto amministrativo così frastagliato. Se si sia o no già davanti anche a un’interruzione della “luna di miele” del centrodestra con gli elettori italiani, è ancora presto per dirlo. Per avere questa indicazione occorrerà attendere altre prove. Legate alla gestione dei dossier più delicati, dagli sviluppi della guerra alla partita delle riforme costituzionali e alle delicate sfide economiche, a partire dalla riforma fiscale e dal taglio delle tasse. Per la prova definitiva, tutto è rimandato al banco di prova delle Europee 2024, classico spartiacque della legislatura.
Oppressione
«Assistiamo a un peggioramento di tendenze preoccupanti. I governi di molti Paesi continuano ad opprimere le minoranze religiose in diversi modi, inclusi tortura, pestaggi, sorveglianza illegale e reclusione nei cosiddetti campi di rieducazione. Non smettono, inoltre, di discriminare le persone in base alla fede in numerosi ambiti quali, per esempio, l’accesso a determinate professioni o l’obbligo di lavorare durante le festività religiose». Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha dipinto un panorama fosco della situazione della libertà religiosa nella presentazione al Congresso dell’ultimo rapporto elaborato dal dipartimento di Stato. I timori di Washington riguardano, in particolare, 17 Stati. Dodici di questi erano già segnati nel precedente studio: Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord, Cuba, Eritrea, Iran, Myanmar, Nicaragua, Pakistan, Russia, Tagikistan e Turkmenistan. Sette, invece, sono “new entry”: Afghanistan, India, Nigeria, Siria e Vietnam. Non sfugge, anche ad una prima occhiata il carattere politico della lista. Le nazioni citate hanno hanno rapporti perlomeno turbolenti con gli Usa. Nel caso della Cina si tratta addirittura del principale rivale strategico. Mentre, dall’inizio della crisi ucraina, l’India si è progressivamente avvicinata prima a Mosca e poi a Pechino. Questo non significa, però, che nei 17 Paesi non si assista a gravi limitazioni della libertà religiosa. Gli esempi citati dal dipartimento di Stato sono eloquenti. Per la Cina, si indica soprattutto la repressione degli uighuri. Già in precedenza Washington aveva parlato di «genocidio» per la minoranza islamica. Nel corso dello scorso anno il numero di persone incarcerate a causa della propria fede a quota 10mila. Lo studio, inoltre, punta il dito sull’Iran che ha ulteriormente irrigidito le proprie politiche dalle proteste di settembre. Di New Delhi preoccupa l’enfasi del governo di Naarendra Modi sul nazionalismo indù e le norme approvate in molte Stati che proibiscono le conversioni ad altre fedi. I maggiori abusi perpetrati dalla Russia riguardano le zone occupate dell’Ucraina dove ai sacerdoti ortodossi fedeli a Kiev viene impedito di svolgere il proprio ministero e si assiste a cicliche epurazioni. Blinken, infine, ha voluto sottolineare gli arresti e le minacce nei confronti della Chiesa cattolica in Nicaragua. Il dipartimento di Stato, tuttavia, non si limita alla denuncia ma raccoglie anche le buone pratiche come il riconoscimento della minoranza buddista in Belgio, le garanzie giuridiche attribuite ai culti afro in Brasile e i progressi dell’Ue nella lotta all’islamofobia e all’antisemitismo.
Poveri anziani
MILANO – È stato presentato, presso il Salone del Risparmio a Milano, l’Osservatorio Silver Economy Censis-Tendercapital 2023, “I longevi e il risparmio: valori e scelte”. Dalla ricerca emerge una fotografia nitida della condizione economica dei longevi di oggi, una generazione dedita al risparmio e pronta a salvaguardare il proprio sistema di welfare con la sua ricchezza e i propri investimenti. Le attuali generazioni di anziani beneficiano di un benessere economico più alto dei coetanei di altre epoche e di quello che gli attuali giovani e adulti si attendono per la loro longevità. Un benessere che gli anziani hanno costruito nel tempo grazie alla contribuzione, a cui devono la pensione, e alla buona gestione dei risparmi accumulati. Attualmente, una famiglia, con capofamiglia una persona anziana, rispetto a una con capofamiglia con età sino a 40 anni, ha un valore della ricchezza netta media superiore del 50,8% e un valore delle attività finanziarie superiore del 100,7%. Dall’Osservatorio Censis-Tendercapital sulla Silver Economy emerge come le persone che hanno compiuto 65 anni, considerate comunemente anziane, siano in aumento: sono 14.177.445 e rispetto a venti anni fa si registra un incremento di 3.323.545 persone (+30,6%). Nei prossimi venti anni, si prevede che gli anziani diventeranno 18.953.717, con un aumento di 4.776.272 individui (+33,7%). L’economia dell’età longeva mette in luce il ruolo della pensione: il 65,3% degli anziani ritiene che la sola pensione non garantisca il benessere nella terza e quarta età, idea condivisa dal 74,7% dei giovani e dal 79,1% degli adulti. L’84,6% dei longevi dichiara che per una vecchiaia serena e in condizione di benessere è fondamentale nella vita investire bene il risparmio: lo pensano l’80,9% degli adulti e il 76,7% dei giovani. In venti anni laricchezza netta familiare media degli anziani ha registrato +3,8% reale, in controtendenza rispetto a quella delle persone fino a 40 anni (-11,9%) e di quelle tra 41 e 65 anni (-13,5%). Per quanto riguarda la ricchezza finanziaria dei longevi, in venti anni è aumentata in termini reali del +6,9%, rispetto a un calo di quasi il 20% di quella delle persone fino a 40 anni e del 17,7% per le persone tra 41 e 65 anni. La condizione degli anziani attuali deve molto anche all’efficacia del nostro sistema di welfare. Oggi, però, si assiste al ritorno di finanziamenti al welfare inadeguati rispetto alle dinamiche di invecchiamento, al boom delle cronicità e alla necessità di servizi per eventuali emergenze. In ambito sanitario, ad esempio, per l’84,1% degli anziani nell’ultimo anno è diventato più difficile accedere alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale della propria Regione, a causa di liste di attesa sempre più lunghe. Il risparmio per gli anziani diventa, così, un vero polmone finanziario a cui ricorrere per pagare servizi e prestazioni sanitarie altrimenti difficilmente accessibili in tempi appropriati. Per Federico Freni, sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze, “dall’Osservatorio Censis-Tendercapital sulla Silver Economy emerge come la ricchezza netta familiare media degli anziani ha registrato un incremento del 3,8% reale, rappresentando un punto di riferimento concreto nel panorama sociale. Occorre, pertanto, sviluppare un’offerta di servizi innovativi per rispondere alle esigenze degli over 65 e tutto ciò può rivelarsi un potente motore per rilanciare la crescita in un Paese, come il nostro, che invecchia, anche attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro”. Secondo Claudio Durigon, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, “l’Osservatorio Censis-Tendercapital sulla Silver Economy mette in evidenza il fondamentale ruolo sociale che la generazione dei longevi svolge nel Paese. Occorre, pertanto, adeguare il sistema di welfare alle dinamiche di invecchiamento della popolazione tenendo conto dell’attuale congiuntura economica particolarmente complessa. In questa prospettiva, la riforma del sistema pensionistico rappresenta un presupposto essenziale per tutelare una generazione che ha contribuito in maniera decisiva al progresso della nostra comunità nazionale”. Per Moreno Zani, presidente di Tendercapital, “nonostante le difficoltà dell’attuale fase storica, che raccoglie le conseguenze dannose di eventi come la pandemia e la guerra russo-ucraina e con l’inflazione che rappresenta una delle principali preoccupazioni per la tenuta del welfare, gli anziani restano un punto di riferimento concreto nel panorama sociale e per le proprie famiglie. Come emerge dall’Osservatorio sulla Silver Economy, gli anziani detengono un’ottima capacità di risparmiare e investire, mentre i giovani sono ancora economicamente in difficoltà, incerti sul proprio futuro lavorativo e costretti a fare affidamento sul dinamismo e sulla stabilità della generazione dei longevi”. Marco Alparone, vicepresidente della Regione Lombardia e assessore al Bilancio e Finanza, ha sottolineato che “la Silver Economy rappresenta un asset centrale sul quale occorre investire, tenuto conto dell’aumento dell’aspettativa di vita. Il potenziamento della rete di welfare, l’erogazione di servizi e prestazioni accessibili e, al contempo, la tutela del risparmio restano le sfide più importanti per le amministrazioni locali al fine di salvaguardare il benessere e la condizione economica dei longevi. Abbiamo una generazione che ha investito tutta la vita nel risparmio, costruendo al contempo una famiglia, facendo dei figli. In tal senso, il ruolo del risparmio è diventato un potente motore per lo sviluppo del Paese”. Secondo Maurizio Grifoni, presidente Fondo Fon.Te, “si crea ricchezza con il lavoro, la si risparmia con la parsimonia e la si conserva con la saggezza’, così un vecchio proverbio. Era il tempo del lavoro stabile e duraturo, del consumo frugale e sostenibile, del pensiero maturo e profondo. Oggi il lavoro è insicuro, il consumo effimero, il pensiero frammentato, il presente dilatato, il futuro incerto. Occorre perciò credere e investire nell’educazione, nella formazione, nel lavoro, nell’impresa, nel sociale e nella famiglia. La Previdenza complementare oltre a garantire una pensione migliore dovrà prendersi questo impegno”. Tiziana Stallone, Vicepresidente Adepp e Presidente Enpab, ha osservato che “nonostante il quadro economico caratterizzato dalla crescita dell’inflazione, lo stato di salute del mondo delle Casse appare positivo con un patrimonio complessivo in crescita. In tale contesto, la riduzione della pressione fiscale appare prioritaria, nell’ottica di rafforzare il potere d’acquisto delle pensioni e garantire la tutela del risparmio. La nostra sfida è quella di rispondere a una nuova platea, demograficamente più anziana. Auspichiamo, dunque, interventi coraggiosi al fine di consentire alle Casse di investire nello sviluppo del Sistema-Paese”. Per Francesco Maietta, responsabile Area Consumer Mercati privati Istituzioni Censis, “i longevi sono un cardine decisivo della nostra società e il risparmio a sua volta, con la pensione e la proprietà della casa, è un cardine della loro buona condizione economica. Le attuali generazioni di longevi sono state abili nel costruire nel tempo solidi patrimoni, hanno consumi contenuti e non smettono di risparmiare. Preoccupazione maggiore, però, è il restringersi del welfare, in particolare del servizio sanitario, che li costringe a spendere di tasca propria. Ecco la vera sfida dei prossimi anni alla buona vita nella longevità”.