Il ritornello della notte, per l’Ucraina, è sempre lo stesso: bombe e missili lanciate dalla Russia, morti e feriti, tra questi anche bambini. Poi la domanda: e la pace? Nessuna risposta, quella può attendere. La Russia estende il suo volere e i pone il suo giogo. Però, fino a quando potrà durare questa situazione? Nei giorni scorsi sembrava irreversibile, l’altro ieri invece qualcosa, sul grande scacchiere internazionale, s’è mosso. Ieri una conferma: la Russia di Putin non gode più della protezione assoluta della Cina e neppure dell’India e di altre nazioni che fin qui avevano evitato di bollarla quale invasore dell’Ucraina. Tutto questo mentre la guerra conta 434 giorni e avanza l’intensificarsi delle operazioni belliche in vista della ormai più che attesa controffensiva ucraina di primavera. Però, come annotato nelle righe precedenti, pur tra annunci e nebbie della propaganda per sviare il nemico, emergono fatti importanti, anche sul fronte diplomatico. In primo luogo, la rivelazione da parte del Papa di una missione (della quale Russia e Ucraina dicono di non sapere nulla) capace di smuovere le acque stagnanti di un negoziato che non riesce nemmeno a partire. E poi il voto alle Nazioni Unite, per certi aspetti clamoroso e passato pressoché sotto silenzio, con cui anche Cina e India hanno condannato l’aggressione di Mosca.
È accaduto il 26 aprile scorso, durante la 77esima sessione dell’Assemblea generale dell’Onu, quando da parte di 48 Stati è stata proposta una risoluzione in cui si chiedeva cooperazione tra le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa. Eloquente è la lettura del documento. Infatti, nelle pieghe del testo, tra le varie premesse, a pagina 2 (su dieci pagine complessive) si afferma esplicitamente: si riconosce “anche che le sfide senza precedenti che l’Europa si trova ora ad affrontare dopo l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina, e prima ancora contro la Georgia, e la cessazione dell’appartenenza della Federazione russa al Consiglio d’Europa richiedono una cooperazione rafforzata tra le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, in particolare al fine di ripristinare e mantenere tempestivamente la pace e la sicurezza basate sul rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’indipendenza politica di ogni Stato, di garantire l’osservanza dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale durante le ostilità, di fornire un risarcimento alle vittime e giustizia a tutti i responsabili delle violazioni del diritto internazionale umanitario”.
La risoluzione dal titolo “Cooperazione tra le Nazioni Unite e le organizzazioni regionali e altre organizzazioni: la cooperazione tra le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa” è stata sostenuta da 122 Paesi su 145 votanti, con solo 5 voti contrari (Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Siria e Nicaragua). Tra i 18 astenuti, ci si aspettava di vedere i grandi “non allineati”, ma questa volta soltanto il Sud Africa ha guidato una nutrita pattuglia di Paesi africani. Cina, India e Brasile (quest’ultimo non per la prima volta) hanno acceso la luce verde dell’approvazione, sancendo di fatto l’ammissione ufficiale che Mosca ha aggredito l’Ucraina (e la Georgia) violandone l’integrità territoriale e l’indipendenza politica, con la conseguente richiesta di risarcire le vittime e processare gli invasori.
Non si tratta di una risoluzione diretta esplicitamente a questo scopo, come quella votata in febbraio, sulla quale Pechino e New Delhi si erano astenute ma, complice (forse) la distrazione di qualche ambasciatore (versione più improbabile) o la volontà di dare un primo messaggio morbido a Putin sul fronte delle organizzazioni sovranazionali (versione più probabile), si è arrivati a un risultato che non va sottovalutato. È un passo da mettere in collegamento con la telefonata di Xi Jinping a Volodymyr Zelensky e il dichiarato proposito cinese di promuovere una iniziativa di pace? Troppo presto per dirlo, ma certo due segnali sono meglio di uno, anche se probabilmente non sono ancora un indizio.
(A cura di LUCIANO COSTA)