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La storia di Sasha condanna Putin e la sua guerra…

Senza vergogna, rimorso, rimpianto o anche solo un cenno che potesse significare il turbamento di sentirsi addosso il peso tagico della guerra: niente di niente. Lui, Putin, folle zar di una Russia solo sua, di nascosto come solo i baldi furfanti sanno fare, ha sfidato il mondo presentandosi nei luoghi sfatti dalla sua guerra, dove ha rubato bambini e devastato la terra, solo per dimostrare di essere al di sopra di ogni giudizio. Ma verrà un giorno in cui le colpe lo sommergeranno e il rimorso straccerà il suo cuore. Allora, quel piccolo uomo dovrà rispondere dei suoi crimini davanti all’umanità offesa, di fronte al tribunale della storia. Un giorno, davanti a lui, troverà Sasha, un ragazzo che non ha ancora 12 anni, la cui storia ha abbattuto il mito dell’incrollabile zar che cavalca gli orsi e invece ruba i bambini. È tornato a casa, Sasha. Beffandosi degli sgherri del Cremlino. Gli hanno portato via la mamma, ma neanche Davide si era arreso a Golia. E la sua storia è l’atto d’accusa contro Vladimir Putin.

Guz, Sasha, Anna-Maria. Il più piccolo non ha tre anni, il più grande quasi dodici. Sono alcuni dei 16mila nomi di piccoli “desaparecidos” ucraini. Non sono semplicemente “spariti”. Per dirla con un investigatore dell’Aja: «Sono stati fatti sparire». La differenza è tutta qui. E Vladimir Putin lo sa, al punto da aver firmato i decreti che autorizzano a separare madri dai figli, per rendere adottabili i bambini e intanto «rieducare» gli scavezza-collo come Sasha, magari affidandoli ai macellai ceceni.

Secondo l’ufficio del procuratore generale di Kiev i minorenni dispersi sono 16.226. La gran parte sarebbero stati deportati in Russia o nei territori occupati dalle forze russe. Proprio come Oleksandr, 12 anni, per tutti Sasha. Era stato preso con la forza dai militari di Mosca insieme alla giovane madre Snizhana. Erano a Mariupol nel primo mese di guerra. Con il pretesto delle evacuazioni, mamma e figlio vennero condotti in un campo di filtrazione, dove sono stati poi separati senza neanche dargli modo di salutarsi un’ultima volta. Sasha era ferito a un occhio, e dopo le cure in un ospedale gli hanno comunicato che avrebbe cambiato vita: un orfanotrofio in attesa di venire adottato da una famiglia russa.

È al coraggio di ragazzini come Sasha che si deve il mandato di cattura per Vladimir Putin. Incrociare le testimonianze, raccogliere riscontri, verificare ogni virgola del racconto senza dover costringere i bambini ritrovati alla tortura della memoria. Sono 308 quelli recuperati alle loro famiglie. Un lavoro che ha richiesto tempo, ma che ha fornito elementi decisivi nell’indagine del procuratore internazionale Karim Khan.

«Siamo stati caricati su un Kamaz (un camion di fabbricazione russa, ndr) e portati al campo di filtrazione a Bezimenne», un borgo sul mare a metà strada tra Mariupol e il confine russo, che dista 30 chilometri. Lì la madre è stata interrogata, «e poi mi hanno detto – racconta Sasha – che lei non aveva superato i controlli e che le sarei stato portato via. Non ci hanno neanche permesso di vederci». Niente giri di parole: «Nessuno ha bisogno di te. Avrai una nuova famiglia», gli dissero. Nel frattempo Liudmyla, la nonna di Oleksandr che vive in Polonia, è riuscita a mettersi in contatto con il nipote grazie a un messaggio che lui era riuscito a mandarle su Facebook dal territorio occupato, un momento prima che gli venisse impedito di accedere a Internet.

Dopo aver attraversato Polonia, Lituania, Lettonia, Russia e la regione occupata di Donetsk, grazie ad alcuni “partigiani” la nonna ha trovato Oleksander e lo ha strappato ai russi, con modalità che non possono essere precisate per non rendere identificabile il bimbo e sua mamma. Le ultime informazioni sulla madre risalgono alla fine dell’estate scorsa, quando si è appreso che era detenuta in una struttura a Taganrog, in territorio russo a un’ora d’auto da Rostov sul Don. Sasha e la nonna non sanno se è ancora viva, ma lo sperano. Del processo a Putin a questi bambini importa fino a un certo punto: «Sto aspettando mia madre e credo che tornerà, e voglio che questo accada prima possibile», ripete Sasha.

«La linea della propaganda russa – denuncia il direttore dell’Associazione per i diritti dell’infanzia – è che lo fanno per proteggere i bambini. Dicono: li stiamo aiutando, sono stati trascurati dai loro genitori, sono stati abbandonati, e ora ci prenderemo cura noi di loro”. Molti di questi bambini hanno una famiglia “e sono stati portati via senza che i genitori ne fossero mai informati e ora cercano disperatamente di riaverli». Putin lo sa… Lo sa, si nasconde… Nasconde la sua orrenda vergogna… Ma il mandato di cattura per Putin e di chi con lui ha consumato e sta consumando la tragedia “è un segnale importante, sia per l’Ucraina che per il resto del mondo”. Secondo Amnesty International “significa che le persone sospettate di aver commesso crimini di diritto internazionale in Ucraina andranno incontro ad arresti e processi, a prescindere da quanto siano potenti”.

E solo allora potremo cantare la vittoria della Giustizia.

A cura di LUCIANO COSTA

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