L’ultimo messaggio, ricevuto due settimane fa, diceva: “La Terra Santa vi aspetta”. E quando tutto lasciava prevedere che il pellegrinaggio rimandato fosse imminente, di nuovo la violenza ha preso il sopravvento. “Israele brucia”, hanno scritto i giornali di mezzo mondo. E le immagini trasmesse dalle televisioni offrivano l’immagine di una Terra Santa dilaniata dalla violenza, terreno di scontro tra palestinesi ed ebrei, luogo di guerra piuttosto che di pace. La domanda, ancora una volta, è la stessa: chi alimenta e ordina la spirale di violenza che a tempi quasi preordinati sconvolge e abbatte tutto ciò che di positivo è stato costruito?
Israele è stato il primo Paese al mondo a vaccinare tutti i suoi abitanti riuscendo così a sconfiggere la pandemia causata dal virus Covid-19. Il Paese era pronto ad accogliere pellegrini e viaggiatori, per loro, ha scritto un francescano della Custodia di Terra Santa “sono state appianate le strade di Gerusalemme e rese accoglienti le colline che videro i passi di Gesù di Nazareth”. Tutto inutile. La violenza ha preso il sopravvento e della Terra Santa di nuovo abitabile se ne parlerà quando e come la ragione avrà fatto tacere le armi.
A innescare l’escalation della violenza sono state le manifestazioni organizzate a Gerusalemme dai gruppi palestinesi di Hamas nel quartiere Sheikh Jarrah contro lo sfratto di alcune famiglie preteso da tanto tempo dai proprietari ebrei. Quel che la cronaca non spiega è il fatto che la popolazione di Sheikh Jarrah è per la maggior parte arabo-palestinese e che in quel quartiere c’è un sito considerato sacro dagli ebrei, ossia la tomba di Simeone il Giusto. Dunque, una nuova guerra religiosa tra arabi ed ebrei? Pare proprio di sì. “Gerusalemme ha chiamato, Gaza ha risposto” è stato il messaggio che Hamas, il capo dei palestinesi che governano la Striscia e che vogliono l’annientamento di Israele, ha mandato al mondo ordinando il lancio di centinaia di missili verso le città israeliane. Israele ha risposto ordinando raid aerei e richiamando cinquemila riservisti per rafforzare l’operazione militare denominata “Guardiani delle Mura”.
Intanto, dalla comunità internazionale si alza forte la voce dell’Unione Europea che chiede alle due parti lo stop immediato alle violenze. Altrettanto forte è la dichiarazione dei Patriarchi delle Chiese di Gerusalemme, per i quali le violenze alla moschea di Al Aqsa e a Sheikh Jarrah “violano la santità del popolo di Gerusalemme e di Gerusalemme come Città della Pace. Le azioni che minano la sicurezza dei fedeli e la dignità dei palestinesi soggetti a sfratto sono inaccettabili”.
Nella loro dichiarazione i leader delle Chiese di Gerusalemme si dicono “profondamente scoraggiati e preoccupati” per questi sviluppi. “Il carattere speciale di Gerusalemme, con l’attuale Status Quo, obbliga tutte le parti a preservare la già delicata situazione nella Città Santa”, scrivono. “La crescente tensione, sostenuta principalmente da gruppi radicali di destra, mette in pericolo la già fragile realtà dentro e intorno a Gerusalemme”. I leader cristiani chiedono quindi “alla Comunità Internazionale e a tutte le persone di buona volontà di intervenire per porre fine a queste azioni provocatorie, nonché di continuare a pregare per la pace di Gerusalemme”.
Tornano alla mente le parole pronunciate da papa Paolo VI nel viaggio in Terra Santa che intraprese il 4 gennaio 1964 concludendolo due giorni dopo, solennità dell’Epifania, esortando i cardinali riuniti a Roma per la sessione conclusiva del Concilio Vaticano a essere con lui messaggeri di rinnovata Speranza. “Siamo venuti fin qui – disse allora Paolo VI – per implorare la Divina Misericordia in favore della pace”.
Mai come adesso quell’invocazione torna a essere attuale.
LUCIANO COSTA