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L’Italia che c’è e quella che verrà…

La signora che abita all’angolo e che ogni mattina attende pazientemente che arrivi qualcuno con cui fare quattro chiacchiere, mi ha chiesto se di tutti quei miliardi in arrivo dall’Europa e finalizzati ad aiutare l’Italia a medicare le ferite causate dalla pandemia resterà qualcosa anche per chi come lei vive di pensione al di sotto dei mille euro. Le ho risposto che per adesso io, lei e chissà quanti altri siamo spettatori muti di qualcosa che deve ancora arrivare. “Quella degli spettatori muti – ha ribattuto l’amica – l’ho già sentita e come sempre non mi piace; il restare in attesa, invece, mi sembra il solito scherzo, quello che invitando a stare buoni e quieti non cambia niente”. Ho raccolto le parole e non avendo nulla di nuovo da aggiungere, le ho augurato una buona giornata.

Forse potevo fare di meglio. Per esempio, spiegarle che questa volta abbiamo un Draghi che garantisce, che quel Draghi conosce i meccanismi dell’Europa meglio di qualunque altro, che accanto a quel Draghi c’è un gruppo che, salvo le sbavature e le stonature di qualche componente, è intenzionato a fare il meglio per aiutare l’Italia ad andare oltre la crisi e così disegnare giorni migliori. Potevo… Ma quella signora, come tante altre signore e tanti altri signori, non si sarebbe accontentata di parole, del solito “ce la faremo”, del ripetuto e bellissimo “nessuno resterà indietro”. Le ho allora promesso che sarei tornato a chiacchierare con lei per vedere insieme di capire di più e meglio quel che sta accadendo e quel che c’è dentro al colossale piano di aiuti a cui l’Italia dovrebbe accedere.

Ho riletto il discorso con cui Mario Draghi ha ieri presentato al Parlamento il piano che fa da supporto all’utilizzo dei miliardi europei. L’ho trovato per molti versi “straordinario” (così chiaro e puntiglioso da non assomigliare per niente ai fumosi proclami altre volte ascoltati), per altri versi “strabiliante” (cifre, impegni, utilizzi, suddivisioni, priorità, controlli elencati con la semplicità del ragioniere a cui preme allineare le cifre e fare in modo che tutto sia riconducibile a qualcosa che assomigli a un bilancio positivo), per altri ancora semplicemente “impietoso” (aiuti richiesti, aiuti sperati, aiuti da onorare, aiuti da tradurre in opere e fatti).

“In questo piano c’è in gioco il destino del Paese, la sua credibilità e reputazione come fondatore dell’Unione europea – ha detto Mario Draghi – e per realizzarlo serve uno sforzo corale delle diverse istituzioni coinvolte. Perché ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte peseranno sulle nostre vite, specie sui nostri figli e nipoti, e forse non ci sarà più tempo per porvi rimedio”. E perché fosse chiara la corresponsabilità di azioni e gesti, quella citazione di Alcide De Gasperi che evocando disinteresse personale e di categoria per privilegiare il bene comune, dice ancora adesso che tocca “a noi l’onere e l’onore di preparare nel modo migliore l’Italia di domani”.

Due gli obiettivi a cui tende il piano Il primo intende “riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica che ci ha colpito più dei nostri vicini europei”; il secondo “attuare quelle riforme spesso annunciate e non realizzate”, incominciando da quelle che riguardano la famiglia (l’assegno unico in sostituzione delle misure frammentarie fino ad oggi vigenti; unwelfare adeguato e a misura di tutti, soprattutto dei giovani, accesso alla casa e lavoro sicuro, asili nido, infrastrutture e case popolari, mutui con una garanzia statale per i giovani che intendono mettere su famiglia…

Se volete i particolari, leggete o ascoltate quel il Presidente del Consiglio ha detto presentandosi al Parlamento. Io porterò alla signora inquieta che il mattino aspetta qualcuno che le auguri una buona giornata, la sintesi degli impegni annunciati e con lei tesserò le fila di ragionamenti che spero utili a ricominciare a vivere e a sperare con qualche ragionevole certezza. Magari parleremo anche della pretesa di andare “tutti liberi” a riempire le vie e le piazze poiché “il peggio è finito”. Spero che la mia amica concordi almeno su un fatto: chi, se non la scienza, può dirci quando e come potremo lasciare l’odiato “coprifuoco” fuori dalla nostra porta. Poi, sono sicuro, avremo modo di discutere sul fatto che mentre dentro il Parlamento si decide cosa fare, fuori, sulla piazza, alcuni di coloro che dovevano star dentro ad ascoltare per decidere, guida i propri seguaci alla protesta e alla pretesa di andare “tutti liberi” di fare quel che più piace.

Ma se è vero che siamo solo all’inizio del cammino che porta all’uscita dalla pandemia, sarà il caso di non abbassare la guardia. Insomma, come dice il vecchio che ben volentieri esibisce la carta che attesta la sua avvenuta vaccinazione, meglio andare piano e sicuri. Che, se non sbaglio, è l’unico modo per andare lontano.

LUCIANO COSTA

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