Guardo, anzi rivolgo un interessato sguardo al giorno che precede quello elettorale, in teoria uno dei giorni più importanti che capita di incontrare, di quelli che padri e nonni ci hanno consegnato liberi dalla dittatura e rivestiti di democrazia, giorni che sistematicamente vengono a dirci “guarda che sei tu a decidere dove andare e con chi stare”. Ma, visti i tempi che corrono, è ancora vero o in pratica quello che sorgerà domani è uno dei tanti inutili giorni che il calendario segna e poi cancella? Ieri le piazze di città e paesi, ma anche e soprattutto quelle televisive (che non hanno un luogo definito ma che sono comunque incombenti assillanti affollate, buone per ospitare qualunque cosa, idiozie comprese) sono ribollite di parole e slogan… imploranti (“un voto, un voto per carità”), petulanti (“votatemi, sono quel che cercate”), sdolcinati (“io e non altri sono er mejo”), melliflui (“ricchezza e benessere per tutti”), accorati (“senza di noi solo il buio”) e addirittura angoscianti (“il mio futuro è nelle vostre mani”). Come voterà l’Italia, patria di artisti e di mirabili fantasisti, è difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Anni fa, quando le piazze conobbero rutti, vaffa, insulti e gesta di incazzati chiassosi, un menestrello televisivo (ero io, lo confesso) riassunse la tornata elettorale in una metafora che diceva “abbiamo votano con la testa nel sacco, alla cieca, dando un voto qua e un altro là, eppure siam felici, sicuri che il peggio deve ancora venire, ma lieti di aver dato una lezione ai soliti noti…”. Allora concludemmo la corsa elettorale in un vicolo buio e tormentoso. E adesso? Adesso si rischia di replicare. Però, qualcuno (uno, mille, centomila, forse addirittura la maggioranza) già immagina l’Italia nostra alla pari e magari ancor meglio di Bengodi, paese immaginifico, fiabesco, festaiolo, ricco e benpensante… O tu che voti, che vuoi di più? Semplice: vorrei un paese che sia, dentro e fuori i suoi confini, almeno credibile…
Ho letto ieri quel che Piergiorgio, un piemontese disincantato e schietto come il vino delle langhe, ha scritto a proposito di tempo elettorale ed elettori. Ritenendolo eloquente lo metto qui a disposizione di lettori e curiosi. Dice: “Sono un uomo distratto che guarda il mondo con occhio impigrito: tran-tran routinario, avvolgente, talora assopente, ma che si accetta. Dispiace un po’ accorgersi di quanto poco si possa incidere sulle cose di questo mondo con la Volontà, che facevo un tempo più rilevante. Le giornate finiscono coll’assomigliarsi. Così, come son sempre, non mi sono manco accorto che Mario Draghi non governerà più il Paese e che pertanto occorrerà tornare alle urne: “Oh cavolo, ma perché? Che è successo?” mi chiedo in questi giorni. Ed è così che l’altro dì, improvviso, come per forzare la mia indifferenza, un fulmine, un guizzo di nera luce ha squarciato il cielo scuro. Un attimo, sufficiente per vedere donne e uomini più o meno finti che si agitano come anguille ancora vive dentro un calderone d’acqua bollente. Una fosca “visione”, dallo sfondo grigio-pervinca, lo stesso colore di quando nubi buie annunciano un temporale. Per quanto di “politica” non m’intenda granché, né adesso né all’orizzonte vedo giganti. Ed allora mi son fatto sopraffare da un pensiero indecente: “Ma questo popolo merita ancora la democrazia parlamentare?”. Siamo sommersi da cacofonie di suoni e slogan. Insignificanti. La democrazia era da tempo sbuffante, adesso è ansimante. Rischieremo di perderla? Avverto il pericolo, ma non sarà qualcuno o qualcuna, bensì qualcosa che potrebbe farcela perdere. In un contesto economico complesso, di manovre finanziarie ardite e nell’attuale situazione geopolitica, potrebbe non reggere. Siamo a un bivio storico. È inderogabile fare un passo indietro, per farlo occorre ripensare noi stessi senza perdere però la nostra identità, ma per giungerci occorrono ponderazione non rabbia, riflessione non istinto, intelligenza non rissosità (figlia becera della stupidità). Dunque un sussulto? Speriamo: in caso contrario, per citare Heidegger, solo un Dio ci può salvare”.
Sempre ieri sono andati in scena due atti unici, che sarebbe bene restassero unici, così immediati, improvvisi e improvvidi da renderli sussulti non graditi. Artefici della rappresentazione sono state due personalità molto diverse, ma che tra loro hanno in comune l’appartenenza al Partito popolare europeo: Ursula Von der Leyen e Silvio Berlusconi. In contemporanea, i due sono scivolati su temi delicatissimi: la presidente della Commissione Ue si è lanciata in una valutazione del voto italiano fin troppo sincera e quindi poco in linea con gli standard di neutralità dell’Unione; il cavaliere, capo di Forza Italia ed ex premier ha fornito ancora una volta una “giustificazione” all’offensiva bellica di Vladimir Putin, ma con parole e modi mai utilizzati prima e anche, per diversi aspetti, singolari.
URSULA VON DER LEYEN, rispondendo alla domanda rivoltale da una studentessa italiana (riguardava l’eventuale risultato delle elezioni, alla luce del fatto che tra i candidati vi sono figure che politicamente sono state vicine a Putin), ha detto: “Vedremo il risultato del voto in Italia… Se le cose andranno in una direzione difficile, abbiamo degli strumenti con cui proteggerci…”. Ovviamente, la Ursula aveva messo il dito nella piaga…. “Parole disgustose – ha commentato il capo della Lega -, il mio partito presenterà una mozione di censura…”; la sorella d’Italia ha invece scelto toni blandi dicendo “consiglio prudenza…”; il segretario del PD s’affrettato a ribadire che “la presidente della Commissione Ue non è una pericolosa comunista e quindi chiarirà, ma in questa fase le istituzioni Ue devono lasciare campo libero al dibattito”. Secondo me ha ragione la Ursula. Però, insomma a che serve agitare acque già agitate?
SILVIO BRLUSCONI, inquieto vecchio in cerca di nuove emozioni, nel suo salotto preferito (quello del Vespa nazionalpopolare che la sua Rai la porta di porta in porta) ha detto che il suo amico o ex amico Putin “è caduto in una situazione veramente difficile e drammatica. Dico è caduto – ha ribattuto convinto – perché è stato spinto dalla popolazione russa, dal partito, dai ministri, dal Donbass, a inventarsi a questa operazione speciale, per cui le truppe russe sarebbero dovute arrivare a Kiev in una settimana, e sostituire con un governo di persone perbene il governo di Zelensky, e un’altra settimana tornare indietro. Invece hanno trovato una resistenza imprevista e imprevedibile da parte delle truppe ucraine, che poi sono state anche foraggiate con armi di tutti i tipi da parte dell’Occidente… Così ora le truppe russe si sono sparse in giro per l’Ucraina…”. Stupore, incredulità… “Se uno che si vanta di avere canali diretti col mondo dice simili sciocchezze – hanno commentato i soliti suoi nemici – siamo veramente alla frutta…”. Pronta la replica dell’interessato. “Mi hanno frainteso”, ha detto. Sarà, ma per tanti il Cavaliere ha bisogno di ripassare la lezione della storia, almeno per la parte che dice come Putin, secondo quanto evidenziato dagli storici ucraini, “è al potere da più di 20 anni durante i quali ha ucciso o imprigionato gli avversari politici, ha mandato un esercito di assassini stupratori nel territorio di uno Stato sovrano, ha organizzato un massacro in Siria, è responsabile dell’abbattimento di un aereo passeggeri con 300 persone a bordo (è avvenuto nel 2014 anno dell’annessione della Crimea alla Russia/ndr) e ora minaccia di usare le armi nucleari. Quindi, se capiamo bene – hanno scritto quelli di Kiev -, Berlusconi si fida di lui e usa il suo esempio per definire chi è persona rispettabile e chi no? È essenziale che i cittadini scelgano candidati che abbiano e seguano i giusti principi morali”… Così la campagna elettorale finisce nel punto in cui era iniziata: le posizioni più o meno chiare, o più o meno ambigue, granitiche o incerte, su Ucraina, Putin, su Ue e Alleanza atlantica.
INTANTO A TEHERAN per protestare contro l’asservimento cui sono sottoposte le donne iraniane bruciano i veli, si tagliano i capelli, sfidano i gendarmi e gettano nella mischia il loro coraggio. Lo fanno da giorni, dopo la fine tragica della 22enne Masha Amini, morta non tanto misteriosamente mentre era in custodia della ‘cosiddetta Polizia morale per non aver indossato correttamente il velo. Durissima la repressione: le vittime sono già una trentina e altri giovani moriranno… Perché, “quando il potere si sente minacciato, la repressione diventa più dura”. Accade a Teheran, ma anche in Russia, dove – come riferiscono alcuni testimoni, in diverse città agenti in tenuta anti-sommossa “infieriscono su giovani, uomini e donne, che non vogliono sottostare alla mobilitazione ordinata da Putin e partecipare a una guerra ingiusta. A mani nude, come i coetanei iraniani, scaraventati a terra, trascinati via e infine identificati e richiamati immediatamente alle armi con la beffa della cartolina-precetto”. A Teheran come a Mosca, donne e giovani “lottano a mani nude, senza violenza, e questo vale moltissimo, vale di più. Non lasciamole sole, non lasciamoli soli”.
Qui da noi domani si vota… Lo sapete vero che domani si vota?
LUCIANO COSTA