Lo sciopero che fa ridere il virus…

Il primo giorno con l’obbligo del Green pass in tutti i luoghi di lavoro potrebbe diventare anche il primo del grande caos, con l’Italia semiparalizzata dagli scioperi e dai blocchi delle categorie produttive e dalle manifestazioni già annunciate in decine di città da chi si oppone allo strumento imposto dal governo. Un clima di tensione costante quindi sul quale c’è la massima attenzione da parte del Ministero dell’Interno che, d’intesa con la Presidenza del Consiglio, ha dato indicazioni chiare alle Prefetture e agli apparati di sicurezza. Anche perché la linea del Governo non cambia: si va avanti con il Green pass. Dunque, va fatto ogni sforzo per prevenire possibili situazioni di pericolo, con un attento monitoraggio di tutti quegli ambienti più a rischio, comprese chat e social.

Oggi sapremo se gli oppositori dell’obbligo porteranno la loro sfida allo Stato oltre i confini del lecito e della ragione o se invece accetteranno quel che è logico: vaccinarsi perché questo è ciò che serve al Paese per uscire definitivamente dalla pandemia. Questo passaggio qualcuno (fortunatamente pochi) lo vivrà male, malissimo, “ma dovrà farsene una ragione – dicono gli scienziati -, perché per sconfiggere il virus non c’è altra via percorribile se non quella della vaccinazione di massa”. Dunque, il Green pass deve obbligatoriamente far parte del corredo personale e nessuno deve essere lasciato indietro. Piaccia o non piaccia a questa o a quella categoria di dissenzienti, la strada è tracciata. Liberi anche di scioperare, ma stando nelle regole e senza innalzare steccati.

“Lo sciopero come arma di difesa”: ma è così anche se il nemico da cui difendersi è un virus maligno che già ha scombussolato e messo in ginocchio città e paesi? Sebbene in questa Italia tutto e il contrario di tutto trova giustificazione, mi è difficile dare giustificazione a qualcosa che va contro il bene comune. Insomma, non basta che qualcuno si senta minacciato da chissà quale intemperie perché scatti il ricorso allo sciopero. Certo, lo sciopero è un diritto e come tale deve essere salvaguardato, ma non obbligatoriamente sottratto alle regole che sovrintendono il bene di tutti.

Quel che è successo, che sta succedendo e che ancora potrebbe succedere (oggi per esempio, porti dell’italico suolo sono a rischio blocco da parte di minoranze che vogliono accedere al lavoro senza avere l’obbligo di mostrare il loro Green pass) ripropone qualche cattivo pensiero e mille mugugni. Dato che i secondi sono l’anticamera dei primi, incominciamo proprio da loro. Primo mugugno: “E’ assurdo che costoro facciano sciopero e che noi si debba subire senza battere ciglio”. Secondo mugugno: “Son tutti bravi a fare sciopero sapendo che alla fine non ci rimetteranno proprio niente”. Terzo mugugno: “Questi stanno usando lo sciopero per sottrarsi al dovere di non nuocere agli altri”. Quarto ed ultimo mugugno: “Ci obbligano a guardare dalla loro parte chiedendo comprensione quando è palese che la loro azione è solo uno schiaffo dato al buon senso”. Quanto ai pensieri, essi si accavallano e certo non vanno nella direzione pretesa dai gruppi che in nome della loro libertà personale di fatto compromettono quella di tutti gli altri e neppure in quella che vorrebbe assegnare allo sciopero valore di democrazia applicata quando, come in questo caso, è solo una storiella, buffa e anche beffarda, buona per far solletico e non certo per suscitare idee solidali.

Un operaio di terza categoria, soprannominato “ruspa”, mi ha detto di non capire bene come va questa faccenda. Ho dovuto ammettere che neppure io lo so. Però, io e lui ci siamo posti la stessa domanda: “A che cosa serve opporsi al vaccino se il vaccino è l’unico modo per sperare di tornare liberi a lavorare?”. Come sempre, domani forse ne sapremo di più.

LUCIANO COSTA

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