Probabilmente una legge dirà che siamo tutti uguali. Se ne parla, si discute e si litiga attorno a questa idea da trasformare in legge dello Stato. Eppure, basterebbe essere d’accordo sul principio che tutti sono uguali e mai qualcuno più uguale di altri per mettere le cose a posto. Vale a dire, per mettere uomo e donna sullo stesso piano, per ammettere le diversità, per impedire soprusi nei confronti di coloro che la loro esistenza la colorano con colori diversi da quelli generalmente in uso e magari ritenuti unici e immodificabili dalla maggioranza degli umani. Però, non chiamiamo tolleranza-accettazione-sopportazione-benevolenza o qualunque altra cosa quel che invece è e deve essere normalità-civiltà-educazione e uso logico e con sapevole dell’intelligenza e del buon senso.
Soprattutto, non fermiamo lo sguardo al pezzo di terra che ci circonda, magari sempre pacifico e accogliente, perché oltre lo spazio conosciuto e abitato c’è ben altro. Ci sono razzismo, violenza, discriminazione, abbandono, menefreghismo e disprezzo invariabilmente indirizzati contro persone, immancabilmente usati per definire confini, cinicamente asserviti alla cultura del tanto peggio tanto meglio, proditoriamente usati per coltivare odio e generare mostri. Ovviamente, ci sono, in pari misura e forse anche in maggiore misura (ma non si vedono, perché fa molto più rumore una cannonata sparata verso il cielo di mille briciole di bontà e comprensione distribuite sulla terra abitata da disperati) amore per il prossimo, aiuti generosi, solidarietà sincere, abbracci spontanei a chi soffre, misericordie distribuite come segno di condivisione, pensieri pensati in modo da trasformarli in azioni importanti…
Se fosse questo il pane quotidiano, vivremmo tutti insieme felici e contenti. Invece, basta poco, anche solo l’articolo di un qualsiasi giornale però coraggioso, per obbligarci a vedere il non visto, magari “il corpo delle donne usato come bomba devastante contro il nemico”. Leggendo ieri quel che Francesca Sabatinelli raccontava in un reportage inquietante, difficile da credere, ma purtroppo assolutamente vero, ho avuto l’impressione di essere parte di un inutile sistema che si accontenta di vedere il già visto e mai ciò che si nasconde dietro la coltre dell’ignoto. “Violare il corpo delle donne – scrive la giornalista – è da sempre un’efficace e vigliacca arma di guerra. Per decenni, secoli e millenni – aggiunge – i conflitti sono stati caratterizzati anche dalla violenza su donne e bambine, povere innocenti sottoposte ad una brutalità inaudita. Lo stupro etnico, le gravidanze forzate, la schiavitù sessuale, la tratta e lo sfruttamento, sono un elenco di orrori atti ad umiliare le comunità, anche a causa della loro religione”.
Segue la cronaca di un viaggio dentro l’orrore. Scopro così che “in Pakistan, ogni anno, centinaia di giovani, a causa della loro fede, che sia cristiana o indù, vengono rapite, violentate, obbligate a convertirsi all’islam e a sposare i loro carnefici”, che “il terrorismo jihadista ha spostato il centro delle sue operazioni nell’Africa sub-sahariana e indiana, e nelle regioni dell’Asia che confinano con l’equatore, senza per questo allentare la sua presenza in Medio Oriente. Il dominio e la conquista violenta di questa vasta striscia di terra da parte dell’estremismo jihadista, infatti, ha una dimensione che colpisce le donne come gruppo esposto alla violenza sessuale”. Suor Gabriella Bottani, missionaria comboniana da anni impegnata nella difesa delle donne, ha coraggiosamente ricordato al mondo che “il corpo delle donne è ancora e tuttora considerato un oggetto attraverso il quale offendere l’uomo”. La suora denuncia “una cultura maschilista e patriarcale” che sta distruggendo le donne, che obbliga le donne a essere “una ferita costante nel corpo dell’umanità contemporanea”.
Il viaggio nel non visto offre poi una vista inquietante sul quel che accade i “due comunità-simbolo sofferenti, perseguitate, umiliate: quelle cristiane della Nigeria e della Siria. La prima flagellata dall’estremismo di Boko Haram e degli estremisti islamici in generale; la seconda sommersa dalle macerie di una decennale guerra, con ricadute in tutta la regione del Medio Oriente”. Per la suora missionaria comboniana “la violenza della guerra, insieme all’impatto del Covid-19 e anche dell’embargo che continua a coinvolgere in modo particolare la popolazione civile, ha aumentato significativamente la violenza verso le donne e verso le bambine che, in diversi casi, sono costrette, a volte dal gruppo della famiglia, a volte dalla realtà in cui si trovano, allo sfruttamento sessuale per poter sopravvivere, per poter avere del cibo, per poter continuare a vivere”. Soprattutto “si deve trovare il coraggio – aggiunge la suora – di dire e ripetere che devastare il corpo della donna è devastare l’essenza dell’umanità”.
Io e voi siamo certo lontani da quella realtà. Però, cambiare quella realtà dipende anche da noi. Basterebbe prestare un poco di attenzione in più al non visto e al non raccontato. E il resto verrebbe di conseguenza.
LUCIANO COSTA