Il Meeting di Rimini, edizione numero quarantadue, che proprio ieri ha chiuso i battenti, doveva essere la prova di come la società diventa migliore se all’io sostituisce il noi, usando il primo per avviare e il secondo per continuare. Forse lo è stato, o forse si è trattato di un lodevole tentativo, oppure solo un’occasione persa.L’impressione, ovviamente personale (cioè di uno che pur vedendo il tanto di buono che sta nella gente che popola Comunione e Liberazione, non trova in quel modo di essere Comunione e Liberazione, esibito e quindi vissuto da chi sta ai vertici delle diverse branchie che lo animano, la risposta più adeguata all’idea cristiana di “servizio” agli altri, soprattutto agli ultimi), è che un’altra volta il Meeting si è pomposamente offerto all’attenzione mettendo in vetrina un corollario di politici buoni per tutte le borse e le tasche, più interessati al consenso immediato che al valore delle ragioni che consentono di passare dall’io al noi non per sfizio culturale ma per dare senso compiuto all’idea di comunità che insieme cerca il meglio per chiunque.
Certo, ed è perciò giusto metterlo in bella evidenza, il Meeting di quest’anno ha accolto l’invito del Papa al dialogo e alla testimonianza e nei dibattiti è stato valorizzato il richiamo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al legame fra libertà e responsabilità per il bene comune pronunciato durante l’evento inaugurale e la tragedia dell’Afghanistan è stata al centro di numerosi incontri, evidenziando come la libertà e la democrazia siano tutt’altro che scontate in un contesto geopolitico che deve rispettare le identità culturali e religiose. Però, accanto, c’erano i politici, alcuni consci di rappresentare un Paese civile e accogliente, altri solo in divisa d’ordinanza, spogliati dalle insegne con cui di solito amano mostrarsi e mostrare i muscoli, ma pronti a esibire sia l’ideologia che li avvampa e inorgoglisce, sia la loro lezione di futuro: regolare le migrazioni, stabilire priorità, accogliere al minimo, difendere l’italianità, mantenere le distanze con chi nel mare in tempesta raccoglie persone disperate per salvarle e assicurare a ciascuna un porto sicuro, esigere muscoli da parte della ministra di turno…
E questa passerella di politici senza insegne apparenti (uno che solitamente esibisce il suo credo mettendo bene in vista i simboli che lo caratterizzano si è presentato elegante e incravattato alla moda piuttosto che secondo logica movimentista; un’altra. parimenti e solitamente arrabbiata, ha sparso a man salva parole mielose e caramellose ricevendo addirittura applausi) ha riempito l’etere, ricevuto visibilità, monopolizzato ascolti, aiutato i vari “tiggi” a riempire le caselle dedicate al Meeting dimostrando che loro, signori dell’informazione, ai cattolici impegnati nel sociale e nella politica (di cui Comunione e Liberazione è certamente alta espressione) danno credito e assicurano visibilità.
Fuori dalla mischia mediatica, tra le dodici mostre allestite per dare senso compiuto alla proposta del Meeting 2021, una in titolata “vivere senza paura nell’età dell’incertezza” è stata tra le più frequentate, osservate, discusse e apprezzate. In un percorso multimediale la mostra presentava infatti diversi aspetti della cultura postmoderna, un’“opportunità” per riscoprire e far crescere l’esperienza di una fede autentica. E uno dei temi centrali toccava il futuro della democrazia. Roba buona, insomma. Però, una goccia nel mare dell’io destinato (forse) a diventare il mare del noi.
Del grande mare del noi fanno parte di sicuro i millesettecentovolontari che hanno lavorato gratuitamente al Meeting e le circa 80mila le persone entrate alla Fiera durante la manifestazione, tutte a norma, cioè in possesso del green pass o fresche di tampone rapido. Sempre alto e di sicuro impatto mediatico, il numero degli incontri proposti: settanta, tutti trasmessi con traduzione diretta in inglese e spagnolo in più di venti Paesi.
Se interessa, e per dire come finito un Meeting ne è pronto subito un altro, il prossimo è già stato programmato, ovviamente a Rimini, dal 20 al 25 agosto 2022 e avrà il titolo “Una passione per l’uomo”, una frase con cui don Luigi Giussani, ispiratore e fondatore di Comunione e Liberazione, descriveva l’essenza del cristianesimo. E se la quarantaduesima edizione ha incoraggiato un’assunzione di responsabilità personale di fronte alle sfide del nostro tempo con «Il coraggio di dire “io”», la quarantatreesima tornerà ad approfondire il senso religioso, magari per ribadire insieme a don Giussani che “il cristianesimo non è nato per fondare una religione, è invece nato come passione per l’uomo…”.
Mentre a Rimini si annunciava il uovo Meeting, a Roma, ovviamente senza alcun riferimento a quel che si stava concludendo in Romagna, papa Francesco, nell’udienza del mercoledì, ribadiva il messaggio evangelico che dice “sia il vostro parlare sì sì, no no, il di più viene dal maligno”, mettendo in guardia contro l’ipocrisia dell’equidistanza e del disimpegno.Offrendo una piccola lezione di stile e di vita (a chi lo ascoltava e a chi avrebbe ascoltato il suo messaggio), papa Francesco ha detto che “l‘ipocrita è una persona che finge, lusinga e trae in inganno perché vive con una maschera sul volto, e non ha il coraggio di confrontarsi con la verità. Per questo, non è capace di amare veramente: si limita a vivere di egoismo e non ha la forza di mostrare con trasparenza il suo cuore… L‘ipocrisia si nascondenel luogo di lavorio, dove si cerca di apparire amici con i colleghi mentre la competizione porta a colpirli alle spalle, si cela dentro lapolitica, dove non è inusuale trovare ipocriti che vivono uno sdoppiamento tra il pubblico e il privato… E c’è anche tra gli uomini di Chiesa…”.
Se toccasse a me decidere chi invitare (ma per fortuna sono escluso da simili incombenze) al prossimo Meeting dell’Amicizia tra i popoli, lascerei da parte i capi e inviterei i popoli.
LUCIANO COSTA