L’Ucraina cerca pace e giustizia

Ha fatto una certa impressione vedere ieri la gente smettere di fare le solite cose per abbandonarsi a qualche minuto di riflessione e di preghiera personale; è stato bello rivedere i luoghi di culto – chiese, moschee, sinagoghe, templi… – di nuovo affollati ed emozionante sentire levarsi al cielo, con una sola voce, l’invocazione di pace rivolta al proprio Dio. Ieri per i cristiani era l’inizio della Quaresima, il tempo che prepara la Pasqua, per gli altri, invece, un giorno qualsiasi. Ma la sua ordinarietà è diventata straordinaria quando tutti insieme hanno chiesto pace per l’Ucraina e per le nazioni ancora oppresse dalla guerra. Ma sarà, il loro, un grido ascoltato? “Dio ascolta chi a lui si rivolge con fiducia”: così è scritto nei libri sacri e così i capi delle diverse religioni trasmettono ai loro fedeli il messaggio. Lo hanno fatto anche ieri, lo faranno anche oggi, perché “la pace non è di qualcuno ma di tutti e perché solo nella pace è possibile costruire cieli e terre nuovi in cui gente diversa possa abitare”. Però e nonostante l’imponenza delle invocazioni, il rumore della guerra in Ucraina è stato anche ieri assordante. “Fate a meno di pregare un Dio che non vi ascolta – ha gridato verso il cielo un vecchio deluso -, invece fate tacere i prepotenti, togliete le armi dal mercato, abolite i confini e mettete fiori nei cannoni…”. Il solito illuso? Forse sì, o forse soltanto vero, tremendamente vero!

Ieri monsignor Jean-Claude Hollerich, Cardinale arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea, ha scritto qualcosa che al tempo stesso mi è sembrato tremendamente cristiano e tremendamente laico: era cristiano il richiamo alla penitenza suggerito dalla Quaresima, ma laico e universale era il richiamo al dovere di mettere il perdono al di sopra e dentro ogni azione. “E’ bello poter camminare insieme – ha scritto il vescovo -,  lo è ancora di più se il mio cammino molto personale si inserisce nel cammino del popolo di Dio. Questo tempo di Quaresima – ha poi aggiunto – è speciale in Europa: siamo divenuti testimoni impotenti dell’invasione di un popolo europeo dall’esercito di un altro popolo europeo. In Ucraina adesso c’è la guerra, ci sono persone che sono uccise e altri le uccidono. Ci sono migliaia di donne, madri, spose, amiche, sorelle che hanno paura per i loro cari. Ci sono feriti, c’è tutto un popolo sulle strade, che lascia le proprie case, la propria famiglia, i propri amici. La crisi della guerra con tutti i suoi orrori è arrivata nel mezzo dell’Europa in un momento nel quale, finalmente, scorgeva appena un po’ di luce dopo due anni di pandemia. È uno shock. Siamo abituati a una vita di benessere e di pace. Purtroppo, la nostra pace era pigra: ci siamo abituati a tal punto a questa pace che abbiamo dimenticato la gente che soffriva proprio accanto a noi. Si potrebbe dire che la nostra vita di cristiani ha perso gusto, anzi, di più, che siamo divenuti veramente un sale insipido, incolore, insapore. Dio è diventato un Dio molto lontano da noi, accessibile solo sul livello emotivo, un Dio di cui l’assenza non ci preoccupava più. Ora con la pandemia e con la guerra in Ucraina tutto sta cambiando… Ci rendiamo conto che il male proviene non soltanto dai nostri “nemici” ma proprio da noi stessi, dai nostri cuori… Che possiamo fare? Dobbiamo disperare dell’umanità? Scegliere una superficialità di vita che non ci fa male? Dimenticare tutto questo in un consumismo senza limiti? Forse avete già scelto questo modus vivendi ma non vi ha reso felici? Allora, c’è un solo mezzo per cambiare vita e questo mezzo si chiama perdono”.

Perdono: bellissima parola! Ma che cosa vuol dire? “Il perdono – dicono i dizionari di tutto il mondo – è la cessazione del sentimento di risentimento nei confronti di un’altra persona; è quindi un gesto umanitario con cui, vincendo il rancore, si rinuncia a ogni forma di rivalsa di punizione o di vendetta nei confronti di un offensore”. Però, proprio la guerra in Ucraina ci mostra “da un lato la necessità di perdonare, ma dall’altro lato ci mostra anche la difficoltà di esprimere un vero perdono”. Ed è proprio questo il nocciolo della questione. Come scrive il cardinale di Lussemburgo “senza perdono si può conseguire un tempo senza guerra, ma mai un tempo di pace”. Ma, un tempo di pace è ancora possibile? Personalmente non ho dubbi e dico che è ancora possibile. Esso però si misura non sulle parole, ma sugli impegni che a livello politico vengono assunti o rifiutati. Un vecchio che della politica è stato partecipe e attore, fuori dal Duomo cittadino in cui si era pregato per la pace, mi ha detto che “la pace è sempre la somma di cuori che si incontrano, di mani che stringono, di perdono dichiarato e attuato, ma anche e soprattutto di buona politica, che non è propaganda e tornaconto personale, ma umile lavoro consumato per smussare le incomprensioni e gettare le basi su cui costruire paesi e città liberi e abitabili da chiunque”. Accanto a noi c’erano alcuni giovani che esponevano due striscioni su cui avevano scritto, da una parte che “la pace è sempre possibile” e dall’altra che “la pace è giustizia”. Quei giovani avevano e hanno ragione: non c’è pace senza giustizia.

Ucraina cerca giustizia e pace. Aiutiamola a trovarle entrambe.

LUCIANO COSTA

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