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Lui non lo sa, ma le parole pesano e fanno male…

Conosco Ignazio Benito La Russa da quando girava l’Italia facendo il reggitor cortese delle ambizioni del suo capo partito, tale Roberto Fini, ritenuto più avanti di qualunque suo sodale dopo aver detto a Fiuggi, tra acque e terme allora di moda, che il vecchio (fascismo) lasciava il posto al nuovo (post-fascismo o movimentismo di destra). Dirigevo allora un tv privata e in tempo elettorale, come era d’uso, gli spazi informativi prevedevano quelli concessi ai contendenti. Ignazio arrivava prima, annunciando sfracelli per gli avversari e vittoria sicura del suo capo. Per fare in modo che il suo sogno della vittoria assoluta si trasformasse in realtà, pianificava interviste, dirette, partecipazioni e, ovviamente, spot pubblicitari. In più, con quel fare da belzebù-lucifero-mago-condottiero e quant’altro vi viene in mente, dettava le regole (tempi da rispettare, nessuna interferenza esterna…) e metteva in evidenza che le domande era meglio estrarle dal suo promemoria (tradotto significava: le domande da fare le detto io). Gli dissi che non era il caso di insistere: le domande sue erano sue, quelle della tv che dirigevo le avrebbe proposte la tv che dirigevo. Gli dissi anche che era libero di andare da dove era venuto. Ignazio (forse), se la prese, ma il suo capo fece sapere che non c’erano problemi: libera la tv di fare le domande e libero lui di rispondere. Così ogni volta e in ogni altra occasione elettorale. Quindi, Ignazio smise, almeno con me e con la tv che dirigevo, di fare il gradasso. Anzi, divenne cordialissimo, lieto di dirsi amico di qualcuno che non apparteneva al suo circolo mentale ed elettorale. Forte di questi trascorsi e delle conoscenze avviate e poi ogni volta arricchite di nuove nozioni, non mi hanno per nulla stupito le esternazioni plateali-sfacciate-gratuite-ignoranti e fuori logica con cui Ignazio Benito La Russa ha infarcito la sua storia parlamentare e, da ultimo, la sua storia di Presidente del Senato, seconda carica della Repuublica. Non mi hanno stupito, perché lui è lui, quello che era e che è sempre stato: araldo della destra più destra, nostalgico, provocatore… L’ultima sparata, come certo sapete, è quella che riguarda l’eccidio delle Fosse Ardeatine… Come al solito, Ignazio Benito La Russa ha scantonato, provocato, irriso la storia. Vorrei dirgli…

Ma forse è meglio che riferisca quel Roberta D’Angelo ha scritto. Eccolo:

“La Russa considera un «attacco pretestuoso» quello alla premier di qualche giorno fa. «Quando lei dice “uccisi perché italiani” sa benissimo che quegli italiani erano stati uccisi per rappresaglia per quello che avevano fatto i partigiani a via Rasella», ricostruisce la seconda carica dello Stato. «Tutti sanno che i nazisti hanno assassinato detenuti politici, ebrei, antifascisti e persone rastrellate a caso, ovviamente non gente che lavorava con loro». E dunque, continua, «se li deve racchiudere in una sola parola, dice “perché italiani”. Non si può farne uno scandalo», per il presidente del Senato, che non si scompone delle critiche piovute a raffica dalle opposizioni. E a sera, anzi, conferma «parola per parola la mia condanna durissima dell’eccidio delle Fosse Ardeatine che solo pochi giorni fa ho definito “una delle pagine più brutali della nostra storia”. Confermo, altresì, che a innescare l’odiosa rappresaglia nazista fu l’uccisione di una banda di altoatesini nazisti e sottolineo che tale azione non è stata da me definita “ingloriosa” bensì “tra le meno gloriose della Resistenza”».

E siccome a La Russa non dispiace infilarsi nei gineprai, la giornata trascorre con le opposizioni che reclamano l’impossibilità per il cofondatore di Fratelli d’Italia, insieme all’attuale premier, di ricoprire il prestigioso ruolo istituzionale. Tanto più a meno di un mese da quel 25 aprile che La Russa ricorda di aver celebrato in passato anche da «ministro della Difesa», portando fiori «a tutti i partigiani, anche quelli rossi che, come è noto, non volevano un’Italia libera e democratica, ma comunista». I primi ad andare su tutte le furie sono i rappresentanti dell’Anpi. Il presidente Gianfranco Pagliarulo attacca il ragionamento del presidente del Senato: «Parole indegne per l’alta carica che ricopre» e ancora, «un ennesimo, gravissimo strappo teso ad assolvere il fascismo e delegittimare la Resistenza». Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, ribatte: «Non erano musicisti, ma soldati delle SS che occupavano il Paese con la complicità dei fascisti e che deportavano gli ebrei nei campi di sterminio». E quindi «viva i partigiani che hanno messo a rischio la loro vita per restituire libertà e sovranità all’Italia».

Vuole evitare di farsi trascinare in una polemica senza fine, ma la segretaria del Pd Elly Schlein liquida sferzante le «parole indecenti, inaccettabili per il ruolo che ricopre» il presidente del Senato. E a seguire la leader dem c’è tutto il partito, dai nuovi capigruppo a Filippo Sensi che, dice, «come senatore e, prima ancora come cittadino e come italiano, mi vergogno». «Parole intollerabili», le definisce Chiara Braga, presidente dei deputati dem. Per Marco Furfaro si tratta «dell’ennesimo tentativo di riscrivere la storia». Mentre per il Terzo polo, Carlo Calenda ironizza: «Sono ammirato dalla determinazione con cui La Russa sta riuscendo a dimostrare ogni giorno la sua inadeguatezza come presidente del Senato». Concordano i 5 stelle, anche se il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri invita a stare attenti al «palese tentativo di distrarre l’opinione pubblica dalle inadeguatezze di questo governo».

Se non vi basta, fatemelo sapere. Nel caso, completerò la storia e tornerò sull’argomento.

LUCIANO COSTA

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